Il formaggio abbonda sulla tavola degli italiani: è uno di quegli alimenti a cui non si vuole mai rinunciare. Forse perché abbiamo delle specialità casearie dal gusto unico e che sanno affascinare il mondo intero? Probabilmente è così. E una delle specialità più amate, a livello internazionale ma anche a casa propria, è sicuramente il Parmigiano Reggiano. Un formaggio dal sapore unico e inimitabile, e dalle caratteristiche organolettiche particolari.
Il Parmigiano è un formaggio mediamente calorico: una porzione da 100 gr apporta all’incirca 390 kcal, per la maggior parte dovute a proteine e grassi. I grassi sono insaturi, e quindi utili per la salute di cuore e pelle, ma comunque non sono da sottovalutare. Proprio per questo motivo bisogna fare attenzione alla quantità e alla frequenza d’assunzione di questo formaggio.
Ecco quanto parmigiano mangiare al giorno
In generale, la raccomandazione è di mangiare una porzione di formaggio da 40 gr non più di 2 volte a settimana, perché nei formaggi sono presenti grassi, sodio e colesterolo che, se assunti in quantità eccessive, possono generare rischi a diversi livelli nell’organismo.
In particolare, quando si parla di Parmigiano Reggiano, le indicazioni precise sono le seguenti: è consigliabile non superare i 150 gr di Parmigiano Reggiano a settimana, che sia assunto come alimento a sé oppure grattugiato su altre pietanze.
Un cucchiaio di Parmigiano Reggiano grattugiato apporta all’organismo all’incirca 25 kcal, e quindi, se mangiato solo come accompagnamento ad altri alimenti e in quantità non superiori a questa ogni volta, può essere consumato tranquillamente 6 giorni la settimana.
Le avvertenze sono le stesse che per un qualsiasi altro formaggio: non esagerare nel consumo, e diminuire drasticamente le quantità nel caso in cui si soffra di ipercolesterolemia o ipertensione, per evitare di creare problemi all’organismo.
Un ultimo aspetto positivo di cui tenere conto è il grande potere saziante del parmigiano: rispetto ad altri formaggi, infatti, è consigliato anche nella dieta di sportivi e persone che hanno bisogno di avere molta energia a disposizione, ed è uno spuntino perfetto a metà giornata oppure addirittura a colazione per rompere la fame e non farla tornare per molte ore.
I valori nutrizionali
Il grana è un formaggio semigrasso a pasta dura e cotta a maturazione lenta (dai 9 ai 24 mesi). Una porzione, circa 50 g, contiene 196 kcal (quindi 392 kcal per etto). I valori nutrizionali spiccano per la notevole concentrazione di proteine ad alto valore biologico, le stesse del latte vaccino (leucina, lisina, fenilanina e tirosina). I grassi sono per il 30% insaturi, mentre sono assenti i carboidrati. Anche il contenuto di sali minerali è notevole, il grana infatti apporta iodio (necessario al funzionamento della tiroide), magnesio, fosforo, rame, calcio (ben il 60% della dose giornaliera consigliata, fondamentale per ossa e denti), zinco e selenio (che sono antiossidanti). Le vitamine non sono da meno: A (antinfiammatoria e benefica per la vista), B1, B2, B6, B12, D, PP ed E. In particolare il contenuto di B12 – necessaria al buon funzionamento del sistema nervoso e della maturazione dei globuli rossi – corrisponde, in una porzione, al 75% della dose giornaliera consigliata. I formaggi sono spesso sotto accusa per l’elevato contenuto di colesterolo, ma una porzione di grana padano ne contiene solo 54,5 mg. Considerato che si consiglia di assumere al massimo 201 mg di colesterolo al giorno, il grana non impatta poi troppo sulla quota totale.
Tutti i grassi edibili, fanno 9 calorie grammo, perchè…
La farò semplice, non adopererò tutti quei paroloni incomprensibili ma precisi sotto l’aspetto puramente tecnico scientifico… fanno 9 calorie grammo perchè sono composti tutti con gli stessi elementi anche se in proporzioni diverse.
Vi spiego con due esempi:
Il Lardo che è stato adoperato nei tempi antichi anche come grasso da condimento, lo si faceva sciogliere tipo un olio e si condivano pure le insalate, oggi demonizzato ma non è un grasso cattivo, tutt’altro. E’ composto per un 40% di grassi saturi e di un altro 40% di olio da olive cioè di acido Oleico, il resto 20% sono acidi grassi Omega6. E’ una formula di grasso molto completa ed importante nel quale non esiste il Colesterolo. Fa 9 calorie grammo.
L’Olio da Olive, considerato a ragione il miglior grasso vegetale, ha una percentuale di acido Oleico del 70/80%, un vero miracolo della natura, ha anche un 15% di di grassi saturi che è la parte che con il freddo diventa solida e lo rende torbido, visibile ma dovete sapere che è presente, anche se in percentuale minima, anche l’acido palmitico. Il tanto vituperato Olio di Palma. Fa 9 calorie grammo.
Si potrebbero elencare molti altri elementi in comune ma sarebbe solo un lungo elenco di nomi. Da questi due esempi si può capire che nessun grasso fa bene o male è la loro quantità che può fare la differenza. Mentre per l’Olio da Olive è auspicabile il suo consumo continuativo giornaliero, per lo Strutto, Burro e altri, il loro consumo deve essere saltuario, ogni tanto per non perdere la loro conoscenza e benefici.
Le diverse tipologie di grassi I grassi saturi aumentano il livello di colesterolo nel sangue. I grassi insaturi, invece, hanno sul colesterolo l’effetto contrario, abbassandone il livello nel sangue. I grassi insaturi si trovano sia in alimenti di origine animale che vegetale.
Gli acidi grassi saturi sono caratteristici dei grassi animali (burro e strutto) e la loro presenza fa sì che siano solidi a temperatura ambiente; nell’olio di oliva sono circa il 15% e sono in parte responsabili della torbidità dell’olio che si nota nei mesi invernali, quando la temperatura si abbassa.
Gli acidi grassi monoinsaturi, con un solo doppio legame nella catena, sono rappresentati soprattutto dall’acido oleico, che costituisce la maggioranza degli acidi grassi dell’olio da olive.
Gli omega 6 sono grassi polinsaturi considerati essenziali. In particolare, il loro precursore (l’acido linoleico) non può essere sintetizzato dall’organismo, e per questo deve essere assunto con l’alimentazione.
A cosa servono gli omega 6?
Gli omega 6 vengono proposti a diversi scopi, soprattutto per ridurre il rischio cardiovascolare, il colesterolo totale e quello buono, per aumentare il colesterolo buono e per prevenire il cancro.
Non risulta però che l’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) abbia approvato claim che giustifichino queste o altre proposte d’uso, anzi, ha negato l’approvazione a claim secondo cui:
l’acido linoleico è importante per il sistema immunitario e aiuta a mantenere livelli salutari di lipidi nel sangue;
l’acido linoleico contribuisce allo sviluppo mentale e cognitivo;
l’acido linoleico è importante per la sana funzionalità vascolare;
l’olio di enotera contenente omega 6 a lunga catena aiuta a conservare la mobilità delle articolazioni;
l’omega 6 a lunga catena acido gamma-linolenico (GLA) promuove l’elasticità e la giovinezza della pelle, aiuta a mantenerne l’idratazione e contribuisce al benessere delle donne;
l’acido linoleico da olio di oliva è nutriente per la pelle;
l’omega 6 acido gamma-linolenico, insieme agli omega 3, aiuta le donne durante le mestruazioni, la sindrome premestruale e la menopausa.
Inoltre l’Efsa non ha approvato il claim secondo cui un rapporto ottimale tra omega 3 e omega 6 nell’alimentazione (in particolare pari a 1:5-1:8 tra acido linolenico e linoleico) è essenziale per un funzionamento equilibrato dell’organismo e del sistema immunitario.
L’olivo Favolosa, Fs-17 nasce come portainnesto clonale di olivo (Olea europaea) ottenuto attraverso la selezione massale di semenzali della varietà Frantoio. È una varietà di bassa vigoria con portamento tendenzialmente pendulo e rametti fruttiferi piuttosto lunghi, flessibili e carichi di drupe spesso a grappolo. Autofertile, produttività precoce ed abbondante. Drupa di media pezzatura, elevato rapporto polpa/nocciolo. È idonea per la valorizzazione di impianti a media (450/500 piante/ha) e alta densità (1.000-1.100 piante/ha)
La Fs-17 si distingue per l’elevata attitudine alla propagazione per talea, il rapido accrescimento in campo con inizio di fruttificazione già al secondo anno di piantagione e l’evoluzione rapida di incremento produttivo a regime ottimale dal quarto al sesto anno di piantagione. Dalla sua molitura si ottiene un olio extravergine di oliva caratterizzato da un fruttato medio intenso, con piccante che prevale sull’amaro e note di erba tagliata, pomodoro fresco e, leggermente, di carciofo.
La varietà Favolosa si distingue per l’elevata attitudine a produrre olio di qualità, ricco di sostanze volatili, profumi con sentori di erbaceo e fruttato gradevole con un immediato riscontro della ricchezza di polifenoli.
Olivo Resistente alla Xilella:
L’interesse per la Fs-17 è cresciuto negli ultimi tempi per la sua accertata resistenza al batterio Xylella fastidiosa subsp. pauca ceppo ST53, superiore a quella verificata per la varietà Leccino.
Con la varietà Favolosa si possono ridurre i costi di gestione, anticipare i tempi di raccolta e di ottenere elevate produttività
Caratteristiche:
Portamento dei rami fruttiferi: pendulo
Autofertilità: totale;
Pezzatura del frutto: media (ca 2-3 g);
Colore del frutto a maturazione: rosso vinoso;
Pezzatura del nocciolo: piccola;
Entrata in produzione: precoce (fruttificazione a grappolo);
Produzione: elevata;
Maturazione: precoce;
Alternanza di produzione: assente;
Accumulo dell’olio: un mese in anticipo rispetto al “Frantoio”;
IL VERO FANTASTICO IMPORTANTE VALORE DELL’OLIO DA OLIVE E’ LA SUA “MASSA GRASSA”. TUTTO IL RESTO, POLIFENOLI, FENOLI, OLEUROPEINA, OLEOCANTALE SONO IMPORTANTI FATTORI DI BENESSERE MA INDIPENDENTEMENTE DALLA LORO QUANTITA’.
I ricercatori hanno concluso che l’olio d’oliva rende sano il cuore indipendentemente dalla quantità di fenoli nell’olio.
Piuttosto che per il conteggio fenolico, il beneficio per il cuore e quindi per la sua salute sono attribuiti agli acidi grassi, in particolare all’acido oleico presente per il 75 /80% dell’olio da olive.
Olio extra vergine di oliva ha più fenoli di olio d’oliva, ma lo stesso elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi.
E io aggiungo che anche per l’olio di sansa, la sua massa grassa ha le stesse qualità, il sapore certamente NO.
Perché il massaggio passa attraverso le mani, noi “Sentiamo”, “Comunichiamo” attraverso di esse.
Usiamo le mani ed il nostro senso del tatto per aiutare la persona a comunicare… a sentire se stessa.
Quando il palmo della mano si posa sulla pelle e accarezza dolcemente crea una ‘piccola culla’. Quando avvolge completamente ciò che tocca come farebbe l’elemento acqua che aderisce ad ogni forma, ciò comunica una vicinanza totale e una sorta di fusione.
Massaggiando, entriamo in relazione direttamente con il corpo e ne possiamo saggiare gli squilibri, le somatizzazioni, i blocchi. Durante la pratica del massaggio possiamo cogliere numerose informazioni e contemporaneamente inneschiamo un meccanismo di riequilibrio profondo che passa attraverso le nostre mani.
La persona è un insieme complesso, e quindi riuscire a capirla attraverso il suo corpo, è un qualcosa che richiede attenzione, studio e arte. E’ per questo che qualunque massaggio non si limita a un insieme di tecniche, ma bisogna comprendere le chiavi per far sì che le tecniche funzionino con successo grazie anche e, soprattutto, ad affinare il nostro senso tattile.
L’azione terapeutica delle mani ha avuto una grande importanza nel mondo antico, che sempre ha saputo valorizzarle poiché strumento principale del senso del tatto.
Tra i cinque sensi, il tatto è quello che sa distinguere, afferrare, comunicare, toccare, manipolare, ecc.
Perciò è con le nostre mani che possiamo entrare in relazione con la vita intima della persona attraverso il suo corpo e attraverso le mani possiamo infondere calore, sicurezza, regolarità, ritmo, armonia, benessere, ecc.
Molti psicologi e psicoterapeuti sia della scuola americana che di quella europea sostengono che bisogna avere un cospicuo numero di abbracci giornalieri e di carezze per stare bene. Più ne riceviamo e più aiutiamo il corpo e la mente a contrastare e/o superare serenamente tutte le calamità di questo mondo.
Domanda: “Perchè i massaggi sono i più cliccati sui siti dell’estetica mentre nella realtà gli esseri umani sono così avari nell’elargire tale strumento di affetto?” Le risposte sono tutte legate alle nostre esperienze passate, ai traumi dell’infanzia, all’educazione che abbiamo ricevuto, al rapporto poco sereno che abbiamo con il nostro corpo, con la nostra pelle e con le nostre forme, al comune senso del pudore, agli stereotipi comportamentali, ecc…
Alla luce delle nostre esperienze possiamo viceversa affermare: senza contatti fisici ci si ammala con molta più facilità e si può morire; una carezza negativa è meglio che l’assenza di carezze.
E’ importante sapere che, fare carezze con le mani, è come utilizzare un strumento di salute; spalmare olio e massaggiare è gratificante per chi lo fa e per chi lo riceve. Si possono scegliere le zone del corpo da massaggiare (anche solo i piedi e le mani) per un avvicinamento progressivo e rassicurante anche verso chi ha paura di essere toccato.
Molti psicologi e psicoterapeuti sia della scuola americana che di quella europea sostengono che bisogna avere un cospicuo numero di abbracci giornalieri e di carezze per stare bene. Più ne riceviamo e più aiutiamo il corpo e la mente a contrastare e/o superare serenamente tutte le calamità di questo mondo.
Alla luce delle nostre esperienze possiamo viceversa affermare: A) senza contatti fisici ci si ammala con molta più facilità e si può morire; B) una carezza negativa è meglio che l’assenza di carezze ( è una carezza vissuta negativamente da chi la riceve poiché trasmente una valutazione negativa nei suoi confronti) Lasciando agli psicologi la descrizione delle carezze verbali e di tutti quei gesti e quelle parole che potrebbero essere anch’esse manifestazioni di carezze, vorrei parlare meglio di carezze fisiche che non sono un massaggio professionale, sono solo un modo intuitivo in cui possiamo utilizzare una manualità benefica a rischio zero a favore degli altri. E’ importante sapere che, fare carezze con le mani, è come utilizzare un strumento di salute; spalmare olio e accarezzare è gratificante per chi lo fa e per chi lo riceve. Si possono scegliere le zone del corpo da massaggiare (anche solo i piedi e le mani) per un avvicinamento progressivo e rassicurante anche verso chi ha paura di essere toccato.
Il contatto delle mani, gli abbracci, le carezze parlano un linguaggio autentico, vivo, senza inganni di sorta nella scoperta reciproca attraverso sensazioni che non appartengono a nessunaltro dei sensi classici. Quando il palmo della mano si posa sulla pelle e accarezza dolcemente crea una ‘piccola culla’. Quando avvolge completamente ciò che tocca come farebbe l’elemento acqua che aderisce ad ogni forma, ciò comunica una vicinanza totale e una sorta di fusione.
Il contatto delle mani, gli abbracci, le carezze parlano un linguaggio autentico, vivo, senza inganni di sorta nella scoperta reciproca attraverso sensazioni che non appartengono a nessunaltro dei sensi classici. Quando il palmo della mano si posa sulla pelle e accarezza dolcemente crea una ‘piccola culla’. Quando avvolge completamente ciò che tocca come farebbe l’elemento acqua che aderisce ad ogni forma, ciò comunica una vicinanza totale e una sorta di fusione.
Possono sconfiggere un mal di testa apparentemente poco trattabile, possono ridare vitalità a delle mani stanche per un lavoro ripetitivo e disinfiammare un’articolazione troppo lungamente sollecitata; possono dare sollievo alle gambe di chi è rimasto troppo tempo in posizione eretta come pure possono stimolare i tessuti in profondità facendo defluire liquidi stagnanti anche a livello degli organi interni e dell’ addome.
L’olio extravergine di oliva rallenta l’invecchiamento cognitivo favorendo una più lunga giovinezza mentale?
Una ricerca tutta italiana, portata avanti da Giorgio D’Andrea, ricercatore dell’Istituto di Biologia Cellulare e Neurobiologia del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) di Roma “adottato” da Monini attraverso Fondazione Umberto Veronesi, nel corso del 2021 cercherà di capire se e come questo possa essere vero.
La ricerca è quanto mai strategica in un Paese che invecchia, con un tasso di natalità in costante discesa e un’aspettativa di vita che fortunatamente si allunga, ma richiede necessariamente nuovi strumenti per incidere positivamente sulla “giovinezza mentale” della terza età.
I ricercatori italiani si sono concentrati sull’idrossitirosolo cercando di capire come agisca sulle cellule staminali neuronali. Si tratta di un fenolo dalle spiccate proprietà antiossidanti presente nell’olio extravergine di oliva assieme ad altre sostanze polifenoliche come l’oleocantale e ad altri elementi positivi per la salute come l’acido oleico, i grassi polinsaturi essenziali, la vitamina A e la vitamina E. L’alto contenuto di polifenoli è del resto proprio uno dei criteri che definisce l’alta qualità di un olio. Lo studio italiano è attualmente l’unico al mondo a focalizzarsi sull’effetto dell’idrossitirosolo sulle cellule staminali neuronali del cervello.
Sono numerosi gli studi che hanno dimostrato gli effetti benefici dell’olio d’oliva sul sistema cardiocircolatorio e sul sistema intestinale, mentre esistono ancora molte incognite per quanto riguarda il sistema nervoso centrale. A differenza di quanto si credeva una volta, è infatti assodato da diversi anni che nuovi neuroni possono essere prodotti nel cervello anche in età adulta a partire da particolari cellule, chiamate staminali. “Abbiamo già dimostrato che l’ingestione di idrossitirosolo stimola la produzione di nuovi neuroni a partire da cellule staminali. Ora l’obiettivo è capire come si comportano questi nuovi neuroni, se aumentano effettivamente anche le capacità di apprendimento e di memoria”, spiega D’Andrea.
La ricerca è entrata proprio ora nella fase più “operativa” con l’avvio dei test e si attendono le prime indicazioni entro l’estate. Il progetto, così come il finanziamento della ricerca del Dottor D’Andrea attraverso la collaborazione con Fondazione Umberto Veronesi, rientra nel disegno complessivo di “A Hand for the Future”, il piano di sostenibilità decennale attraverso il quale Monini ha assunto l’impegno formale a “costruire un futuro più equo per le nuove generazioni.
“Il piano – spiega Maria Flora Monini, terza generazione alla guida dell’azienda insieme al fratello Zefferino – esprime un modo diverso di fare impresa, l’unico davvero possibile oggi per creare sviluppo. Non possiamo più limitarci a produrre, dobbiamo allargare lo sguardo e l’impegno verso l’ambiente e la società in cui operiamo, e la ricerca scientifica rappresenta uno dei tasselli più importanti per costruire un futuro realmente sostenibile”.
A noi di Ulivita più che il sapore dei prodotti, ci interessa la loro parte salutistica, data dalla loro Qualità e Grande Sicurezza. Si deve sapere da dove viene ogni prodotto per l’alimentazione, chi è il suo produttore e soprattutto, come è stato prodotto. Il Sapore, se pur importante, ma noi riteniamo sia anche un fatto soggettivo, culturale del territorio e anche dalle abitudini locali. Crediamo nell’Informazione ma non nella Conformazione dei Gusti. Tutti devono essere liberi e originali ma nella Sicurezza Totale.
Noi siamo sempre e solo dalla parte dei Consumatori.
ACUlivita è una ONLUS “Organizzazione Non Lucrativa di Utilità Sociale”, e cioè un “ente di carattere privato che, in base allo statuto o all’atto costitutivo, svolge la sua attività per finalità esclusive di solidarietà sociale e senza fini di lucro, in un settore ritenuto di interesse sociale dall’ordinamento”.
Tutti sono concordi che 30 grammi al giorno di Olio da Olive è la quantità utile massima consigliata per trarne tutti i benefici per la nostra salute da questo meraviglioso alimento, Principe della Dieta Mediterranea e, a ragione, considerato il miglior grasso vegetale che esista al mondo.
Dovete sapere che tutti i grassi danno 9 calorie grammo.
Quindi, 30 grammi giorno fanno 270 calorie giornaliere che non sono poche. Oltre a non essere poche non danno massa/volume, non hanno nessun potere sazziante e quindi su una dieta media di un adulto, circa 2.000 calorie die, incidono molto, sono il 14% circa del fabbisogno.
State attenti anche con il cucchiaio che scegliete, un cucchiaio da minestra colmo può arrivare anche a 120 calorie di conseguenza 2 volte al dì.
Come spiegato, tutti i grassi fanno 9 calorie grammo, quindi non serve cambiare, serve solo controllare con attenzione le quantità perchè… è la quantità che fa il veleno.
Per ultimo ricordate che il nostro metabolismo necessita di un grasso per funzionare perfettamente. Scegliete il migliore in assoluto, l’Olio da Olive qualunque esso sia, l’unico toccasana per il nostro sistema cardiocircolatorio, ma attenti alla misura.
Prima di tutto va riscaldato tenendo il bicchiere con il palmo delle mani per fare in modo che sprigioni tutti gli aromi, sentori, anche i più nascosti.
IN PRINCIPIO C’È IL NASO
Il profumo è emozione che diventa valore. Il profumo è un linguaggio che ci dice e ci racconta molto. Il profumo è verità. È il primo accesso e quello che davvero conta. Il profumo non mente. Racconta quello che un olio è. Il profumo è la sua vera essenza.
E tutte queste cose ce le racconta il naso nel momento in cui si annusa un bicchierino con dentro un campione di olio da valutare. Il naso è lo strumento principe che indica la via. È quel bivio che ci può inidirizzare verso l’eccellenza o verso qualche difetto. Nel bicchierino blu come quello della foto, ci si mette il naso con tutto l’allenamento svolto. E grazie a questo, questo magnifico strumento naturale, ci dice chi stiamo conoscendo e quali sono i principali aspetti di un carattere o personalità.
Il profumo, quindi, è rivelatore. È un sentiero da percorrere senza paura, con decisione e piacere per giungere nella terra della conoscenza e della cultura.
E POI ARRIVA LA LINGUA
Dopo quel prezioso strumento che è il naso, in fase di assaggio, ecco che entra in gioco un’altra apparecchiatura molto sensibile e ricettiva. La lingua, organo dalle molte capacità è la conferma, spesso, di quello che il naso ci rivela al primo contatto con un olio da valutare. La lingua che, grazie al suo muoversi nella cavità orale, ci permette di esprimerci con la parola, è una fantastica pista di atterraggio per i vari sapori che si possono riconoscere.
Se il naso agisce con l’olfatto e indica una via simulando anche l’organo della vista, con la lingua si stimola il senso del gusto ma soprattutto quello del tatto. La lingua tocca, accarezza e modella l’olio che la percorre.
È un tatto che rivela conoscenza per andare più a fondo per percepirne i segreti e le sfumature più recondite. Sulla lingua, poi, si imprime anche una sorta di memoria che permette di riconoscere la qualità ogni volta che la di incontra ma anche il difetto quando questo ci fosse.
Quindi, collegare naso e lingua è essenziale per dare una giusta valutazione e per poter raccontare ciò che si sente provenire dalla nostra anima quando si incontra un olio per la prima volta.
Ulivita garantisce la conoscenza diretta del Produttore e di tutta la sua filiera di produzione, dal campo all’imbottigliamento. Garantisce il consumatore sulla genuinità e sicurezza dei prodotti. Anche al Nord d’Italia, in Friuli Venezia Giulia si producono eccellenti Oli da Olive nelle loro varianti.
Ulivita ha scelto Corte Tomasin per la distribuzione in esclusiva in tutto il Friuli Venezia Giulia del proprio Ulibox in legno con al suo interno l’Olio da Olive prodotto direttamente da loro con le proprie Olive.
Chi volesse acquistare questo meraviglioso Dispenser può richiederlo direttamente a Corte Tomasin che ve lo consegnerà assieme al proprio Olio da Olive.
Produttore Certificato Ulivita
L’azienda si trova nel medio Friuli su una fascia denominata” linea delle risorgive” caratterizzata da un ambiente fertile ricco di acqua flora, fauna con un clima mite grazie alla vicinanza del mare a sud, dalla catena montana delle Alpi a nord e dal vento denominato Bora a est che proteggono la zona dai freddi invernali. Fondata negli anni 50, dal 2015 ,con l’acquisto del frantoio aziendale, abbiamo iniziato a frangere le nostre olive notando che in base allo stadio di maturazione dell’oliva e al blend di alcune varietà piuttosto di altre, si ottengono prodotti diversi con caratteristiche organolettiche adatte a soddisfare qualsiasi palato e pietanza. Da qui 6 etichette con colori diversi per distinguere i vari olii e firmati dal produttore.
Una passeggiata tra gli ulivi, capire come viene coltivata la pianta, metodi di raccolta, varietà delle cultivar. Si prosegue nel frantoio per conoscere i vari procedimenti su come viene ottenuto l’olio. A seguire poi gli assaggi e varie descrizioni sensoriali di come si degusta l’olio.
Con il termine oleoturismo si intendono tutte le attività che accompagnano alla conoscenza dell’olio d’oliva espletate nel luogo di produzione, le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione dell’ulivo, la degustazione e la commercializzazione delle produzioni aziendali dell’olio d’oliva, anche in abbinamento ad alimenti, le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell’ambito dei luoghi di coltivazione e produzione.
L’oleoturismo si fonda su uno dei prodotti considerati il fondamento della dieta mediterranea, e rappresenta, grazie anche alla bellezza dei suoi oliveti secolari e alla sua tradizione alimentare, un importante strumento di promozione territoriale che valorizza non solo le zone interne e meno conosciute, ma anche l’eccellenza delle produzioni e delle attività turistiche locali, dove gastronomia, paesaggio e cultura offrono al turista un’esperienza unica.
Grazie alle recenti disposizioni normative, al pari dell’enoturismo, l’operatore oleoturistico sarà in grado di proporre momenti di degustazione, formazione e informazione, per garantire un’immersione totale nel mondo della cultura olivicola, a partire dalla raccolta delle olive fino all’olio che ogni giorno portiamo sulle nostre tavole.
Il mondo dell’olio è un mondo ricco di tradizioni e di sapori unici, che rappresenta una parte fondamentale della cultura culinaria italiana ed internazionale. L’olio d’oliva extravergine di qualità è un ingrediente prezioso che può elevare i piatti più semplici a veri capolavori culinari.
Per poter apprezzare appieno le qualità organolettiche dell’olio, è importante utilizzare strumenti adeguati. Ecco perché Assaggiaolio® ha creato un bicchiere in vetro blu cobalto appositamente progettato per la degustazione professionale dell’olio d’oliva extravergine.
Questo bicchiere, realizzato in vetro soffiato a bocca, segue le indicazioni dell’International Olive Oil Council, l’organizzazione che stabilisce i parametri internazionali di degustazione dell’olio. Il vetro blu cobalto è stato scelto perché aiuta a mascherare i colori più chiari dell’olio, evidenziando al meglio i suoi aromi e il suo gusto.
La degustazione professionale dell’olio è un processo che richiede concentrazione e sensibilità. Il bicchiere Assaggiaolio® permette di valutare correttamente i diversi profumi e sapori dell’olio, favorendo una valutazione più precisa delle sue caratteristiche organolettiche.
Il bicchiere Assaggiaolio® è realizzato con materiali di alta qualità, che lo rendono atossico, resistente e duraturo, ideale per essere utilizzato in contesti professionali per la degustazione.
Il mondo dell’olio è un mondo affascinante che merita di essere scoperto e apprezzato appieno. Con il bicchiere Assaggiaolio® in vetro blu cobalto, è possibile effettuare degustazioni di alta qualità e valutare correttamente le caratteristiche organolettiche dell’olio d’oliva extravergine.
l’Arte della Degustazione: Bicchieri in Vetro Blu Cobalto per l’Olio di Oliva”
Nel mondo della degustazione professionale dell’olio extra vergine d’oliva ogni dettaglio conta e ogni aspetto gioca un ruolo fondamentale nella creazione di un’esperienza sensoriale completa.
I bicchieri in vetro blu cobalto Assaggiaolio® sono strumenti essenziali che fondono design e funzionalità.
Scopriamo come le caratteristiche di Assaggiaolio® si inserisca perfettamente nel rituale di degustazione dell’olio di oliva.
Vetro Blu Cobalto: Nascondere per Rivelare
L’aspetto visivo non ha un ruolo fondamentale nella degustazione dell’olio di oliva. Qui entra in scena la scelta del vetro blu cobalto/rosso: questo particolare colore serve infatti a neutralizzare il colore dell’olio, evitando che influenzi il giudizio dell’esperto degustatore. Ciò consente di concentrarsi esclusivamente sugli aspetti olfattivi e gustativi, senza lasciarsi influenzare dalle variazioni cromatiche. L’olio, quindi, è libero di rivelare tutte le sue sfumature aromatiche e gustative senza pregiudizi visivi.
La Forma Arrotondata: Il giusto Calore
Anche se esistono degli appositi fornetti per portare l’olio alla giusta temperatura, il tocco umano rimane spesso la chiave per liberare le più delicate sfumature sensoriali. Anche per questo la forma arrotondata dei bicchieri è un elemento prezioso. Questa curvatura non è solo estetica, ma anche funzionale. Durante la degustazione infatti il bicchiere può essere scaldato nel palmo della mano, permettendo all’olio di raggiungere la temperatura ideale per liberare le sue note aromatiche. Un semplice gesto che prepara l’olio all’esperienza sensoriale della degustazione.
Imboccatura: Catturare l’Essenza delle Profumazioni
Le profumazioni dell’olio extravergine di oliva raccontano molto delle sue caratteristiche e l’imboccatura del bicchiere gioca un ruolo fondamentale nel catturare questa essenza. Leggermente stretta, l’imboccatura concentra delicatamente gli aromi all’interno del bicchiere, permettendo al degustatore di catturare ogni sfumatura in modo concentrato. Questo design amplifica l’esperienza olfattiva, rendendo ogni degustazione un viaggio unico attraverso le fragranze dell’olio.
I bicchieri in vetro blu cobalto sono fondamentali nel mondo della degustazione professionale dell’olio extravergine di oliva. Ogni elemento, dal colore alla forma, è stato pensato con cura per garantire un’esperienza completa ed eccezionale.
Un invito a scoprire il mondo dell’olio e a sperimentare l’utilizzo di questo prezioso strumento per la degustazione. Il mondo dell’olio è il nostro mondo, e non potremmo essere più orgogliosi di esserne parte.
Ricca di proteine e priva di colesterolo, la bevanda vegetale di cui parleremo, comunemente chiamata “latte di soia”, ha molti benefici. Per questo, è una delle bevande a base vegetale tra le più consumate in Italia.
Pensa che, secondo gli ultimi dati raccolti dall’Istituto di ricerche IRI Infoscan (che monitora le vendite nei supermercati), il latte di soia è consumato regolarmente da oltre 12 milioni di italiani. In un solo anno sono ben 36,7 i milioni di litri acquistati dai consumatori, seguiti solo dalle bevande a base di riso, mandorla e d’avena[I].
Quali sono, però, le motivazioni che spingono le persone a sostituire il latte vaccino con le bevande vegetali? In primis l’intolleranza al lattosio, a cui si aggiungono poi le diete, un’attenzione maggiore alla salute e alla riduzione del colesterolo, oltre alla quantità di proteine contenute nella soia. Tutto questo rende il latte di soia una bevanda eccezionale da integrare nelle diete vegetariane e vegane.
Vediamo meglio tutti i suoi benefici e come utilizzarlo al meglio nella quotidianità.
Bevanda di soia: i benefici
La soia è un legume dalle mille proprietà e dalle origini antichissime. Già nota in Cina nel 3000 a.C., ha presto conquistato anche l’Occidente, diventando oggi un alimento versatile da cui si ricavano moltissimi cibi, tra cui la famosa bevanda.
Il latte di soia è sempre stato chiamato così per consuetudine perché per tanti anni – e per tante persone – ha sostituito il latte vaccino. Il suo nome, però, non è corretto perché nella soia, in realtà, del latte non ve n’è traccia. Inoltre, si tratta di una bevanda differente sia nella composizione che dal punto di vista nutrizionale.
Per questo, complice una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, il Parlamento europeo, riunito in sessione plenaria, ha approvato un rafforzamento allo scopo di tutelare le denominazioni lattiero-casearie. In particolare, la denominazione “latte di soia” è stata vietata sulle etichette ad uso commerciale e sostituita con la scritta “bevanda vegetale a base di soia”.[II]
Una premessa doverosa per una delle bevande che, come dicevamo, è tra le più consumate e amate dagli italiani, oltre alla prima alternativa al latte vaccino. Un alimento dalle molte proprietà e che vanta importanti caratteristiche, come:
un ridotto contenuto di calorie (una tazza da 100 ml di drink alla soia conta circa 50 calorie rispetto alle 64 calorie del latte vaccino intero).[III]
un’alta presenza di proteine vegetali che agiscono positivamente sull’organismo come “spazzini” delle arterie, diminuendo i valori del colesterolo cattivo
un’elevata quantità di isoflavoni, molecole note anche con il nome di fitoestrogeni, utili a contrastare i disturbi legati alle variazioni ormonali, a migliorare la salute del cuore e ridurre i livelli di colesterolo
un ottimo contenuto di potassio, utile per regolare la pressione sanguigna
Tra gli altri vantaggi, la bevanda a base di soia:
è priva di lattosio, quindi adatta a chi ha intolleranze
è vegana e presenta molti aspetti positivi dal punto di vista di vista morale ed etico
è indicata nelle diete ipocaloriche (per le poche calorie e le proprietà nutritive).
La bevanda vegetale alla soia, inoltre, è ricca di aminoacidi essenziali che – insieme alle proteine – rendono questo alimento molto più nutriente rispetto agli altri di origine vegetale, mantenendo però una bassa percentuale di calorie.
Non mancano poi fibre, minerali, vitamine (tra cui A, B ed E), oltre a Omega 3 e Omega 6, utili per proteggere il sistema circolatorio e limitare il colesterolo cattivo.[IV]
Latte di soia e colesterolo
La soia è uno degli alimenti vegetali più ricchi di proteine. Questo legume ne vanta, infatti, un’alta concentrazione: il 42%.
In combinazione ai grassi polinsaturi Omega 3, alle vitamine A, E e ai fitosteroli, le proteine contribuiscono a ridurre il rischio cardiovascolare, contrastando i valori del colesterolo cattivo.
Esistono, poi, prodotti specifici a base di soia, come integratori di lecitina, che – abbinati ad una dieta appropriata e all’attività fisica – riescono ad abbassare i livelli di colesterolo LDL presenti nel sangue (persino del 10-15%).[VI]
Attenzione agli ingredienti
Nella scelta della bevanda alla soia bisogna andare oltre al gusto e leggere sempre l’etichetta con attenzione. Spesso, infatti, i produttori aggiungono un po’ di zucchero per migliorare il gusto.
Chi ha sostituito il latte vaccino con una bevanda vegetale a base di soia per seguire un regime ipocalorico o perché non può assumere alimenti dolci (per una diagnosi di diabete, per esempio), può valutare la variante senza zuccheri aggiunti.
Allo stesso tempo esistono prodotti arricchiti con vitamine e altri elementi, come il calcio, un minerale essenziale per la salute delle ossa e le articolazioni (che previene l’osteoporosi). Bevande che si possono valutare nel caso di carenze o prevenzione.
In ogni punto della filiera produttiva possiamo causare uno o più difetti all’olio: quelli che sostanzialmente si formano del brevissimo tempo che intercorre tra la raccolta e la lavorazione e cioè i difetti dovuti alla fermentazione delle olive sono avvinato, inacetito, riscaldo.
Quando l’oliva viene staccata dalla pianta iniziano immediatamente fenomeni biochimici, controllati da diversi complessi enzimatici, che portano a un progressivo rammollimento del frutto, a una perdita d’acqua, alla rottura dei vacuoli e al successivo insediamento di batteri e funghi che crescono esponenzialmente proprio nei primi due giorni di stoccaggio, dando così luogo a processi fermentativi che a loro volta originano sapori e odori sgradevoli. Un po’ come succedere per tutta la frutta, ma in modo incredibilmente accelerato.
Olive lavorate appena raccolte
Purtroppo, ci sono ancora molti produttori che non danno nessuna importanza al tempo che intercorre tra la raccolta e la lavorazione. Molte persone ancora oggi raccolgono le olive quando hanno tempo durante la settimana e le stendono in cantina, in attesa che siano pronte anche quelle del vicino che così vanno in frantoio una volta sola.
Questo succede per diversi motivi e, in modi e tempi diversi, anche in aziende strutturate.
Primo motivo: un retaggio culturale: facevano così mio nonno e mio padre, faccio così anche io.
Secondo motivo: di carattere illusorio. Se le olive si portano in frantoio dopo averle lasciate uno o due mesi ad asciugare sui graticci o nelle ceste, la resa sarà molto elevata, perché per effetto della perdita di acqua peseranno all’incirca la metà: l’olio avrà sicuramente molti difetti, ma in passato l’unico costo vivo per il contadino era la frangitura e con le olive dimezzate di peso i costi di lavorazione al quintale ovviamente si dimezzano.
Terzo motivo: la mancanza di organizzazione. Telefonare per prenotare il frantoio con le olive già nelle cassette… siamo al dolo.
Quarto motivo: le cattive abitudini. Spesso ci si rivolge a un solo frantoio, quello più vicino a casa e si preferisce attendere qualche giorno piuttosto che rivolgersi altrove.
Perché è vitale andare immediatamente in frantoio
Oltre il 50% dei difetti mediamente riscontrabili in un olio (e cioè muffa, umidità, avvinato, inacetito, riscaldo, fermentazione) si sviluppano nel lasso di tempo che intercorre tra la raccolta delle olive e la loro lavorazione. Per comprendere la dannosità nel prolungare anche solo di poche ore i tempi di stoccaggio vi do qualche numero indicativo. L’acidità sale oltre lo 0,8 dopo circa 6/8 giorni di conservazione delle olive anche se in cassette areate a temperatura ambiente; in una settimana i perossidi aumentano del 30%; i polifenoli si riducono del 50% dopo cinque giorni di stoccaggio, e dell’80% dopo due settimane. E soprattutto, in relazione all’argomento di questo episodio, dopo due giorni di immagazzinamento l’etanolo quadruplica stabilizzandosi: questo vuol dire che in 48 ore ha raggiunto il massimo della sua concentrazione; l’acido acetico triplica dopo quattro giorni. Non va dimenticato che durante lo stoccaggio umidità e temperatura hanno una grande influenza sull’incidenza dei marciumi.
A temperature prossime a 4°C in assenza di umidità non si rilevano grossi problemi ai frutti nella prima settimana se raccolti in buone condizioni, ma a 13/14° i risultati sono completamente diversi, perché l’incidenza dei marciumi dopo 7 giorni raggiunge anche il 70% e la consistenza dei frutti si riduce del 30%. E non va dimenticato che nelle olive raccolte in avanzata fase di maturazione o provenienti da raccolta meccanizzata o agevolata e quindi con danni anche solo di lieve entità alla polpa o semplici ammaccature alla buccia, questi effetti negativi si manifestano molto più velocemente e in modo esponenziale. Ed è proprio in questa fase che si formano i difetti qui di seguito descritti.
L’etanolo – Riscaldo
È prodotto dal metabolismo in presenza di aria dei microorganismi che si formano in olive di cattiva qualità: questa fermentazione anaerobica produce il difetto denominato riscaldo. Non ci sono attualmente riscontri scientifici che dimostrino la presenza o la formazione naturale dell’alcol etilico nell’olio. La sua presenza può derivare soltanto da una fermentazione delle olive o dalla fermentazione della pasta. Il suo odore si avvicina a quello di una fermentazione lattica. Ognuno di noi ha ben chiaro il suo profilo organolettico in quanto la prima volta che lo ha incontrato lo ha associato ad un odore conosciuto.
Il metanolo – Avvinato/Inacetito
Si forma in presenza di aria dall’attività dell’enzima metilesterasi che agisce sulle pectine e produce il difetto di avvinato/inacetito. Va detto che i polifenoli dell’olio contengono gruppi metilici che, durante la loro degradazione, si possono liberare: per questo motivo anche un olio con iniziali valori di esteri metilici bassi, ma con alti valori di polifenoli potrebbe incrementare il valore di esteri metilici con il passare del tempo. Semplificando si può affermare che questo processo degenerativo avviene principalmente per innalzamento della temperatura delle olive in quanto il calore non viene più smaltito nell’aria come quando erano attaccate al ramo, oppure per l’aggressione da parte dei batteri. Nell’analisi organoletettica il difetto di avvinato/inacetito è abbastanza semplice e facile da riconoscere: ricorda l’aceto o il vino andato a male. Se volete ricrearlo in casa potete togliere da una bottiglia ormai finita di aceto di vino il versatore in plastica e lasciarlo all’aria aperta per qualche settimana: l’odore che avrà conservato sarà per intensità e tipologia del tutto simile a quello che si può percepire in un olio avvinato.
Chimicamente il difetto, in entrambi i casi, si riconosce misurando gli etil esteri in quanto la caratteristica universale delle olive di produrre – in una determinata condizione di fermentazione – una certa quantità di etanolo che si va a combinare con gli acidi grassi liberi comporta inesorabilmente l’innalzamento degli etil esteri.
La papaya è il frutto della Carica papaya, specie appartenente alla famiglia delle Caricacee, nativa dell’America Centrale ora diffusa in molte aree del mondo subtropicale. Oggi i suoi principali produttori sono Stati Uniti, Messico e Porto Rico.
Possibili benefici e controindicazioni della papaya
La papaya è un’ottima fonte di antiossidanti. Questi, insieme agli altri nutrienti racchiusi in questo frutto, aiutano a proteggere la salute cardiovascolare e a ridurre il rischio di sviluppare un cancro al colon. Inoltre le fibre della papaya possono legare le tossine associate a un aumento del rischio di cancro che possono essere presenti nell’intestino e, insieme ad altri nutrienti associati da ricerche scientifiche a una riduzione del rischio di cancro al colon, proteggere le cellule dai danni che i radicali liberi possono causare al DNA.
La papaina della papaya esercita invece un effetto antinfiammatorio ed è utilizzata nel trattamento di traumi e allergie. Benefici antinfiammatori potrebbero derivare anche dagli antiossidanti presenti nel frutto, che possono inoltre supportare il buon funzionamento del sistema immunitario e proteggere dalla degenerazione maculare. Infine, il licopene, carotenoide presente nella papaya, potrebbe aiutare a prevenire il cancro alla prostata.
La papaya contiene chitinasi, sostanze associate alla sindrome lattice-frutta.
Il mango è un frutto dolce e succoso che ha una buccia liscia e brillante, in alcune parti del mondo è chiamato anche il “re della frutta”.
Cos’è?
La polpa del mango può essere di diversi colori, come il giallo, l’arancione o il rosso.
Il sapore del mango è dolce e aromatico, con una nota leggermente acidula.
E’ ricco di vitamina C, che aiuta a rafforzare le difese immunitarie, e di vitamina A, che è importante per la salute degli occhi.
Contiene anche antiossidanti e potassio, che aiutano a mantenere la pressione sanguigna nella norma.
Il mango è una drupa ovvero un frutto con un grosso seme nel mezzo.
Originario dell’India e del sud est asiatico, le prime tracce della sua coltivazione risalgono a oltre 4000 anni fa.
La prima curiosità a proposito di questo complesso frutto è che ne esistono oltre 100 tipologie che differiscono per forma, dimensione, colore e naturalmente sapore.
Questo frutto non è solo delizioso, ma anche delle caratteristiche nutrizionali uniche nel suo genere.
Mango: proprietà e benefici
Studi recenti suggeriscono che il mango e i suoi nutrienti sono legati a molteplici benefici per la salute, in particolare rafforza la salute del nostro apparato digerente.
Alcuni polifenoli presenti nel frutto potrebbero persino ridurre il rischio di contrarre alcuni tipi di tumori.
Ecco 5 proprietà che rendono il mango il Re dei frutti.
Ricco di nutrienti
Molte persone amano il mango, non solo perché è delizioso, ma anche perché è molto nutriente. Curioso notare che una tazza di Mango (165g) contiene il 67% del fabbisogno giornaliero di Vitamina C. Tale vitamina idrosolubile aiuta il sistema immunitario, aiuta il corpo ad assorbire il ferro e promuove la rigenerazione cellulare.
Poche calorie
Un altro beneficio del mango è il suo ridotto numero di calorie.
Una porzione da 165g contiene meno di 100 calorie con una bassa densità calorica.
Studi scientifici confermano che mangiare un po’ di mango prima del pranzo o della cena aiuterebbe a non abbuffarsi durante il pasto.
Il mango secco differisce leggermente da quello fresco e sebbene sia ancora ricco di sostanze nutritive come vitamine, minerali e antiossidanti, potrebbe essere meglio consumarlo con moderazione a causa della sua elevata densità calorica e del contenuto di zucchero.
Aiuta a prevenire il diabete
Il mango fresco contiene più zucchero naturale rispetto ad altri frutti freschi (oltre 22g per tazza da 165g).
Ciò suggerirebbe che può essere un alimento da evitare per chi soffre di diabete, ma non esistono prove che collegano il consumo di mango al peggioramento delle condizioni nelle persone che soffrono di questa patologia.
Anzi, molti studi hanno persino collegato una maggiore assunzione di frutta fresca con un minor rischio di diabete in generale. (1)
Uno studio recente dimostra che le persone che hanno aggiunto 10 grammi di mango liofilizzato alla loro dieta ogni giorno per 12 settimane hanno riscontrato miglioramenti significativi nei livelli di zucchero nel sangue (18 Fonte attendibile).
Ricco di composti vegetali sani
Ricco di polifenoli, composti vegetali che agiscono come antiossidanti per proteggere il tuo corpo, è possibile trovarli nella buccia, nella polpa e persino nel seme.
Tali polifenoli includono:
mangiferina
catechine
antociani
acido gallico
kaempferol
ramnetina
acido benzoico
Gli antiossidanti sono di vitale importanza perché proteggono le cellule dai radicali liberi.
Aiuta a prevenire alcuni tipi di cancro
I polifenoli hanno anche proprietà antitumorali.
Aiutano a proteggere dallo stress ossidativo, un processo chimico che è legato a diverti tipi di tumore.
È stato anche scoperto che distruggono o arrestano la crescita di varie cellule tumorali, tra cui la leucemia e il cancro del colon, del polmone, della prostata e della mammella.
La mangiferina, uno dei principali polifenoli del mango, ha recentemente attirato l’attenzione per i suoi promettenti effetti antitumorali.
Negli studi sugli animali ha ridotto l’infiammazione, ha protetto le cellule dallo stress ossidativo e ha fermato la crescita delle cellule tumorali (o le ha uccise).
Come si pulisce il mango
Per prima cosa è necessario pulire la buccia sotto acqua tiepida e asciugarlo con un panno da cucina.
Successivamente si procede con il taglio. Il modo più comune di mangiare il mango consiste nel taglio a porcospino.
Tagliare due fette in prossimità del grande nocciolo e disegnare con il coltello un reticolo formato dai tagli orizzontali e verticali.
In questo modo otterrai dei tocchetti semplici da mangiare (vedi foto).
Le castagne sono il frutto simbolo dell’autunno. Alimento altamente energetico, vanta proprietà nutrizionali che lo rendono ideale per il contrasto di alcuni disturbi. Il suo consumo, tuttavia, non è indicato a tutti. Le castagne sono il frutto dell’albero “castagno”, pianta tipica delle regioni temperate di Europa, Asia e Africa occidentale. Si trovano prevalentemente in collina o in montagna dove appunto vengono raccolte nei mesi di ottobre e novembre.
Pro e Contro
Le castagne hanno pro e contro, e sono quindi indicate nei regimi alimentari di alcuni soggetti piuttosto che di altri. Sono composte principalmente da carboidrati, le castagne sono ricche di calorie e per questo il loro consumo non deve superare le tre volte la settimana. Tra i pro delle castagne, proprio grazie al loro elevato valore nutritivo, sono indicate in caso di:
avitaminosi,
anemia
debilitazione
energizzanti
ricostituenti
contro la stitichezza
migliorano il sistema nervoso
anti stress
constrastano il colesterolo alto
alto potere saziante
Il suo modesto contenuto di ferro rende comunque utile il frutto per contrastare l’anemia. Inoltre, è ricco di acido folico, una sostanza che aiuta ad evitare alcune malformazioni del feto, motivo per cui le castagne possono essere raccomandate nella dieta per le donne in gravidanza.
Le fibre contenute nelle castagne rendono questo frutto particolarmente indicato nei soggetti che soffrono di stitichezza. Il loro consumo aiuta a regolarizzare il transito intestinale. Questi frutti autunnali, gustosi e profumati, contengono fosforo, minerale in grado di favorire la concentrazione, l’attenzione e la memoria. Per questo le castagne sono considerate cibi utili per il sistema nervoso e protettivi per le funzioni cerebrali.
Essendo un alimento di origine vegetale, sono parecchio ricchi di fibre e non hanno colesterolo. Caratteristiche che rendono le castagne adatte ad una dieta per l’ipercolesterolemia, che si basa su alimenti poveri di grassi.
è il processo biochimico di trasformazione dell’uva in vino e del suo affinamento.
La buccia degli acini di uva trattiene alcuni lieviti che trasformano lo zucchero contenuto negli acini in alcol: questo processo si chiama fermentazione alcolica.
Esistono diverse tecniche di vinificazione:
in bianco (di uve bianche o nere);
in rosso (con macerazione), di uve bianche e nere;
con macerazione carbonica;
a caldo (o termovinificazione);
continua;
in riduzione;
in iperossidazione;
di vini rosati.
I polifenoli, contenuti nella buccia e nei semi, si ottengono durante la macerazione che viene effettuata nella fase iniziale della fermentazione del mosto. La macerazione consente l’estrazione dei flavonoidi e di altre sostanze in relazione alla temperatura e alla durata del contatto con la buccia; se la macerazione è breve (meno di 24 ore) produce, comunemente, vini rosé, mentre macerazioni di tre, cinque giorni generalmente producono vini nuovi da bere subito; invece una macerazione lunga da sette a ventun giorni realizza, solitamente, vini per un lungo invecchiamento.
Sapevi che il miele è un alimento ricco di energia? Un cucchiaio di miele fornisce zuccheri naturali che possono dare energia per attività quotidiane.
Sapevi che una delle prime monete del mondo, usata nell’antica Grecia, aveva il simbolo di un’ape? Le api erano considerate sacre e vitali per l’agricoltura.
Il miele contiene enzimi attivi, come l’invertasi e la diastasi, che aiutano nel processo di digestione e conservazione del miele.
Sebbene si dica che il miele non debba essere toccato con il metallo, non ci sono prove che un cucchiaio di metallo distrugga immediatamente gli enzimi del miele. Tuttavia, si preferisce usare un cucchiaio di legno o plastica per mantenere al meglio le sue proprietà.
Il miele è un alimento che contiene antiossidanti e può contribuire a migliorare le funzioni cognitive grazie agli zuccheri naturali.
È uno dei pochi alimenti che può durare indefinitamente se conservato correttamente. Resti di miele sono stati trovati intatti in tombe antiche.
Il propoli, prodotto dalle api, è un potente antibiotico naturale, utilizzato da secoli per le sue proprietà antimicrobiche e antinfiammatorie.
Il termine “luna di miele” deriva dall’antica tradizione di consumare idromele, una bevanda alcolica a base di miele, come simbolo di fertilità dopo il matrimonio.
Sapevi che le api producono meno di un cucchiaino di miele nella loro vita? Visitano migliaia di fiori per contribuire a creare una piccola quantità di miele, ma per loro è il lavoro di tutta una vita.
Curiosità aggiuntive sulle api:
Le api sono essenziali per l’impollinazione: Circa il 75% delle colture alimentari dipende dalle api, essenziali per la produzione di frutta, verdura e noci.
Esistono oltre 20.000 specie di api: Anche se l’ape mellifera è la più conosciuta, ci sono migliaia di altre specie fondamentali per la biodiversità.
Declino delle api: Le popolazioni di api sono in forte declino a causa dell’uso di pesticidi, perdita di habitat e cambiamenti climatici, minacciando la nostra sicurezza alimentare.
Comunicazione delle api: Le api usano la “danza dell’addome” per comunicare alle compagne la posizione dei fiori con nettare, indicando direzione e distanza.
Apiterapia: I prodotti delle api, come il miele, la cera e il propoli, sono usati nella medicina naturale per trattare infiammazioni, dolori e problemi della pelle.
Grazie alle api per il loro incredibile contributo alla natura e all’umanità!
Le foglie di olivo hanno un notevole effetto antiacido e una potente azione calmante sul sistema digerente. Alle persone che soffrono di reflusso gastrico vengono spesso consigliati due cucchiai di infuso di foglie di olivo per ottenere subito notevoli benefici.
L’infuso di foglie di olivo, tra le sue numerose proprietà benefiche per il nostro organismo, protegge quindi lo stomaco, riduce l’infiammazione e migliora la digestione.
1. Proteggono lo stomaco
Le foglie di olivo sono grado di proteggere con efficacia le mucose e contrastare gli effetti dell’ipercloridria, cioè l’aumento sproporzionato di acido cloridrico nei succhi gastrici.
Un solo sorso di infuso di foglie di olivo è in grado di eliminare la sensazione di bruciore.
In virtù delle loro proprietà le foglie di olivo vengono utilizzate anche come digestivo, in quanto nel giro di mezz’ora sono in grado di “sgonfiare” e liberare lo stomaco, soprattutto dopo un pasto abbondante e ricco di cibi pesanti, dando un immediato sollievo.
2. Riducono l’infiammazione
Le foglie di olivo contengono diversi flavonoidi e tra i più importanti ci sono i tannini, molecole capaci di attivarsi autonomamente per coagulare il sanguinamento capillare e di astringere in modo particolarmente efficace la superficie della pelle e delle mucose.
I tannini svolgono quindi un’importante azione astringente e antinfiammatoria utile anche per curare il tratto digestivo e contrastare quindi problemi come la gastrite, la diarrea e le emorroidi. Da sottolineare anche l’azione dell’oleuropeina presente nelle foglie di olivo che, in virtù delle sue proprietà antimicrobiche, riduce l’infiammazione.
Questo può contribuire ad alleviare i sintomi del reflusso gastrico.
3. Migliorano la digestione
Le foglie di olivo sono usate come digestivo poiché riducono il senso di pesantezza dopo i pasti. Una migliore digestione è favorita anche da un peso forma ideale e in tal senso le foglie di olivo possono contribuire alla perdita di peso.
Nelle foglie di olivo sono presenti polifenoli che contribuiscono a diminuire il peso e prevengono la cosiddetta sindrome metabolica e tutti i rischi correlati, come diabete e malattie cardiovascolari. Diversi studi confermano che le foglie di olivo riducono il grasso addominale e prevengono problemi di obesità, favorendo quindi una digestione corretta.
I diversi fenoli presenti nelle foglie di olivo accelerano il processo di liberazione dei grassi dai tessuti di deposito, trasformandoli in “grassi buoni” finalizzati a produrre energia per il corpo. I fenoli inoltre producono una maggior quantità di serotonina nel sistema nervoso centrale, riducendo così quel senso di fame legato soprattutto a stati di ansia.
Con il termine “noce” si indica il frutto dell’albero Juglans regia, una pianta di origine asiatica, oggi molto diffusa in Europa e soprattutto in Italia.
Il nome è stato coniato in onore di Giove: “Jovis glans” cioè la “ghianda di Giove” visto che per gli antichi Romani il noce era l’albero consacrato al re degli dei.
Insieme alle mandorle, alle nocciole, ai pinoli e ai pistacchi, la noce fa parte di quella che comunemente tutti noi definiamo “frutta secca”, ovvero ricca di grassi e povera di zuccheri, perciò è importante fare attenzione a non esagerare nel consumarla.
Lo sapevate che quando mangiate una noce in realtà non state mangiando un frutto, ma un seme?
Parlando in termini botanici, il frutto del noce è una drupa composta da un involucro esterno carnoso e odoroso che prende il nome di “mallo” (definito “mesocarpo”), da un nocciolo interno legnoso diviso in due valve che prende il nome di “endocarpo”, contenente all’interno il seme detto “gheriglio”, che è ciò che della noce mangiamo.
Il gheriglio, coperto da una pellicola che imbrunisce a maturità, è diviso in quattro lobi separati da un tramezzo membranoso che nel tempo si secca e si indurisce. La forma ricorda vagamente il cervello, tanto che la noce è stata definita fin dai tempi antichi il frutto “cerebrale”: nel ’500 il medico Paracelso prescriveva questo frutto per risolvere i disturbi mentali, dal semplice mal di testa fino alla pazzia.
Le proprietà delle noci sono numerose. Esse contengono sali minerali, oligoelementi ed elettroliti, tra i quali fosforo, potassio, magnesio, calcio, rame (necessario per la sintesi dell’emoglobina e per gli ormoni), zinco (un importante immunomodulatore) e ferro, oltre ad una buona quantità di acidi grassi omega 3, utili per tenere sotto controllo gli zuccheri e ottime per la salute del cuore. I benefici delle noci, Infatti, sono altrettanto molteplici. Esse hanno una azione cardiotonica e sono un valido alleato terapeutico nelle condizioni di affaticamento mentale, inoltre abbassano il colesterolo. La noce è propriamente un tonico del sistema nervoso e possiede proprietà antianemiche, antispastiche, sedative e antiinfiammatorie. L’effetto cardiaco delle noci dipende dall’equilibrio in elettroliti e, soprattutto, dalla loro azione sul tono muscolare ed elastico dei vasi che favoriscono la circolazione arteriosa. Nella quantità di 2 – 3 noci al giorno esse esplicano il meglio di questa azione per la presenza del magnesio, che svolge un’azione antistress, antiinfiammatoria, antidolorifica, sedativa e antiedemigena.
Le prossime terapie per salvarci da infarti e ictus punteranno sull’infiammazione; al momento disponiamo di un vecchio farmaco, L’Olio da Olive con i fitosteroli riduce i livelli ematici della lipoproteina -colesterolo LDL e l’oliodipesce dei nostri nonni : si è visto che l’EPA, l’acido eicosapentaenoico ha effetti antinfiammatori e riduce i trigliceridi. Insomma, misuriamo i nostri valori dei grassi nel sangue e.. agiamo di conseguenza.
La Società Europea di Cardiologia (ESC) ha dedicato alla lipoproteinaa un documento di consenso in cui si sottolinea che deve essere ritenuta un nuovo fattore di rischio per l’aterosclerosi e come tale andrebbe misurata almeno unavolta nella vita a tutti gli adulti, anche se a oggi questo non è un test di routine.
La lipoproteina (a), dannosa per i vasi grazie alla sua azioneproinfiammatoria, andrebbe valutata soprattutto in persone con ipercolesterolemia familiare, ad alta probabilità di eventi per la presenza di altri fattori cardiovascolari o con una storia familiare di infarti e simili in età giovanile. Inoltre, come per il colesteroloLDL, gli esperti sottolineano che non c’è una vera soglia «di sicurezza»: al crescere della liproteina (a) aumenta di pari passo il rischio, come ha dimostrato un ampio studio su dati di quasi 500 mila persone che fanno parte del database UK Biobank nel Regno Unito mettendo a confronto i livelli di lipoproteina (a) e la presenza di malattie cardiovascolari. La lipoproteina(a) interagisce con gli altri fattori di pericolo noti incrementando la probabilità di eventi, con un impatto più evidente in chi è già ad alto rischio: chi ha la lipoproteina (a) alta deve perciò controllare con ancora maggiore attenzione gli altri elementi di pericolo, come la pressione arteriosa o il colesterolo LDL. Sono in corso due studi che, su poco meno di 15 mila persone con livelli elevati e una storia di infarti o ictus, stanno testando l’effetto di terapie che «silenziano» il gene che produce l’apolipoproteina A necessaria per «assemblare» la lipoproteina (a), ma i primi risultati su un’eventuale riduzione degli eventi cardiovascolari arriveranno come minimo nel 2025. staytuned … E nel frattempo? trattare in maniera adeguata il colesterolocattivo: oltre a dieta ed attivitàfisica e statine ci sono anche ezetimibe, che impedisce l’assorbimento intestinale del colesterolo, e gli anticorpiantiPCSK9 o le terapie basate sull’interferenza dell’RNA.
Le prossime terapie per salvarci da infarti e ictus punteranno sull’infiammazione; al momento disponiamo di un vecchio farmaco, L’Olio da Olive con i fitosteroli riduce i livelli ematici della lipoproteina -colesterolo LDL e l’oliodipesce dei nostri nonni : si è visto che l’EPA, l’acido eicosapentaenoico ha effetti antinfiammatori e riduce i trigliceridi. Insomma, misuriamo i nostri valori dei grassi nel sangue e.. agiamo di conseguenza.
Il frutto del melograno (punica granatum) sono una fonte di molecole bioattive, come i polifenoli e gli acidi grassi polinsaturi, i quali svolgono una azione antinfiammatoria, antidiabetica, antiossidante, antimicrobica e antitumorale per alcune forme cancerogene. Hanno soprattutto un potenziale effetto antinfiammatorio sul fegato, poiché sono in grado di inibire la produzione e il rilascio di alcune molecole responsabili nella risposta infiammatoria che causa danno al fegato.
Studi di laboratorio hanno dimostrato che la biomolecola attiva nell’azione antinfiammatoria punicalagina, il polifenolo presente nell’estratto di frutta e negli scarti. Proprio dagli scarti e i residui della trasformazione dei frutti di melograno offrono una importante protezione cardiovascolare dell’ipertensione. Dai sottoprodotti non edibili quindi si hanno i benefici al cuore, dovuti agli ellagittannini, la punicalagina e l’acido ellagico.
Gli studi condotti finora dimostrano come dalla melagrana e dagli scarti della buccia si estraggono sostanze con benefici effetti per la salute.
Studio pubblicato su Natural Product Research e Nutrients
Sempre più persone ormai si sentono esperte nel dare giudizio a ciò che si mangia, parlando di qualità e di materie prime.
Questo accade spesso con l’olio da olive, uno degli alimenti più importanti della cultura alimentare mediterranea.
Eppure, bisogna fare una puntualizzazione sulle diciture, per distinguere i vari tipi di olio.
Soprattutto sulla denominazione di olio Extravergine di Oliva o EVO, che non indica che quell’olio sia di qualità o migliore. Per quello troviamo questo tipo di olio anche a pochi euro al supermercato. Non si tratta di una truffa ma di capire che la qualità di un olio, non è garantita dalla scritta “olio extravergine d’oliva”.
Le denominazioni utilizzate per la commercializzazione dell’olio di oliva sono:
* Dall’olio di oliva vergine, ottenuto dal frutto dell’olivo mediante processi esclusivamente meccanici o altri processi fisici che non causino alterazioni dell’olio. Le olive non devono subire alcun trattamento diverso dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione.
L’olio di oliva vergine a sua volta è classificato in:
* olio di oliva extra vergine (olio EVO), con acidità inferiore allo 0,8% e numero di perossidi inferiore a 20 milliequivalenti/chilo (Meq/Kg)
* olio di oliva vergine con acidità inferiore al 2% e numero di perossidi inferiore a 20 Meq/Kg
* olio di oliva vergine lampante, con acidità superiore al 3,3% e numero di perossidi superiore a 20 Meq/Kg
* olio di oliva raffinato, ottenuto da oli vergini con tecniche di raffinazione che non modifichino la struttura chimica dei grassi contenuti nell’olio. Acidità inferiore a 0,5% e numero di perossidi inferiore a 5 Meq/Kg
* olio di oliva, ottenuto dal taglio di olio vergine con olio raffinato. Acidità superiore a 0,5% e numero di perossidi inferiore a 15 Meq/Kg
* olio di sansa di oliva greggio, ottenuto con trattamenti della sansa (un sottoprodotto del processo di estrazione dell’olio di oliva composto dalle bucce, dai residui della polpa e dai frammenti di nocciolo) con solvente. Destinato a raffinazione e usi tecnici. Acidità superiore a 0,5%
* olio di sansa di oliva raffinato, ottenuto per raffinazione dell’olio di sansa di oliva greggio. Acidità inferiore a 0,5% e numero di perossidi inferiore a 5 Meq/Kg
* olio di sansa di oliva, ottenuto dal taglio dell’olio di sansa di oliva raffinato con olio vergine. Acidità inferiore a 1,5% e numero di perossidi inferiore a 15 Meq/Kg
In sostanza, qual è la differenza tra olio d’oliva e olio extravergine di oliva?
La differenza risiede nelle qualità organolettiche (il sapore) e nella percentuale di acidità.
Per l’olio extravergine il limite è fissato a 0,8 grammi per 100 grammi, per l’olio vergine invece il tetto massimo è di 2 grammi per 100 grammi.
Tutti gli oli con acidità inferiore a 0,8% sono extravergini, anche se mescolati (miscele di oli UE o extra Ue) provenienti da fuori l’Italia.
Ma anche all’interno della categoria extravergine, possiamo trovare oli estremamente diversi tra loro ed è importante scegliere sempre un olio di qualità, che rispetti caratteristiche chimiche e sensoriali precise, come:
* bassa acidità (inferiore allo 0,8%)
* chiaro odore/sapore riconducibile al frutto da cui proviene, l’oliva (sentore fruttato)
* sensazioni di amaro e piccante, indici di un buon contenuto di polifenoli
E comunque tutto l’olio, contiene lo stesso quantitativo di grassie di acido oleico che è l’unico vero valore salutistico dell’ Olio da Olive.
L’azienda Rihor d.o.o. da oltre 30 anni segue con successo le tendenze e le esigenze nel campo dei prodotti di falegnameria, prestando particolare attenzione alla qualità e alla funzionalità, poiché ritiene che la qualità sia più importante della quantità. La loro filosofia combina la tradizionale precisione artigianale con le tecniche moderne, conferendo ai loro prodotti un tocco unico. Grazie a questo binomio i loro prodotti sono apprezzati non solo in tutta la Slovenia, ma anche nella vicina Italia, dove l’azienda sta consolidando la propria posizione tra i leader del settore.
Ulivita è orgogliosa di aver scelto Rihor d.o.o. per la costruzione e la distribuzione in esclusiva del proprio Ulibox in legno – Cantinetta. Siamo sicuri sulla loro professionalità e competenza garantita dal loro CEO:
Sono un gruppo di composti chimici di origine vegetale (che comprende stigmasterolo, campesterolo, sitosterolo) presenti nei semi prodotti da alcune piante, come la soia. Poiché si trovano in notevole quantità in diversi alimenti – tra cui frutta a guscio, oli vegetali e cereali – vengono facilmente assunti tramite la normale alimentazione.
A cosa servono i fitosteroli?
I fitosteroli rientrano all’interno dell’elenco del Ministero della Salute “Altri nutrienti e altre sostanze ad effetto nutritivo o fisiologico”. Secondo le indicazioni ministeriali, la dose giornaliera consentita è, al massimo, di 3 grammi al giorno.
Vengono utilizzati come ingredienti in numerosi integratori, per la loro capacità di ridurre il livello ematico di colesterolo e in particolare di colesterolo cattivo (ovvero il colesterolo Low density lipoprotein o “Ldl”, quello caratterizzato da lipoproteine a bassa densità) e il relativo rischio di aterosclerosi. Gli studiosi sono concordi nel ritenere che – per massimizzare l’utilità del loro impiego, con l’obiettivo di ridurre il rischio di aterosclerosi nella popolazione – sarebbe necessario esaminare l’azione singolarmente esercitata da parte dei distinti sottocomponenti dei fitosteroli (stigmasterolo, campesterolo, sitosterolo, ecc) sulle lipoproteine presenti nell’organismo.
Secondo alcune ricerche, sarebbero altresì in grado di prevenire l’insorgenza di alcuni tipi di tumore (colon, prostata, mammella) e favorirebbero la buona salute della prostata e dell’apparato urinario in generale.
Non risultano esservi claim autorizzati dall’Efsa (l’Autorità europea per la sicurezza alimentare) specificatamente rivolti ai prodotti a base di fitosteroli. Le proposte delle indicazioni secondo cui nello specifico essi favorirebbero la buona salute della prostata e dell’apparato urinario sono state rigettate per l’assenza di prove scientifiche sufficienti.
Avvertenze e possibili controindicazioni
Gli studi finora condotti sul consumo di fitosteroli non hanno rilevato tossicità e altri effetti indesiderati; in generale, quindi, l’assunzione di queste sostanze risulta ben tollerata.
Rilevare la qualità dell’olio d’oliva può essere una sfida, specialmente in un mercato dove l’adulterazione è una preoccupazione crescente.
Con la popolarità dell’olio d’oliva in aumento grazie ai suoi benefici per la salute e al suo ruolo nella cucina gourmet, è cruciale essere consapevoli di come distinguere un prodotto autentico di alta qualità da uno che è stato adulterato o mescolato con oli di qualità inferiore.
Ci sono diversi suggerimenti e tecniche che i consumatori possono utilizzare per assicurarsi di acquistare l’autentico e di alta qualità. Innanzitutto, è importante controllare l’etichetta del prodotto per informazioni specifiche, come l’origine, il metodo di estrazione e il grado di acidità. Gli oli d’oliva extra vergini, ad esempio, sono generalmente considerati di migliore qualità perché sono fatti solo con olive spremute a freddo e hanno una bassissima acidità.
Inoltre, prestare attenzione al sapore e all’aroma dell’olio d’oliva. Un olio d’oliva extra vergine di alta qualità dovrebbe avere un sapore fresco e fruttato, con note erbacee e un leggero pizzicore in gola. Se l’olio sembra rancido, acidulo o insipido, è probabile che sia stato adulterato o sia troppo vecchio.
Un altro metodo per verificare l’autenticità del prodotto è effettuare test di qualità a casa. Ad esempio, il test di refrigerazione prevede di mettere una bottiglia di olio d’oliva in frigorifero per alcune ore. Se si solidifica, è un segno che contiene una percentuale elevata di grassi saturi, caratteristica dell’olio d’oliva autentico. Tuttavia, se rimane liquido o forma una miscela torbida, potrebbe essere indicativo di adulterazione.
Inoltre, i consumatori possono cercare certificazioni di qualità, come il sigillo di certificazione del Consiglio Oleicolo Internazionale (COI) o il sigillo di Denominazione di Origine Protetta (DOP) dell’Unione Europea. Queste certificazioni garantiscono che il prodotto sia stato prodotto secondo rigorosi standard di qualità e autenticità.
In sintesi, quando si acquista olio d’oliva, è essenziale fare una ricerca accurata, leggere attentamente le etichette, affidarsi ai sensi per valutare sapore e aroma e essere consapevoli dei metodi di test di qualità disponibili. Con un po’ di conoscenza e discernimento, i consumatori possono godere dei molti benefici dell’olio d’oliva autentico e di alta qualità nelle loro cucine.
Sfrutta l’olio d’oliva, come mai hai fatto prima / Getty Images
L’olio d’oliva è utilizzato principalmente in cucina, ma è talmente prezioso da poter essere impiegato in molte altre stuazioni quotidiane. Alcuni esempi: per pulire le scarpe, per la cura dei capelli o per la bellezza delle mani usate qualche goccia di olio d’oliva ed otterete risultati straordinari. Provate con fiducia questi utilizzi alternativi, non ne resterete delusi.
Per struccarvi in tutta dolcezza e per curare le pelli secche, usate l’olio d’oliva. Preparate un olio struccante mescolando olio di oliva ed olio di ricino e struccatevi. La vostra pelle sara ancora più liscia.
Avete le mani secche e piene di cuticole fastidiose? Spalmatevi qualche goccia di olio d’oliva sulle mani, massaggiando bene per far penetrare ed assorbire in profondità l’olio. L’olio d’oliva è super idratante e ammorbidirà le cuticole, facilitandone l’eliminazione.
Per far brillare le vostre scarpe in pelle preferite, prendete un panno pulito in microfibra, bagnatelo con qualche goccia di olio d’oliva e e strofinate le scarpe. Questo impedirà alla polvere di attaccarsi alle scarpe, dunque le manterrà pulite più a lungo; inoltre le vostre scarpe brilleranno come se le aveste acquistate il giorno prima.
Avete finito la schiuma da barba? L’olio d’oliva viene in vostro aiuto! Stendete bene un po’ di olio sul viso, come d’abitudine. Vi consentirà di rasarvi evitando i micro taglietti e inoltre la vostra pelle sarà reidratata.
La crosta lattea puo’ dare molto fastidio al vostro neonato e l’olio d’oliva aiuta ad addolcire le crosticine e velocizzare il processo di caduta. Inumidite un panno morbido con un po’ di acqua calda e aggiungete qualche goccia di olio di oliva e sfregate dolcemente. Ripetete l’operazione 2 volte a settimana e non di più, per evitare di irritare il cuoio capelluto del bimbo.
Avete i capelli secchi? L’olio d’oliva vi aiuta ad idratarli. Fate scaldare un po’ di olio d’oliva, applicate sui capelli, copritevi la testa con un asciugamano umido e lasciate in posa per una quarantina di minuti. Passato il tempo di posa, fate il vostro shampoo abituale e risciacquate accuratamente.
Per avere un incarnato luminoso, è bene mantenere la pelle ben esfoliata. Per eliminare la pelle morta ed illuminare il volto, prendete un guanto di crine , aggiungete un po’ di olio di oliva e un po’ di zucchero semolato, sfregate delicatamente e poi risciacquate abbondantemente.
Per calmare la pelle dopo un’ustione, mettete in frigo dell’olio di oliva per qualche ora e spalmatelo sulle zone colpite dal sole aiutandovi con qualche batuffolo di cotone idrofilo imbevuto di olio. Idraterete la pelle e calmerete l’ustione al tempo stesso
Spesso è difficile sbarazzarsi dei pidocchi. Applicate una buone dose di olio su tutta la capigliatura, lasciate in posa per una mezz’ora minimo. Passato il tempo di posa, pettinate i capelli con un pettine dai denti stretti, risciacquate bene e poi usate il vostro shampoo abituale, meglio se delicato.
Avete male a un orecchio a causa di quella fastidiosa otite che non se ne vuole andare? l’olio d’oliva calma il dolore! Fate scaldare un po’ di olio, prendete un contagocce e versate 2-3 gocce nell’orecchio interessato.
Siete nel vostro periodo bricolage: avete dipinto qualche mobile ed ora vi restano le mani come arlecchino? Prendete un cotton fioc, immergetelo nell’olio d’oliva, passatelo sulle zone interessate sfregando. Toglierete le tracce di colore e idraterete le mani al tempo stesso.
Quante volte vi è capitato di andare su di giri ed innervosirvi perchè togliendo un’etichetta adesiva non riuscite ad eliminare la totalità delle tracce di carta e colla? Grazie all’olio d’oliva tutte le etichette si staccheranno facilmente: spennellate la parte interessata con un po’ di olio, lasciate agire qualche minuto e vedrete che non avrete nessuna difficoltà ad eliminare i residui.
Il vostro bimbo si è inavvertitamente incollato la gomma da masticare ai capelli? Non sgridatelo, tirate fuori una bottiglietta di olio e mettetevi all’opera! Prendete un po’ di olio sulla punta delle dita e massaggiate dolcemente la zona intorno al chewingum: vedrete che dopo qualche minuto si staccherà molto facilmente!
L’olio d’oliva è un ingrediente versatile e sano, ma il modo in cui lo conservi può influire sulla sua qualità e sul suo sapore.
Ecco alcuni consigli per garantire che il tuo olio d’oliva rimanga fresco e saporito:
Conservazione ideale dell’olio d’oliva
Scelta del luogo:
Dispensa: Il miglior posto dove conservare è una dispensa o un armadietto buio e fresco. La luce e il calore sono nemici dell’olio d’oliva, poiché accelerano l’ossidazione e la degradazione dei composti benefici.
Frigorifero: Anche se il frigorifero può sembrare un’opzione logica, soprattutto in climi caldi, non è ideale. L’olio può diventare torbido e denso a basse temperature, ma questo non influisce sulla qualità. Tuttavia, una volta riportato a temperatura ambiente, può tornare limpido.
Temperatura:
Mantieni l’olio d’oliva a temperatura ambiente, tra i 15°C e i 20°C. Evita di conservarlo vicino a fonti di calore, come fornelli o forni.
Recipiente:
Ulibox in legno: lo difende in modo totale dalla luce e dal contatto con l’aria e dagli sbalzi di temperatura.
Vetro scuro: Deve essere conservato in bottiglie di vetro scuro o lattine opache, poiché ciò aiuta a proteggere l’olio dalla luce. Il vetro scuro riduce l’esposizione alla luce e aiuta a preservare la qualità.
Coperchi ben chiusi: Assicurati che il recipiente sia ben chiuso per evitare l’ingresso di aria, che può causare ossidazione.
Evita l’umidità:
Tieni l’olio d’oliva lontano dall’umidità, poiché l’acqua può promuovere il deterioramento e la crescita di funghi.
Consigli aggiuntivi
Consuma prima della scadenza: Il prodotto ha una durata di circa 1-2 anni dalla data di produzione. Controlla la data di scadenza e usalo entro questo periodo per garantire la migliore qualità.
Testa l’aroma e il sapore: Se ha un odore rancido o un sapore amaro, potrebbe essere deteriorato. La migliore pratica è usarlo entro il termine di scadenza e seguire le linee guida per la conservazione per garantire la freschezza.
Seguendo queste indicazioni, puoi garantire che il tuo olio d’oliva mantenga la sua qualità e il suo sapore per più tempo.
Come preparare il limoncello Step 1 Inizia a preparare il limoncello lavando bene i limoni sotto acqua corrente, poi asciugali e sbucciali con un pelapatate o con un coltello in ceramica 1, materiale che aiuta a preservare i principi attivi e i benefici degli oli essenziali contenuti nella scorza. Fai attenzione a prelevare solo la parte gialla più esterna, in quanto quella bianca potrebbe conferire un sapore amaro al liquore.
Step 2 Metti quindi le scorze in una barattolo di vetro a chiusura ermetica e ricoprile completamente con l’alcool puro 2. Chiudi bene con il coperchio e lascia macerare per minimo 2 settimane e fino a 1 mese, scuotendo ogni giorno il barattolo per far amalgamare bene gli ingredienti.
Step 3 Una volta terminata la fase di macerazione, prepara lo sciroppo: versa in una casseruola lo zucchero e l’acqua e porta a bollore 3. Quando lo zucchero sarà sciolto togli dal fuoco e fallo raffreddare completamente.
Step 4 A questo punto filtra l’alcool nello sciroppo con l’aiuto di un colino 4. Non buttare via le bucce: puoi riutilizzarle in tanti modi diversi.
Step 5 Mescola bene e versa il limoncello in una bottiglia di vetro sterilizzata 5, poi conserva in luogo fresco e al buio per almeno 30 giorni prima di consumarlo.
La sua storia
Il limoncello è un liquore dolce tipico della Campania preparato a partire dalla scorza dei limoni, che vengono lasciati macerare nell’alcol e poi miscelati con uno sciroppo di acqua e zucchero. Il risultato è un liquore di limone di colore giallo intenso, con una percentuale di alcol che oscilla tra il 20% e il 32% vol. Ottimo come digestivo di fine pasto, è ideale anche da utilizzare per aromatizzare dolci o donare aroma e profumo a macedonie e gelati.
Nonostante sia oggi ritenuto un vero e proprio simbolo della Costiera amalfitana, tanto che l’autentico limoncello si realizza con lo Sfusato Amalfitano o l’Ovale di Sorrento, la sua ideazione è contesa tra i territori della Costiera e Capri. Sembra in effetti che il liquore oggi famoso in tutto il mondo derivi dalla ricetta della nonna dell’imprenditore Massimo Canale, che nel 1988 registrò sull’isola il marchio “Limoncello”.
Fu proprio a partire dagli anni Ottanta che il limoncello divenne molto popolare e iniziò ad essere prodotto a livello industriale, anche se molti prediligono ancora la versione casalinga. Il limoncello fatto in casa, d’altronde, è davvero semplice da realizzare, a patto di seguire alla lettera tutti i passaggi e soprattutto munirsi di pazienza: dall’inizio della preparazione al momento della degustazione trascorrono infatti circa 2 mesi.
Al termine della fase di macerazione, che può durare da 2 settimane a un mese in base all’intensità di gusto che si vuole ottenere, l’alcol viene filtrato e mescolato con lo sciroppo di acqua e zucchero; ciò che si ottiene è già limoncello, ma perché acquisisca il suo caratteristico gusto dev’essere lasciato insaporire in un contenitore a chiusura ermetica per altri per 30 giorni. Una volta pronto, può essere conservato a lungo in frigo o in freezer: la presenza di alcol e zucchero ne impedisce infatti il congelamento, per cui sarà sempre pronto da gustare.
Dati i pochissimi ingredienti, è indispensabile che siano di qualità: acquista alcol etilico puro e scegli limoni biologici e non trattati con buccia spessa e rugosa. Agita ogni giorno le bucce nell’alcol, così che rilascino tutti gli oli essenziali e l’inconfondibile aroma agrumato, e tieni sempre barattoli ermetici e bottiglie in un luogo fresco e asciutto, poiché i principi attivi sono sensibili alla luce e al calore.
Olio di riso purissimo e basilico super lavato (senza i gambi) pari peso!
Immersione a freddo a 3 gradi senza aria, quindi sottovuoto, per 2 giorni. Non di più perché andremmo a creare elementi batterici e per evitare uso di sale anche se l’olio è un conservante il basilico lo contamina.
Centrifugazione.
Filtrare.
A questo punto possiamo anche pastorizzare a 65 gradi per 15 minuti.
Un mondo intero influenza la crescita delle tue piante بل
Sai che il tipo di terreno in cui piantiamo può influenzare notevolmente la crescita e la produzione della tua coltura?
1. Terreno di fango: ricco di ingredienti biologici e mantiene bene l’umidità. Ideale per l’agricoltura ma potrebbe essere incline a trattenere l’acqua in eccesso.
Pro: Mantiene bene umidità e nutrienti, aiutando le piante a crescere grazie alla disponibilità di cibo e acqua.
Cons: Può causare un drenaggio lentamente dell’acqua, aumentando il rischio di accumulo d’acqua, formazione di muffe e malattie. Ho bisogno di migliorare il drenaggio dell’acqua per aumentare la produttività.
2. Terreno di sabbia: caratterizzato come un buon drenaggio dell’acqua, ma manca di nutrienti e necessita di ulteriori cure per aumentare la sua capacità di ritenzione idrica.
Pro: Fornisce un ottimo drenaggio dell’acqua, che riduce il rischio di erosione idrica. Le piante si sentono a proprio agio in un terreno sabbioso perché le loro radici possono respirare bene.
Cons: Carenza di nutrienti e ritenzione idrica limitata, richiedendo aggiunta costante di fertilizzanti e adeguati metodi di irrigazione.
3. Terreno ossigenato: una miscela perfetta di argilla e sabbia, che offre un ottimo equilibrio tra drenaggio dell’acqua e capacità di ritenzione dei nutrienti.
Pros: combina le proprietà del fango e del terreno sabbioso, che fornisce un buon equilibrio tra ritenzione idrica e drenaggio. Si caratterizza per la sua capacità di trattenere nutrienti e migliorare la crescita delle colture.
Lato negativo: necessaria manutenzione per garantire un sano equilibrio tra umidità e ventilazione. Potresti dover correggere regolarmente il tuo livello di acido.
4. Terreno calcareo: caratterizzato da un alto livello di acidità e potrebbe aver bisogno di modifiche per migliorare la crescita delle colture.
Positivi: Ricco di calcio, che favorisce la salute delle piante e riduce i problemi di avvelenamento da metalli pesanti.
Cons: un contenuto altamente acido (alcalino) potrebbe aver bisogno di un adeguamento per soddisfare le esigenze delle colture, poiché alcune piante non crescono bene in un ambiente altamente alcalino.
Quando assumi la giusta quantità di grassi capisci tante cose.
Capisci quanto ci abbiano ingannato a partire dagli anni 80 con tutte queste cazzate dei cibi light, del latte scremato, del prosciutto o dei tagli di carne senza un filo di grasso.
Capisci che non era necessario spalmarsi quintali di crema per idratare la pelle perché l’idratazione viene da quanti grassi assumi con la dieta e non da quello che ti metti addosso né tanto meno da quanta acqua ti bevi. Anzi più acqua bevi senza l’aggiunta di sali minerali più ti disidrati perché porti via quel poco che c’è nel tuo corpo.
Capisci che era inutile cospargersi di quintali di crema con filtro solare per non scottarsi. Infatti spesso ci si brucia lo stesso, anche all’ombra e soprattutto si fanno dei danni ancora più grandi perché si impedisce la produzione di vitamina D e di altre molecole importanti per la salute e il benessere psico fisico.
Capisci come la sensazione della fame sia molto attenuata riuscendo a perdere peso in maniera facile e salutare.
Capisci come si attenui la dipendenza dal cibo spazzatura ( zuccheri, derivati dei cereali, cibo elaborato, bibite gassate).
Capisci come anche le unghie e i capelli ritornino ad essere forti e lucenti.
Capisci come la mente ritorna ad essere più lucida e concentrata.
Capisci che hai speso una marea di soldi dal dentista per curare carie e piorree quando sarebbe bastato non mangiare zuccheri e derivati dei cereali.
Mettiamo l’Olio da Olive in Cantinetta, al buio e al fresco nel Legno.
Abbiamo creato il primo Ulibox in legno dove inserire direttamente la Bag (borsa).
Le più belle bottiglie, lattine durano poco, il tempo di svuotarle e poi si gettano via. Ulibox in legno dura per sempre, ricordando ogni giorno chi produce l’olio da olive. Scegli Ulibox per fidelizzare i tuoi clienti. Per informazioni: info@oiveoiltopmagazine.it
I motivi che ci hanno spinto a creare questo bellissimo contenitore in Legno sono molteplici e di seguito cercheremo di elencarli tutti:
Scelta ecologica: “Economia circolare” Riduce del 99% l’uso del cartone litografato e di conseguenza le immondizie. Ulibox in Legno viene riutilizzato infinite volte in quanto è molto solido, si evita così di creare uno smodato uso di cartone litografato che oltre al danno vegetale, crea rifiuti in modo eccessivo ed ingiustificato.
Quando avrà finito il suo ciclo di servizio, dopo anni di suo utilizzo, essendo legno di Pino potrà essere riciclato facilmente e utilmente. Il legno inoltre, ha un ottimo indice isolante e quindi difende la Bag interna, con il suo prezioso prodotto, dagli sbalzi improvvisi della temperatura.
Scelta economica: pur avendo un costo nettamente superiore al Box di cartone, nel tempo diventa un costo irrisorio e conveniente in quanto il suo infinito riutilizzo fa evitare l’acquisto continuo di Box in cartone.
Al consumatore/cliente verranno rifornite solo le sacche contenenti l’Olio da Olive, le Ricariche e non avendo il Box litografato ci sarà anche un buon vantaggio economico per il Consumatore. Maggiore qualità del prodotto a minor costo.
Designe: il legno, da sempre, fa parte integrante del nostro stile di vita. I mobili, molte suppellettili, arredi da giardino, le stesse case etc. etc. sono costruiti in Legno, materiale forte, resistente, armonioso e duttile. La sua familiarità lo rende un materiale Amico che si autorigenera naturalmente ed in modo Green. Al contatto Ulibox da una buona sensazione, di casa, familiare, di sicurezza per il nostro Benessere. Per tutti questi motivi Ulibox in legno verrà accettato volentieri in famiglia e diventerà un gradito complemento di arredo da tenere in Cucina, in Taverna e perchè no, anche sul tavolo durante il pranzo.
Contenuto: La Bag da inserire potrà contenere max 2 lt. di Olio da Olive. Il motivo di questa nostra scelta è stata dettata per la sua praticità. Questa dovuta alle sue dimensioni contenute, ma soprattutto per il suo pesonon eccessivo, tanto che lo si può tranquillamente sostenere con una mano, tramite l’apposita maniglia e quindi erogare direttamente sul piatto o nella pentola/terrina la quantità di Olio da Olive desiderata.
Fidelizzazione: Ulibox diventerà un amico di casa, un componente importante da avere sempre a portata di mano, gradevole ed elegante. La sua presenza necessaria, insostituibile farà ricordare ogni giorno chi è il produttore di quell’Olio da Olive che state usando.
Per Ulivita .. Il miglior contenitore per l’Olio da Olive è la Bag (borsa) in UliBox
L’alterazione di un alimento è una trasformazione a carico di uno o più componenti chimici che ne determinano una modificazione delle proprietà fisiche, chimiche e biologiche. Queste modifiche sono percepite come un’alterazione in senso positivo o negativo delle proprietà nutritive ed organolettiche dell’alimento o delle sue caratteristiche tecnologiche.
Per i liquidi, esiste da qualche anno un contenitore fantastico che da tutte e tre queste garanzie: buio totale – riparo dagli sbalzi termici – eliminazione totale dal contatto con l’aria ed in più ecologico e riciclabile al 100%, infrangibile e poco costoso.
La Bag (borsa) è l’unico contenitore totalmente ecologico e riciclabile che grazie al suo rubinetto brevettato che in fase di erogazione non permette all’aria esterna di entrare al suo interno, permettendo così la spillatura ogni qualvolta se ne avrà bisogno, anche in micro quantità, senza che tutto il prodotto all’interno possa danneggiarsi, rimanendo così integro, profumato e sano, fino all’ultima goccia.
Quindi per mantenere nel miglior modo possibile i nostri alimenti dovremmo tenerli: – al buio meglio se totale; – a temperatura fresca idonea e al riparo da sbalzi eccessivi; – in assenza di contatto con l’aria inquinata.
E’ PER QUESTI MOTIVI CHE:
Per Ulivita…
Il miglior contenitore per l’Olio da Olive è la Bag in UliBox.
Le più belle bottiglie, lattine durano poco, il tempo di svuotarle e poi si gettano via. Ulibox in legno dura per sempre, ricordando ogni giorno chi produce l’olio da olive. Scegli Ulibox per fidelizzare i tuoi clienti. Per informazioni: info@oiveoiltopmagazine.it
Ti sei mai chiesto cosa fare con l’olio che hai già utilizzato per cucinare? Non buttarlo via, approfittane!
L’olio usato può avere molti usi sorprendenti che vanno oltre la cucina. Con questi semplici consigli vi mostreremo come dare una seconda vita a quell’olio che normalmente viene buttato
Filtraggio e Riutilizzo: Dopo aver cotto e lasciato raffreddare l’olio, potete filtrarlo utilizzando un colino e conservare l’olio per riutilizzarlo in future fritture.
Prepara il sapone fatto in casa: avrai bisogno di soda caustica, acqua e oli essenziali per conferirgli la fragranza, mescolandoli seguendo una ricetta specifica e lasciandolo indurire formerà il tuo nuovo sapone.
Candele: Mescolando l’olio con la cera d’api e un profumo a vostra scelta, potete versare il composto negli stampini e lasciarlo indurire.
Lubrificante per utensili e cerniere: può essere un buon lubrificante, porte, cerniere e altri meccanismi che necessitano di morbidezza.
proprietà, benefici e controindicazioni di Margherita Russo
La papaya è un frutto dalle mille qualità e apporta tanti benefici alla salute. Sapevate che è utilizzato anche come contraccettivo naturale? Scopriamo tutte le proprietà, i benefici e le controindicazioni della papaya.
Le proprietà della papaya la rendono un frutto esotico appetibile sotto molti punti di vista. Non sappiamo precisamente dove abbia avuto origine: Malesia e Messico sono le due ipotesi più accreditate. Si coltiva nei paesi tropicali; il clima ideale per la sua crescita è, infatti, caldo umido. Nonostante venga da lontano si trova piuttosto facilmente nei nostri supermercati; per essere certi di acquistare una papaya di buone qualità e maturata naturalmente è, però, più indicato prenderla nei negozi specializzati in frutta esotica. La papaya matura soprattutto nei mesi più caldi; in realtà, però, l’albero produce i frutti anche nelle altre stagioni, ecco perché possiamo trovarla quasi sempre.
Papaya: calorie e valori nutrizionali
Dolce e soffice come il burro, la papaya è composta principalmente da acqua; ha, inoltre, una buona quota di carboidrati ed è povera di grassi e di proteine. Basso anche contenuto calorico: 100 grammi di papaya apportano soltanto 43 kilocalorie. Dal punto di vista dei micronutrienti, la papaya contiene tanta vitamina C e poi ancora vitamina A, vitamina E, vitamina K, acido folico, magnesio, potassio, rame, acido pantotenico, flavonoidi. Anche i semi sono edibili; alcune delle proprietà della papaya dipendono proprio dalla composizione dei semi.
VALORI NUTRIZIONALI PER 100G DI PAPAYA: Acqua 88,06 g kcal 43 Proteine 0,47 g Grassi 0,26 g di cui saturi 0,081 g Carboidrati 10,82 g di cui zuccheri 7,82 g Fibre 1,7 g Calcio 20 mg Magnesio 21 mg Potassio 182 mg Zinco 8 mg Vitamina B2 0,027 mg Vitamina B5 0,191 mg Folati 37 µg Beta-Carotene 274 µg Licopene 1828 µg Vitamina C 60,9 mg Indice glicemico 60 Colesterolo 0 g (fonte USDA)
Benefici della papaya
La presenza di antiossidanti, vitamine e minerali conferisce alla papaya proprietà utili a sostenere la salute sotto molti punti di vista. In breve, la papaya fa bene perché è antinfiammatoria, antiossidante, aiuta la digestione ed è utile alla salute del cuore. Vediamo ora un approfondimento di tutti i benefici che apporta il consumo regolare di questo frutto. ✓ Antinvecchiamento La papaya, specie quando completamente matura, contiene una buona quota di sostanze con proprietà antiossidanti, note per la capacità di proteggere l’organismo dall’invecchiamento cellulare. L’assunzione regolare di alimenti antiossidanti aiuta a proteggersi meglio da tutte quelle malattie che hanno tra le cause proprio l’invecchiamento cellulare, soprattutto tumori e disturbi cardiovascolari. ✓ Salute del cuore La papaya, dunque, è una valida alleata della salute del cuore. Le sostanze antiossidanti della papaya aiutano a prevenire l’ossidazione del colesterolo. Il colesterolo, ossidandosi, si ispessisce e può formare quelle placche aterosclerotiche che sono spesso causa di infarti e ictus. Inoltre, la papaya è un’ottima fonte di fibre; è stato dimostrato che una dieta ricca di fibre aiuta a ridurre i livelli di colesterolo LDL (quello “cattivo”) nel sangue. Nella dieta che protegge il cuore non può quindi mancare questo frutto. Leggi anche: Semi di Chia: proprietà e controindicazioni ✓ Salute dell’apparato gastrointestinale La papaya, specie quando non è completamente matura, contiene papaina, un enzima che agisce allo stesso modo dei succhi gastrici aiutando, quindi, la digestione; questa caratteristica lo rende un frutto indicato, per esempio, alla fine di un pasto abbondante. Le fibre contenute nella papaya aiutano la regolarità dell’intestino. Inoltre, secondo studi scientifici, queste fibre si legano alle tossine cancerogene del colon tenendole lontane dai tessuti sani; grazie a questa qualità e alle già citate proprietà antiossidanti, possiamo considerare la papaya un valido aiuto nella prevenzione del tumore al colon. Quanta papaya mangiare Una porzione standard di papaya è, come per altri frutti, pari a circa 150 grammi di parte edibile. Questo quantitativo può essere paragonato, a grandi linee, ad una fetta di medie dimensioni. Il consumo regolare di papaya, nella misura di alcune porzioni a settimana, è sufficiente a garantirci tutti i benefici che abbiamo visto sopra. Se optiamo per integratori a base di papaya fermentata, invece, è bene attenersi alle indicazioni fornite sulla confezione. Cosa succede se si mangia papaya tutti i giorni Volendo approfondire meglio quali sono gli effetti dati da un consumo regolare del frutto, possiamo dire che mangiare papaya tutti i giorni dona all’organismo preziosi componenti micronutrizionali e bioattivi. Questi, in particolare, spiccano per le potenzialità antiossidanti, senza dubbio utili nel contrastare l’invecchiamento cellulare e la pericolosa ossidazione del colesterolo LDL, che si correla in modo evidente al processo aterosclerotico. Il consumo quotidiano di papaya fa bene anche al tratto gastrointestinale, facilitando i processi digestivi grazie al contenuto di papaina, e regolarizzando l’attività intestinale grazie all’apporto di fibra. Quest’ultimo aspetto, tra l’altro, risulta favorevole per la salute del colon, incentivando la rimozione di sostanze cancerogene. Mangiare questo frutto ogni giorno supporta persino il sistema immunitario, stimolandolo, e dona un effetto diuretico.
Che gusto ha la papaya? La papaya ha un gusto tipicamente esotico che può essere descritto come un mix tra melone, albicocca e pera. Come avviene per altri frutti, più è matura e più il sapore sarà dolce e succoso. La consistenza della polpa è morbida e burrosa (che può ricordare un misto tra avocado e melone) mentre l’odore del frutto maturo è piuttosto marcato.
Come scegliere e mangiare la papaya Vediamo ora come scegliere questo frutto. Per conoscere il grado di maturazione di una papaya ed evitare di acquistare un frutto troppo acerbo o troppo maturo è importante innanzitutto verificarne il colore: una papaya al giusto grado di maturazione avrà la buccia verde con alcuni segni gialli, più la buccia è gialla e più è matura. Il frutto, inoltre, deve risultare sodo ma morbido al tatto e l’odore non deve essere troppo pungente. Se trovate solo la papaya acerba (quindi con la buccia verde) è necessario farla maturare in casa, tenendola fuori dal frigo per alcuni giorni.
Ma come si mangia una papaya? Una volta effettuato l’acquisto, per mangiare la papaya è necessario aprirla: dobbiamo tagliarla a metà con un coltello e rimuovere i semi al suo interno. Quindi sbucciamo il frutto e la nostra papaya è pronta per essere utilizzata. A questo punto possiamo tagliarla a cubetti, a fettine sottili o, in alternativa, se è abbastanza matura possiamo consumarla con un cucchiaino senza neanche sbucciarla. I semi della papaya sono anch’essi commestibili e ricchi di benefici. Per mangiare i semi di questo frutto possiamo consumarli semplicemente tal quali oppure frullarli ed aggiungerli alle nostre ricette (frullati, insalate, smoothie, ecc) o, ancora, inserirli direttamente nell’estrattore. La papaya può essere mangiata a colazione per iniziare la giornata con energia, come spuntino o dopo un pasto abbondante per favorire la digestione. Inoltre, la papaya si presta benissimo alla preparazione di buonissimi estratti o frullati, sia da sola che unita ad altri frutti tropicali come ad esempio un mango o un ananas, oppure unita a frutti nostrani come l’anguria o il melone. Ben si presta poi, a preparazioni più sofisticate, come la papaya salad piccante o la preparazione di dolci.
La papaya fermentata è un integratore derivato dalla fermentazione della papaya precedentemente polverizzata. Questo prodotto è noto per le sue spiccate proprietà antiossidanti, risultando così un valido alleato per contrastare l’azione dei radicali liberi. È proprio la fermentazione ad aumentare il contenuto di antiossidanti presenti nella papaya fermentata. Inoltre, questo integratore è usato anche per le qualità digestive che, come abbiamo visto, caratterizzano anche il frutto della papaya.
Tutti i tipi di ciliegie italiani e come riconoscere le varietà
Tutti i tipi di ciliegie italiane: le varietà nostrane e come riconoscerle, dalla Vignola IGP al Durone nero dell’Anella, fino a quelle più particolari, tra tenerine e duracine.
Niente mezze misure. Quando ci si trova davanti alle ciliegie le scelte sono due: o non si toccano proprio (praticamente impossibile), o se ne fa una scorpacciata (altamente probabile). Qualcuno ha mai mangiato due ciliegie, letteralmente? Accade perché i frutti succosi e dal sapore perfettamente bilanciato tra dolce e acido del Prunus avium, il cosiddetto “ciliegio dolce”, sono semplicemente irresistibili. Solo in Italia ne troviamo ben 18 varietà: ci sono le IGP di Vignola e Marostica, le scurissime Mora di Cazzano e Moretta di Vignola, le più rare Bella di Garbagna e ciliegia di Lari e la “slavata” Graffione bianco, per dire.
Le ciliegie italiane si dividono essenzialmente in due categorie, distinte dal colore e dalla consistenza della polpa. Così da una parte abbiamo le tenerine, piccole, chiare e tenere, dall’altra le duracine, grosse, scure e croccanti. Non preoccuparti di dover scegliere, per entrambe vale il detto “una tira l’altra”.
Snoccioliamo insieme tutti i tipi di ciliegie da conoscere, tra famose IGP, preziosi Presìdi Slow Food, piccole varietà da imparare a distinguere e apprezzare.
Ciliegia di Vignola IGP
La stagione è appena cominciata. La ciliegia di Vignola, nota IGP emiliana delle provincie di Modena e Bologna, si comincia a raccogliere proprio nelle ultime settimane di maggio. Di questa specie esistono tantissime sotto-varietà: su tutte ricordiamo la Mora di Vignola, piccola, succosa e dalla polpa tenera, e il Durone Nero, sodo e croccante, dal gusto dolce e intenso.
Ottime come snack da fine pasto, le ciliegie di Vignola sono perfette per golose ricette dolci. Noi ne abbiamo studiata una ad hoc, i quadrotti ricotta e ciliegie di Vignola IGP.
Moretta di Vignola IGP
Il nome, anche se praticamente identico, non deve trarre in inganno. La Moretta di Vignola è un Presidio Slow Food in quanto unica varietà a polpa tenera di tutta la IGP. Il grosso della produzione è infatti dedicato alle duracine, dalle drupe grandi, croccanti e a colore variabile. La Moretta invece è di medio calibro, ha polpa scura e succosa e, al termine della maturazione, il colore è quasi nero.
Anche lei si fa mangiare senza dignità alcuna, ma se riesci a resistere sappi che è particolarmente indicata per composte e confetture. Assaggiala nella nostra crostata con amaretti e confettura di ciliegie.
Ciliegia di Marostica
Dalla provincia di Vicenza arriva una IGP rosso fuoco, la prima in Italia dedicata alle ciliegie. Si tratta della ciliegia di Marostica, un figurino niente male dalla silhouette tonda e soda e dal sapore molto dolce. È particolarmente indicata in salsa per accompagnare piatti salati di carne e pesce.
Ciliegia dell’Etna DOP
Sulle pendici del vulcano attivo più famoso d’Italia la terra è fertile per prodotti di eccellenza, in primis il vino ma anche le ciliegie. La DOP Mastrantonio dell’Etna si caratterizza per il sapore dolce ma non stucchevole, la consistenza croccante e il colore rosso brillante.
Abbinala a un altro prodotto tipico siciliano, la mandorla d’Avola dall’ovale perfetto. Come? Con la ciambella alle ciliegie e mandorle, una merenda golosa e con poche calorie.
Durone nero dell’Anella
Questa ciliegia dalla polpa soda tipica del bolognese è una delle ultime a essere raccolta. Si tratta di una varietà tardiva da aspettare fino alla fine di giugno: un po’ di pazienza, ne vale la pena! È infatti molto dolce, perfetta per la confettura di ciliegie.
Bella di Garbagna
La Bella di Garbagna ha un debole per l’alcol. Questo piccolo Presidio Slow Food della provincia di Alessandria ha una polpa particolarmente croccante che la rende adatta alle lunghe conservazioni. Così la Bella dà il meglio di sé sotto spirito o come ripieno dei Boeri, i cioccolatini con il segreto della ciliegia alcolica.
Altrimenti puoi provarla nella torta Foresta Nera, il soffice pan di Spagna imbevuto di liquore e intervallato da strati di cioccolato, panna e ciliegie.
Bella di Pistoia
L’altra Bella della nostra raccolta è di Pistoia, una ciliegia che tiene fede al suo nome. Grossa, di colore rosso scuro intenso, dolce, croccante e saporita. Praticamente perfetta, è il sogno proibito dei mangiatori compulsivi di ciliegie.
Graffione bianco
Questa antica cultivar piemontese coltivata in Val di Susa è più unica che rara. Il Graffione Bianco si distingue nettamente da tutte le altre ciliegie per il colore giallo pallido, a volte maculato di rosa, e il retrogusto leggermente amaro. Anche lei si presta particolarmente a essere conservata sotto spirito.
Ciliegia di Lari
La ciliegia di Lari, pur con una piccola produzione tenuta in vita da poco più di trenta produttori, ha ben 19 sotto-varietà, tutte coltivate sul territorio delle Colline Pisane. Si tratta di una duracina dal colore rosso intenso e dal sapore particolarmente zuccherino. È ottima per fare confetture e glasse dolci, come quella da abbinare alla nostra torta gelato.
Ciliegia arecca
Questa ciliegia di colore rosa pallido è nativa di Marano, provincia di Napoli, dove viene coltivata fin dal Sedicesimo secolo. Un vero e proprio “frutto della passione”, dell’Arecca si narra che fu importata dall’amante del Re di Spagna, tale Caterina Manriquez, quando, scoperta la tresca, fu cacciata da Madrid. Da pochi alberelli nacque una produzione fiorente, accompagnata a quella dell’artigianato locale specializzato in ceste di vimini per la raccolta.
Sciazza di Siano
Rimaniamo in Campania, stavolta in provincia di Salerno. La Sciazza di Siano è una varietà scura e brillante, dalla polpa soda e carnosa e dal sapore equilibrato, non troppo dolce né troppo acido. Aggiungila come topping al chia pudding con latte di cocco e ciliegie, la colazione vegan per una carica di energia.
Ciliegia di Castelbianco
È del savonese la minuscola produzione della ciliegia di Castelbianco, una cultivar antica parte dell’Arca del Gusto Slow Food. Essa presenta le sotto-varietà cantun giancau, più dura e di colore rosso pallido, e la cantun negrau, più scura e tardiva. Entrambe hanno gusto dolce, da consumare fresche, in confettura o sotto spirito.
Mora di Cazzano
Anche detta Mora di Verona, questa bella ciliegia veneta è perfettamente sferica e di colore rosso acceso tendente allo scuro. Il gusto è molto dolce, il che la rende perfetta come ingrediente da dessert. Noi pensiamo che starebbe benissimo nel clafoutis di ciliegie, specialmente nella ricetta d’autore firmata Pierre Hermé.
Ciliegia duracina di Tarcento
La duracina è una varietà ultra locale del paesino di Tarcento, provincia di Udine, che oggi rischia di scomparire se non fosse per l’attenzione di Slow Food che è intervenuta con la sua Arca del Gusto. Piccola, succosa, croccante e prelibata, tanto che in passato era richiesta in Austria, Russia, Baviera e Sassonia, oggi la trovi quasi esclusivamente in loco e puoi assaggiarla fresca, nello sciroppo e nei distillati.
Ferrovia
Potremmo definirla la “ciliegia itinerante”: questa varietà pugliese del comune di Turi infatti mutua il nome dalla ferrovia locale. I primi alberi si trovavano vicino ai binari e, non si sa bene come, i loro frutti mostravano caratteristiche peculiari rispetto agli altri: sono grandi quasi il doppio, hanno colore rosso vermiglio, polpa croccante e succosa, sapore dolce e intenso. Insomma, il rischio di scorpacciate è altissimo.
Ciliegia del Monte
Il monte in questione è il Monte Somma, sulle cui pendici cresce una varietà dal caratteristico colore giallo-rosato. Siamo a Napoli sui terreni fertili del Vesuvio: tra maggio e giugno si riempiono (anche) di questi frutti dalla polpa giallastra, croccante e succosa, il prototipo della ciliegia da tavola.
Bianca marosticana
La Bianca Marosticana, nonostante il nome, ha poco a che fare con la IGP vicentina. Si tratta piuttosto di un’antica cultivar trentina dal colore che vira decisamente sui toni chiari del giallo-rosa, caratterizzata dal gusto agrodolce tendente all’acido.
Malizia
La Malizia è una varietà campana dal nome godereccio, e aspetta di sentire quali sono le sue caratteristiche. È una ciliegia grossa di colore rosso rubino con sfumature violacee, la polpa tenera, il sapore leggermente acidulo. Qui urge una torta, e bella farcita anche.
Gli Ulivi di Noè: Un Tesoro Millenario del Mediterraneo
Gli Ulivi di Noè, o “Le Sorelle”, sono un gruppo di 11 alberi di ulivo situati nel villaggio di Bchaaleh in Libano, a più di 1200 metri sul livello del mare. Secondo la leggenda locale, questi alberi hanno più di 5.000 anni, il che li renderebbe gli alberi viventi non clonali più antichi del mondo. Gli alberi sono considerati un simbolo sacro e un tesoro culturale per la gente del posto. Dalla ricerca scientifica e la decodifica genetica, riusciamo a ricostruire la selezione naturale dalle piante selvagge del Medio Oriente in derivate ingentilite dall’uomo, per procurare la materia prima del nutrimento e per gli usi domestici e perfino industriali con i suoi derivati. La sua deriva tra i continenti, coincide con le migrazioni dei popoli portatori di questo albero prezioso per l’intera umanità.
L’età degli Ulivi di Noè è difficile da determinare con precisione a causa del deterioramento degli anelli degli alberi nel tempo. Tuttavia, alcuni studi con il carbonio 14 hanno suggerito che gli alberi potrebbero avere un’età compresa tra i 5.000 e i 6.000 anni. Se questa datazione fosse corretta, gli Ulivi di Noè sarebbero gli alberi viventi non clonali più antichi del mondo.
Gli Ulivi di Noè sono considerati un simbolo sacro da molte culture religiose. Secondo la leggenda ebraica, questi alberi sarebbero gli stessi da cui la colomba di Noè ha preso il ramo d’olivo dopo il diluvio universale. Gli alberi sono anche considerati un simbolo di pace e speranza.
Gli Ulivi di Noè sono caratterizzati da una serie di caratteristiche uniche, tra cui:
La loro grandezza e longevità
La loro capacità di produrre ancora olive di alta qualità
La loro resistenza alle malattie e ai parassiti
La loro importanza per l’ecosistema localeC’è un crescente interesse per la conservazione degli Ulivi di Noè. Un progetto ambizioso mira a portare l’attenzione del pubblico a questo tesoro del villaggio di Bchaaleh. Il progetto include la creazione di un museo all’aria aperta, una biblioteca pubblica e un vivaio di piante. L’obiettivo è quello di fare di Bchaaleh e del suo amato uliveto di alberi millenari un santuario turistico, culturale e storico religioso.
L’ulivo: Simbolo di Atene e fondamento delle colonie greche
L’ulivo, con i suoi rami sempreverdi e i suoi frutti preziosi, rappresenta un simbolo iconico della città stato di Atene e della civiltà greca in generale. La sua presenza nella mitologia, nella storia e nella cultura greca ne fa un elemento centrale dell’identità ellenica.
Leggenda di Atene e Poseidone: La contesa tra Atene e Poseidone per il dominio della città si concluse con una prova: far nascere il dono più prezioso per la futura città. Poseidone creò un cavallo, simbolo di forza militare, mentre Atene fece sorgere un ulivo. Gli ateniesi, riconoscendo il valore dell’ulivo per la vita quotidiana, la pace e la prosperità, scelsero Atene come vincitrice. L’ulivo divenne così l’emblema della città e della dea Atena, dea della saggezza, dell’artigianato e dell’agricoltura.
La vittoria di Atena e dell’ulivo è stata scolpita da Fidia addirittura sul frontone del Partenone.
Certo quel fregio è oggi ridotto in frantumi e i frammenti sono divisi tra Atene e Londra, tra il Museo dell’Acropoli e il British Museum. Ma se dal Partenone scendiamo ai piedi dell’Acropoli e visitiamo lo spettacolare spazio espositivo del Mouseío Akrópolis possiamo ammirarne una plausibile ricostruzione. Le statue di Atena e dei Poseidone, alte tre metri, dominavano il centro della scena. Atena, armata di scudo e giavellotto, è accanto all’albero d’ulivo, il suo dono agli Ateniesi per prosperare in pace.
Importanza economica e sociale: L’ulivo era di fondamentale importanza per l’economia ateniese. L’olio d’oliva era una preziosa fonte di nutrimento, illuminazione e cosmetici. Era anche utilizzato per scopi religiosi e medicinali. La coltivazione dell’ulivo richiedeva terreni aridi e rocciosi, tipici del paesaggio attico, contribuendo a plasmare l’identità agricola della regione.
L’olivo di Vouvesè un olivo del villaggio di Ano Vouves, nell’unità comunale di Kolymvari, nell’unità regionale di Chania, Creta. Probabilmente è uno degli ulivi più antichi del mondo che produce ancora oggi olive. Non è possibile determinare l’età esatta dell’albero. L’uso dei radioisotopi non è possibile poiché il durame è andato perduto nel corso dei secoli, mentre l’analisi degli anelli degli alberi ha dimostrato che l’albero ha almeno 2.000 anni. All’estremità opposta della scala, gli scienziati dell’Università di Creta hanno stimato che abbia 4.000 anni. Un possibile indicatore della sua età sono i due cimiteri del periodo geometrico scoperti vicino all’albero.
Fondazione delle colonie elleniche e l’ulivo:
I greci fondavano le loro colonie non solo per motivi commerciali e politici, ma anche per la ricerca di terreni adatti alla coltivazione dell’ulivo. La pianta era fondamentale per la loro sopravvivenza e prosperità.
La presenza o meno dell’ulivo era un fattore determinante nella scelta del sito per una nuova colonia. Le spedizioni esploravano potenziali territori, valutando la loro idoneità alla coltivazione dell’ulivo.
Le colonie che prosperavano nella coltivazione dell’ulivo divenivano simboli di successo e stabilità. L’ulivo rappresentava non solo la sopravvivenza, ma anche la capacità di creare una nuova società fiorente in terre lontane.
L’ulivo, con la sua profonda simbologia legata alla prosperità, alla pace e alla saggezza, rappresentava per i Greci antichi, come pure per i Fenici e tanti altri popoli intorno alla mezza luna fertile, culla dell’agricoltura, un elemento essenziale della loro identità. La sua importanza nella vita quotidiana e nella fondazione di nuove colonie ne ha fatto un simbolo duraturo della civiltà greca, ancora oggi riconosciuto in tutto il mondo.
Evangelos Alexandris Andruzzos – Fact Checker
Formatore, sociologo, giornalista, editore.
Consulente organizzazione e comunicazione.
Coordinatore di progettazione europea internazionale.
è la versione della pizza tonda preparata tipicamente nella città di Napoli e caratterizzata da una pasta morbida e sottile con i bordi alti. Dal 5 febbraio 2010 è ufficialmente riconosciuta come Specialità tradizionale garantita (STG) dell’Unione europea[1] e nel 2017 l’arte del pizzaiolo napoletano, di cui la pizza napoletana è il prodotto tangibile, è stata dichiarata dall’UNESCO come patrimonio immateriale dell’umanità.
Origini
L’espressione pizza napoletana, data la sua importanza nella storia o nel territorio, viene usata in alcune regioni come sinonimo per la pizza di forma tonda. Le prime notizie riguardo alla pizza napoletana vengono fatte risalire al periodo che va dal 1715 al 1725. Vincenzo Corrado alla metà del Settecento scrisse un pregevole trattato sulle abitudini alimentari della città di Napoli, in cui osservò come fosse costume del popolo condire la pizza e i maccheroni con il pomodoro. L’associazione di questi prodotti e le sue osservazioni diedero di fatto inizio alla fama gastronomica della città di Napoli e attribuirono al Corrado un ruolo importante nella storia della gastronomia.
Quelle stesse osservazioni costituiscono la data di nascita della pizza napoletana, un sottile disco di pasta condito con pomodoro. Le prime pizzerie comparvero a Napoli nel corso del XVIII secolo, e si diffusero poi ovunque nel mondo.
La peculiarità della pizza napoletana è dovuta soprattutto alla sua pasta che deve essere prodotta con un impasto simile a quello per pane — ossia di farina di grano tenero ’00’ e completamente privo di grassi — morbido ed elastico, lungamente lievitato per sviluppare molta anidride carbonica, steso a mano in forma di disco senza toccare i bordi che formeranno in cottura un tipico “cornicione” di 1 o 2 cm con alveolatura interna, mentre la pasta al centro sarà alta circa 2.5 mm. Un veloce passaggio in un forno molto caldo deve lasciarla scioglievole, soffice e ben cotta.
Nella più stretta tradizione della cucina napoletana sono previste solo due varianti per quanto riguarda il condimento:
Pizza marinara: con pomodoro, aglio, origano e olio.
Pizza Margherita: con pomodoro, mozzarella STG a listelli, mozzarella di bufala campana a cubetti, basilico e olio.
Alcuni ritengono che il pomodoro debba essere di tipo San Marzano.
«Perciò nun ‘e cercate sti pizze complicate ca fanno male â sacca e ‘o stommaco patì…»
Il nome botanico del fico d’india è Opuntia ficus-indica: questa demoninazione, tuttora attuale, fu qualificata da Miller nel 1768, ma il nome probabilmente deriva da Cristoforo Colombo, che nel 1493 credette di essere approdato proprio in India.
Il fico d’India è una pianta nativa del Messico: l’importanza di questa pianta per i messicani è tale da incarnare il simbolo del Paese, tanto che appare persino nella bandiera della Repubblica Messicana. L’opuntia è diffusa, attualmente, in tutta l’America, nel Mediterraneo (in particolare Sicilia), in Africa, in Asia ed in Australia.
“Tenace monumento dei deserti”: è con questa metafora che viene al meglio descritto il carattere del fico d’India, frutto coronato di spine che sopravvive alle aride e secche temperature desertiche.
Per molto tempo, il fico d’india ha rappresentato un simbolo della tradizione Azteca: oggi è fonte di interesse non solo in ambito alimentare ed agricolo, ma anche in quello fitoterapico e cosmetico.
Proprietà Nutrizionali
La composizione nutrizionale delle foglie del fico d’India è molto diversa da quella del frutto e dei semi.
Composizione chimica frutto/semi
Se i semi sono ricchi di lipidi e proteine, i frutti sovrabbonadano di zuccheri semplici come glucosio e fruttosio. Nel frutto ci sono anche sostanze anti-ossidanti come l’indicaxantina e la betanina, che contrastano i processi ossidativi.
Composizione chimica delle “foglie”
I cladodi della pianta contengono una consistente quantità di acqua, ma rappresentano anche una preziosa fonte di oligoelementi (potassio, magnesio, calcio, ferro, silice), sostanze nutritive (soprattutto fibra grezza, carboidrati) e vitamine, in particolare vitamina C e precursori della vitamina A (beta-carotene, luteina ed alfa-criptoxantina). Nel succo delle foglie non mancano tiamina, riboflavina, niacina, vitamina B6 e folati. Inoltre, nelle foglie del fico d’India si trovano molti aminoacidi, tra cui 7 essenziali.
Quali sono i benefici del fico d’India?
Proprietà fitoterapiche del fico d’India
Recentemente, nel Dipartimento di Medicina di New Orleans (Stati Uniti) è stato dimostrato un possibile effetto nella diminuzione dei sintomi che seguono l’intossicazione alcolica.
Anche l’azione antiossidante del fico d’India è stata dimostrata da uno studio svolto nel Dipartimento di Farmaceutica, Tossicologia e Chimica Biologica dell’Università di Palermo, e nel Dipartimento di Farmacia dell’Università di Gerusalemme: la betanina e l’indicaxantina sono le due sostanze antiossidanti responsabili dell’azione anti-radicalica.
Anche le attività diuretiche e citoprotettrici hanno un fondamento di verità: queste azioni attribuite al fico d’India sono state valutate dal Dipartimento Farmaco Biologico della Facoltà di Farmacia dell’Università di Messina: precisamente, l’attività diuretica è potenziata dall’infuso del frutto e non dal fiore.
Usi nella tradizione
Sono molteplici gli usi del fico d’India: molte usanze affondano le radici nell’antico popolo azteco: già all’epoca, gli Aztechi utilizzavano le foglie del fico d’India per allevare un insetto, il Dactylopius coccus Costa, che serviva per ottenere il rosso di cocciniglia. Dal corpo dell’insetto essiccato veniva estratta la colorazione rossa, tuttora richiestissima in ambito cosmetico, farmaceutico, tessile ed alimentare.
Un tempo, il succo ricavato dalle foglie era utilizzato come lubrificante per agevolare gli spostamenti di grandi massi di pietra; inoltre, associato a miele e rosso d’uovo, sembrava essere utile contro le scottature. Poteva essere usato anche per alleviare infiammazioni, lussazioni e tonsilliti.
Grazie alle risorse vitaminiche, il fico d’India era usato anche dai conquistatori del Messico per contrastare lo scorbuto, malattia da carenza di vitamina C.
I fiori, nella medicina contemporanea messicana, sono utilizzati per contrastare la cistite e come diuretici; i frutti aiutano a bloccare la diarrea ed esercitano azioni astringenti, mentre le fibre e le mucillagini sono tuttora usate come protettrici della mucosa gastrica e come regolatrici della glicemia.
L’opuntia vanta proprietà ipocolesterolemizzanti grazie alla componente fibrosa delle foglie; le mucillagini, oltre a conferire all’omonima pianta proprietà gastroprotettrici, le donano anche proprietà antinfiammatorie e cicatrizzanti. È dimostrato l’effetto positivo, esercitato dalle fibre solubili, nella diminuzione del colesterolo plasmatico e nel ritardare l’assorbimento del glucosio. Nella medicina siciliana popolare, per contrastare le coliche renali si consiglia il decotto di fiori essiccati dell’opuntia. Nel caso di ferite di superficie, si potrebbero sfruttare le mucillagini dei cladodi per le proprietà emollienti, idratanti ed antinfiammatorie.
L’utilizzo del fico d’India è particolarmente interessante anche in cosmesi, per la produzione di creme umettanti, shampoo, saponi, lozioni con azione astringente, e sembra favorire la crescita dei capelli.
Come si usa?
L’uso alimentare dell’opuntia si riferisce ai frutti, ricchi di zuccheri, calcio, fosforo e vitamina C; possono essere utilizzati freschi oppure destinati alla fabbricazione di liquori, gelatine, marmellate, dolcificanti e succhi. Persino i cladodi sono sfruttati dall’industria alimentare: vengono conservati sotto aceto o canditi.
Il fico d’india può essere usato anche come foraggio.
In Sicilia si ha la tradizione di produrre un particolare sciroppo dalla polpa priva di semi: è utilizzato per preparare dolci rustici tipici.
Raccomandazioni
Il frutto non dev’essere mangiato in quantità eccessiva: potrebbe provocare, infatti, blocco intestinale; è per questo sconsigliato nelle persone che soffrono di diverticoli intestinali.
Quanti fichi d’India si può mangiare? E in caso di diabete?
Il frutto non dev’essere mangiato in quantità eccessiva, onde evitare il rischio di blocco intestinale.
E’ fortemente sconsigliato alle persone che soffrono di diverticoli intestinali.
Per le persone sane, il fico d’india può essere consumato nella stessa porzione di quialsiasi altro frutto dolce. Diciamo approssimativamente tra i 150 e i 450 g al giorno.
Anche in caso di diabete mellito, il fico d’india può essere mangiato “normalmente“, a patto che il carico glicemico complessivo, quello dei pasti e l’apporto energetico totale rientrino nei parametri della terapia nutrizionale contro questo dismetabolismo.
Caratteristiche botaniche
Il fico d’india appartiene alla famiglia delle Cactaceae e rappresenta una pianta succulenta che può spingersi fino a 5 metri d’altezza.
I cladodi (o pale, impropriamente chiamate foglie) costituiscono il fusto e si raggruppano formando ramificazioni. Sono ricoperti da una pellicola cerosa che protegge la pianta dall’eccessivo calore, impedendo la traspirazione e proteggendola da un possibile attacco da parte dei predatori.
Dopo quattro anni di sviluppo, i cladodi subiscono una lignificazione, costituendo un vero tronco. Anche l’opuntia, come tutti i cactus, delega la funzione clorofilliana al fusto e non alle foglie; queste sono piccolissime e si trovano solamente nelle pale giovani. Le areole, alla base delle foglie, si sviluppano in spine o in radici particolari chiamate glochidi, oppure in fiori.
Anche il frutto carnoso è coperto da areole; alcune varietà di fico d’India possono non avere spine: il colore della bacca carnosa può presentare una colorazione giallo-arancione, rossa o bianca. Il sapore è dolce e piacevole.
ortaggi antiossidanti, amici del fegato e adatti ai diabetici Dott.ssa Barbara Ziparo
Utili per il fegato e per disintossicare l’organismo, i carciofi sono ortaggi ricchi di principi attivi che conferiscono proprietà depurative, digestive e anti-colesterolo.
Scopri i benefici dei carciofi e come usarli al meglio.
Le proprietà dei carciofi sono conosciute da secoli, soprattutto grazia alla loro azione depurativa sul fegato.
Vediamo insieme le caratteristiche nutrizionali e i benefici di questi ortaggi preziosi. Carciofi: calorie e valori nutrizionali I carciofi hanno poche calorie, circa 22 per 100 grammi di parte edibile, e molte fibre, che contribuiscono all’azione anti-colesterolo e ipoglicemizzante di questi ortaggi. Grazie all’abbondanza di fibre, il carciofo ha un indice glicemico molto basso, che lo rende un alimento adatto ai diabetici. Il caratteristico sapore amaro del carciofo è dovuto ad una sostanza chiamata cinarina, a cui si devono molte delle proprietà benefiche dei carciofi. I carciofi sono inoltre ricchi di nutrienti quali potassio e sali di ferro, mentre hanno una scarso contenuto a livello di vitamine. Troviamo poi alcuni zuccheri consentiti ai diabetici, come mannite e inulina, e altri minerali come rame, zinco, sodio, fosforo e manganese. Il carciofo contiene inoltre mucillagini e piccole quantità di composti flavonoidi con proprietà antiossidanti: beta-carotene, luteina e zeaxantina.
Diamo ora uno sguardo ai valori nutrizionali e le caratteristiche dei componenti principali. VALORI NUTRIZIONALI PER 100G DI CARCIOFI: Acqua 91,3 g kcal 22 Proteine 2,7 g Grassi 0,2 g di cui saturi 0,036 g Carboidrati 2,5 g di cui zuccheri 1,9 g Fibre 5,5 g Potassio 376 mg Ferro 1 mg Magnesio 45 mg Calcio 86 mg Fosforo 67 mg Rame 0,24 mg Zinco 0,95 mg Vitamina B1 0,06 mg Vitamina B2 0,1 mg Vitamina B3 0,5 mg Vitamina A 18 µg Vitamina C 12 mg Indice glicemico 20 Colesterolo 0 g Carciofi: proprietà nutrizionali.
Come abbiamo accennato, i carciofi presentano un’elevata quantità di fibre, diversi minerali (potassio, ferro, magnesio, calcio, fosforo, rame, zinco) e una piccola quantità di vitamine. I minerali più abbondanti sono il ferro e il rame. Ma la sostanza che caratterizza questo ortaggio è sicuramente la cinarina, responsabile di molte proprietà. Vediamo insieme le caratteristiche di questi elementi. Ferro: è un elemento che stimola vari organi quali fegato, milza e intestino. Esso garantisce un corretto apporto di ossigeno alle cellule del nostro organismo in quanto stimola la produzione di emoglobina, proteina di cui fa parte e che è responsabile del trasporto di ossigeno. Il ferro è inoltre importante a livello neurologico, per i neurotrasmettitori dopamina e serotonina. Una carenza di ferro provoca anemia, stanchezza, maggiore suscettibilità alle infezioni, depressione. Rame: è fondamentale per lo sviluppo del sistema nervoso e per il sistema cardiaco. Il rame svolge un ruolo cruciale nella conversione del ferro nella sua forma disponibile ed è importante anche per il sistema immunitario, in quanto mantiene il livello di globuli bianchi. Per queste sue importanti funzioni, una carenza di rame porta a degenerazione del sistema nervoso, insufficienza cardiaca, anemia e indebolimento del sistema immunitario; Cinarina: la cinarina è una sostanza che deriva dall’acido caffeico e ad essa si deve il caratteristico sapore amarognolo del carciofo. La cinarina è capace di abbassare i livelli di colesterolo cattivo, inoltre favorisce la diuresi e la secrezione biliare. Essa però è termolabile, per cui per trarne i benefici è necessario consumare i carciofi crudi. I carciofi, inoltre, contengono carboidrati (inulina e mannitolo) consentiti ai soggetti diabetici e sostanze antiossidanti quali luteina e beta-carotene. Carciofi: benefici per la salute Gli elementi appena visti, lavorando in sinergia, conferiscono ai carciofi proprietà utili per il benessere del nostro corpo. Vediamo allora quali sono i benefici che apportano questi ortaggi alla nostra salute. ✓ Sono diuretici I carciofi stimolano la diuresi grazie alla presenza di potassio e cinarina, per cui sono importanti per la depurazione renale, per abbassare la pressione sanguigna e per contrastare la cellulite.
L’infuso preparato con le foglie di carciofo è l’ideale per stimolare la diuresi ed eliminare le tossine, il sapore è molto amaro ma ne vale sicuramente la pena. ✓ Abbassano i livelli di colesterolo cattivo Il consumo di carciofi, in particolare delle foglie e dell’estratto, si è dimostrato valido nel ridurre i livelli di colesterolo cattivo nel sangue, contribuendo a prevenire le malattie cardiovascolari, grazie alla presenza di inulina, una fibra, e vari acidi. I carciofi, inoltre, sono in grado di ridurre il livello di trigliceridi. ✓ Sono ricchi di antiossidanti Gli antiossidanti sono utili nel contrastare l’azione dei radicali liberi, sostanze che possono favorire l’insorgenza dei tumori. Nei carciofi, in particolare nel cuore, è presente l’acido clorogenico, un forte antiossidante utile nella prevenzione delle malattie cardiovascolari e arterosclerotiche. Nei carciofi sono presenti anche altri antiossidanti, come i polifenoli rutina e quercetina e i flavonoidi. Secondo l’USDA (U.S. Department of Agriculture) i carciofi sono al 7° posto per contenuto di antiossidanti, su 1000 tipi di cibi vegetali. ✓ Aiutano la digestione Questi ortaggi sono da sempre utilizzati per favorire la digestione. Questa proprietà dei carciofi è data dalla presenza di cinarina, sostanza amara che abbiamo già avuto modo di conoscere, la quale favorisce i processi digestivi, in particolare stimolando la secrezione biliare. ✓ Regolano il transito intestinale I carciofi sono ricchi di fibre, per cui sono utili nel regolarizzare il transito intestinale in caso di stipsi e aiutano a ripulire il colon da scorie e tossine. ✓ Carciofi e diabete I carciofi sono ortaggi ideali per i soggetti che soffrono di diabete o per chi deve tenere sotto controllo l’indice glicemico. Infatti questi ortaggi sono ricchi di inulina, una fibra solubile che aiuta a modulare l’assorbimento di glucosio nel sangue, prevenendo picchi glicemici e aiutando, nel complesso, a migliorare il controllo della glicemia nei diabetici. ✓ I carciofi proteggono il fegato La principale funzione del carciofo è sicuramente quella epatoprotettrice. Nelle foglie del carciofo, infatti, è presente la cinarina, una sostanza che favorisce la diuresi e la secrezione biliare per cui è utile in patologie come l’epatite e la cirrosi. Essa però è disattivata dalla cottura, per cui è necessario consumare il carciofo crudo per beneficiare di questa proprietà.
Quanti carciofi mangiare Una porzione di carciofi ripuliti dagli scarti corrisponde a circa 200 grammi o, in modo più pratico, a circa 2 carciofi di medie dimensioni, da consumare anche due o tre volte a settimana o, per gli amanti di questi ortaggi, anche tutti i giorni. In ogni caso, è preferibile alternare i carciofi alle altre verdure di stagione per variare la dieta.
A tal proposito, ricordiamo che i carciofi sono di stagione in primavera e in autunno, a seconda della varietà.
Cosa succede se si mangiano carciofi tutti i giorni. Mangiare carciofi ogni giorno, laddove non sia controindicato, ci permette di aumentare l’apporto quotidiano di fibra, indispensabile per il benessere intestinale e per quello cardiovascolare. Pertanto, un consumo regolare di questo frutto ci aiuta a ritrovare la regolarità intestinale, ad abbassare il colesterolo e a controllare la glicemia. Inoltre, mangiare carciofi ogni giorno aiuta la salute del fegato, favorendone la depurazione e migliorerà i processi digestivi. Infine, se mangiassimo carciofi tutti i giorni forniremo al corpo preziose sostanze antiossidanti, utili nel contrastare i danni provocati dai radicali liberi.
I campi di applicazione che consentono di sfruttare i benefici delle foglie d’olivo sono numerosissimi:
Azione ipotensiva, le foglie d’olivo per abbassare la pressione: utilissima per chi soffre di ipertensione Per le sue proprietà ipotensive è usato per combattere l’ipertensione conseguente agli stati arteriosclerotici delle persone anziane.
Azione cardiotonica: l’estratto di foglie d’olivo, grazie agli antiossidanti presenti nell’olivo, svolge un’azione cardiotonica, regolarizzando i battiti cardiaci.
Azione contro la glicemia: utile nelle forme di diabete grazie all’Oleuropeina e all’acido Elenolico che ha un effetto antidiabetico, riduce il glucosio ematico, abbassa i livelli d’insulina e migliora la tolleranza al glucosio.
Azione contro il colesterolo: abbassando il livello delle lipoproteine a bassa densità (colesterolo cattivo) e alzando quelle ad alta densità (colesterolo buono). Ecco perché l’uso delle foglie d’olivo rientra tra i rimedi naturali contro il colesterolo alto.
Azione astringente: data dalla presenza di tannini, che è utile per la coagulazione dei capillari, dermatiti, eritemi, infiammazioni dell’alto tratto digestivo, diarrea a seguito di infiammazioni gastrointestinali, lesioni aperte, o emorroidi.
Azione febbrifuga: le foglie di olivo sono conosciute anche nell’antichità per le sue proprietà febbrifughe.
Azione dimagrante: una ricerca dell’University of Southern Queensland (Australia), diretta dalla professoressa Lindsay Brown e pubblicata dal “Journal of Nutrition” ha evidenziato come il legame tra antinfiammatori (come le foglie di olivo) e la perdita di peso è un fatto che non tutti conoscono, tuttavia, i risultati ottenuti con le foglie d’olivo hanno sortito effetti nettamente superiori alle aspettative. Le foglie di olivo rientrano quindi tra i rimedi naturali per dimagrire: nemiche naturali dell’obesità, aiutano nella diminuzione del peso e possono essere usate per ridurre il grasso addominale.
Azione antinfiammatoria: le foglie favoriscono la cicatrizzazione, proteggono e tonificano i vasi capillari, leniscono le emorroidi. Grazie a questa azione l’uso delle foglie d’olivo per la prostata riduce il rischio di infiammazione contrastando l’ipertrofia prostatica.
Azione diuretica: è utile nella gotta, nei reumatismi, e nell’obesità.
Azione energizzante: l’estratto di foglie di olivo conferisce un senso di benessere generale, energia e resistenza alla fatica, utile in caso di stanchezza, astenia e sonnolenza. È utilizzato con successo anche in caso di sindrome da Fatica Cronica, spesso associata a disfunzioni del sistema immunitario.
Azione depurativa: le foglie di olivo svolgono un’azione disintossicante generale mirata soprattutto all’eccesso di acidi urici, grassi e zuccheri nel sangue. Inoltre depura il fegato ed è un rimedio naturale per la salute delle vie urinarie
Azione anticellulite: l’estratto di foglie di olivo elimina in pochi giorni le scorie che provocano oppure peggiorano la “buccia d’arancia” e smuovono il grasso nei punti critici. Ad effetto drenante e rassodante, le foglie di olivo si accostano bene ai rimedi naturali per la cellulite.
Azione sull’attività mentale: attraverso l’inibizione dell’enzima responsabile della degradazione di dopamina, serotonina e adrenalina, ne stimola le attività e di conseguenza si ottiene un miglioramento delle attività metaboliche intellettuali (effetto antidepressivo, miglior capacità mnemonica e aiuto per la concentrazione).
Azione antimicotica, antibatterica ed antivirale: attribuibili all’oleuropeina all’acido elenolico che si sono dimostrati molto potenti contro funghi, batteri, virus e retrovirus.
Azione di prevenzione dei tumori: le analisi epidemiologiche hanno mostrato un benefico effetto dell’estratto di foglie d’olivo nella prevenzione dei tumori. Un recente studio dimostra che queste proprietà sono dovute alla frazione fenolica, capace di inibire le fasi d’iniziazione e promozione delle patologie neoplastiche. Previene le malattie degenerative, in particolare il tumore al seno.
Azione antiradicali e antiossidante: l’olivo contrasta bene anche i danni causati dai radicali liberi alle cellule (fenomeno chiamato perossidazione lipidica).
Come fare per preparare l’estratto di foglie di ulivo a casa
Visti i benefici dell’estratto di foglie di olivo, vediamo adesso come prepararlo invece in casa.
È possibile utilizzare foglie fresche o foglie secche.
Utilizzate una grande quantità di foglie di ulivo (100 – 150 foglie fresche) per ogni litro di acqua. Se si utilizzano le foglie secche, riducete la quantità un terzo. Pulite le foglie accuratamente lasciandole in acqua e bicarbonato per alcuni minuti, poi lavatele abbondantemente.
Mettete le foglie in acqua e portare ad ebollizione. Dopo l’ebollizione, abbassate la fiamma e fate sobbollire per 15 minuti.
Dopo la cottura, trasferire l’estratto (solo l’acqua, senza le foglie) in bottiglie di vetro e conservate in frigorifero.
Come usarlo…
La maggior parte delle persone ne prende un cucchiaino tre volte al giorno, durante i pasti. Se trovate che il sapore dell’ estratto sia troppo forte, diluite con un po’ di acqua.
In genere l’utilizzo di questo rimedio non comporta grandi controindicazioni. Potrebbe, però, interferire con alcuni farmaci. Da prestare attenzione se si soffre di pressione bassa. Come regola generale, in questi casi, è sempre meglio consultare il medico prima di farne uso.
descrizione, proprietà utili e coltivazione dell’olivo in casa
L’Ulivo è una pianta assai longeva che può raggiungere alcune migliaia di anni. Questa sua caratteristica è da imputarsi soprattutto al fatto che riesca a rigenerare completamente o in buona parte l’apparato epigeo e ipogeo che siano danneggiati. L’Ulivo è inoltre una pianta sempreverde, ovvero la sua fase vegetativa è pressoché continua durante tutto l’anno, con solo un leggero calo durante il periodo invernale. L’Ulivo è una specie tipicamente basitone, cioè che assume senza intervento antropico la forma tipicamente conica. Lo si può convintamente definire “l’Albero della Vita”
Presidente Giorgio Muffato
L’oliva, membro della famiglia degli olivi, è stata considerata un elemento importante di diverse culture nazionali. Il valore dell’olivo è stato compreso fin dall’età della pietra, ed è stato coltivato e propagato per produrre frutti. L’olivo si presenta spesso sotto forma di arbusto. L’albero o cespuglio è piuttosto simbolico e simboleggia la pace e la longevità. L’olivo conta più di 500 specie, di cui la più diffusa è l’olivo europeo. L’olivo è originario dell’Africa e si trova anche in Australia e in Asia.
Descrizione dell’olivo
L’ulivo, detto anche olivastro. Le foglie sono abbastanza comuni, con un’estremità appuntita e una forma allungata. La parte superiore dell’albero ha foglie di colore verde-blu, mentre le parti centrali e inferiori sono di colore più argenteo. Le foglie non cadono in inverno e vivono per 3 anni. L’albero ha anche fiori color crema, a volte gialli a seconda della varietà. Ricordate anche che i fiori sono unisessuali. Hanno un diametro di circa 5 mm. I fiori di questo albero formano dei pennelli. Su ogni pennello ci sono circa 30 o 40 fiori. Ogni anno di vita questa pianta si allarga e diventa più grande. L’albero è solitamente alto circa 12 metri. Oltre ad arrotondarsi con il tempo, la chioma, il tronco e i germogli diventano sempre più grandi e anche l’apparato radicale cresce.
Il frutto dell’olivo
La fioritura avviene in primavera, di solito in aprile. Gli alberi fioriscono per circa 3 mesi. I frutti compaiono solo dopo l’impollinazione. I frutti dell’olivo sono rotondi e simili a prugne. Le dimensioni sono di circa 1-4 centimetri. Il colore dipende dalla loro età e può essere verde tenue, blu scuro o nero. Gli alberi iniziano a fruttificare a 16 anni, a volte anche più tardi.
Crescita e durata della vita dell’albero
Gli ulivi hanno una vita molto lunga. Alcuni di essi sono antichi fino a migliaia di anni. Con una buona cura l’albero può continuare a dare frutti, basta potarlo per tempo e mantenerlo in salute. L’albero non è esigente per quanto riguarda l’umidità del terreno, ma bisogna comunque prestare attenzione durante la fioritura. Una quantità insufficiente di acqua può influire sui frutti e sul processo di fioritura. L’ulivo deve essere piantato vicino al mare, perché non darà frutti nemmeno con la massima cura se si trova lontano dal mare.
Dieta dei colori: come funziona e quali alimenti scegliere
La dieta dei colori è un modo semplice, visivo e immediato di categorizzare gli alimenti per tonalità.
Infatti, il colore di ogni cibo è spesso determinato da un nutriente principali in esso contenuto. Quindi è sensato supporre che cibi dello stesso colore contengano all’incirca gli stessi elementi nutritivi e, quindi, possano fare bene per determinate carenze o necessità dell’organismo.
Andiamo a vedere nel dettaglio quali sono le “nuance” e le caratteristiche della dieta dei colori!
Come funziona la cromodieta, la dieta dei colori
In pratica, per intraprendere questo vivace piano alimentare, bisognerebbe seguire per ogni giorno della settimana un colore: lunedì rosso, martedì giallo-arancio, mercoledì blu-viola, giovedì verde e venerdì bianco, mescolando i colori solamente nel weekend.
Questo porterebbe un beneficio perché, con una categorizzazione così stringente, risulterebbe più semplice introdurre tutti i micronutrienti, anziché consumarli in modo casuale rischiando di mangiare solo cibi rossi o solo verdi, ad esempio.
Si tratta di un regime alimentare molto semplice da seguire, in realtà, perché non esclude nessun cibo, semplicemente li raggruppa per “Pantone”. È anche molto divertente e colorato, appunto, quindi potrebbe piacere persino ai bambini, che spesso con alcune tipologie di verdure fanno un po’ di fatica. Spiegare loro che è un gioco e che bisogna mangiare tutti i colori per essere sani è un’ottima idea per convincerli che anche i broccoli hanno il loro perché!
È sostanzialmente una dieta plant-based perché, generalmente, questa clusterizzazione dei cibi riguarda principalmente il mondo vegetale, quindi frutta, verdura, germogli, semi e legumi.
Le categorie di alimenti della dieta dei colori
La dieta dei colori o cromodieta suddivide i cibi in 5 macrocategorie, in base alla propria colorazione e, quindi, ai micronutrienti che vi sono contenuti.
Rosso è la categoria di tutti quei cibi contenenti carotenoidi e antiossidanti come il prezioso licopene, ottimo per contrastare i radicali liberi e addirittura con potenzialità di prevenzione tumorale. Un esempio perfetto sono i pomodori, ma anche le fragole, i peperoni o il melograno.
Giallo-arancione è il gruppo a cui fanno capo tutti gli alimenti che contengono vitamine A, B 2 C, betacarotene e flavonoidi, utili per le difese immunitarie, per il benessere della pelle e della vista. Ne sono ricchi agrumi, carote, zucca, melone, albicocche e molti altri vegetali arancioni!
Blu-viola è una nuance particolare che indica la presenza di antocianine e resveratolo, antiossidanti utili per la circolazione, con funzione anti-age e depurativa. Alcuni cibi di questo colore sono i mirtilli e i frutti di bosco in generale, l’uva e le prugne, e anche le bacche di açai.
Verde è il colore degli alimenti ricchi di clorofilla, acido folico e ferro, preziosi sempre ma soprattutto, ad esempio, in gravidanza, per la loro azione antianemica. Ne sono ricchi broccoli, spinaci, cetrioli, kiwi, zucchine… nel caso di carenze, è possibile integrare con prodotti naturali e biologici ricchi di clorofilla come il tè matcha e la spirulina.
Bianco, tipico di finocchi, cipolle, aglio, cavolfiore, ma anche mele, patate e banane, è la colorazione di quei vegetali che contengono polifenoli, flavonoidi e composti solforati, da cui spesso deriva anche un odore pungente – basti pensare ad aglio e cipolla, appunto. Sono molto utili sulla circolazione sanguigna e come regolatori naturali della pressione.
Come consumare i vegetali nella dieta dei colori
Importante ricordare che questi micronutrienti sono molto delicati: sarebbe meglio cercare di consumare questi alimenti in purezza, a crudo o con cotture brevi, in modo da preservarne i benefici. Al contrario, lunghe bolliture e cotture prolungate o eccesso di condimenti acidi e grassi potrebbero diminuirne l’efficacia benefica.
Altro aspetto fondamentale è la stagionalità: sempre bene scegliere prodotti freschi e di stagione piuttosto che intestardirsi a consumare le fragole in dicembre o le arance in estate.
In conclusione, si tratta di un modo simpatico e intuitivo di introdurre le famose “5 porzioni di frutta e verdura quotidiane” che dovrebbero togliere il medico di torno!
E mi raccomando di ricordare il miglior condimento: Olio di Oliva Vergine, l’Extra è un Plus.
Se sei alla ricerca di rimedi naturali per la salute e la bellezza, non cercare la pozione magica, la soluzione ce l’hai sotto agli occhi ed è: l’olio di oliva. L’olio d’oliva è stato usato per secoli come rimedio della nonna per una vasta gamma di problemi di salute e bellezza. Ricco di antiossidanti e acidi grassisani, l’olio di oliva è un ingrediente versatile e nutriente che può essere usato per la cura del corpo e per la cucina.
In questo articolo, esploreremo 5 efficaci rimedi della nonna a base di olio di oliva che sono facili da realizzare a casa e che possono aiutare a migliorare la tua salute e il tuo benessere.
Rimedio 1: Olio di oliva per il cuoio capelluto secco
Se hai il cuoio capelluto secco o pruriginoso, l’olio di oliva può essere un rimedio semplice ma efficace. L’olio d’oliva idrata e nutre il cuoio capelluto, alleviando la secchezza e il prurito.
Ecco come puoi utilizzare l’olio di oliva per il cuoio capelluto secco:
Scalda l’olio d’oliva a fuoco basso per qualche minuto
Applica l’olio caldo sul cuoio capelluto e sui capelli
Copri i capelli con una cuffia per doccia e lascia in posa per 30 minuti
Risciacqua i capelli con shampoo e acqua tiepida
Vedrai, il tuo cuoio capelluto sarà più sano, nutrito e ne gioveranno molto i tuoi capelli in termini di lucentezza e salute generale. Provalo!
Rimedio 2: Olio di oliva per le labbra screpolate
L’olio di oliva nel mondo dell’estetica e più in generale nella cura del corpo, è davvero una fonte infinita di risorse, infatti, se hai le labbra screpolate e secche, l’olio di oliva può aiutarti a idratare e ammorbidire la pelle delle labbra.
Le labbra possono diventare secche e screpolate per vari motivi, come l’esposizione al sole, al vento, al freddo o alla disidratazione. A volte, l’uso di prodotti labbra che contengono ingredienti irritanti può anche peggiorare la situazione.
L’olio di oliva è una soluzione naturale che può aiutare a ripristinare l’idratazione delle labbra secche e screpolate. Esso contiene acidi grassi essenziali e antiossidanti che possono aiutare a nutrire la pelle delle labbra e mantenerla sana.
Ecco come utilizzare l’olio di oliva per le labbra screpolate
Applica l’olio di oliva sulle labbra e massaggi delicatamente: assicurati di coprire completamente le labbra con l’olio. Massaggia delicatamente per alcuni minuti per far penetrare bene l’olio nella pelle delle labbra.
Ripeti questo processo ogni volta che senti le labbra secche: puoi applicare l’olio di oliva sulle labbra ogni volta che le senti secche o screpolate. L’olio di oliva può anche essere utilizzato come balsamo labbra quotidiano per mantenere le labbra morbide e idratate.
L’olio di oliva può essere utilizzato da solo o in combinazione con altri ingredienti naturali per un maggior effetto. Ad esempio, puoi creare un esfoliante labbra fai-da-te mescolando olio di oliva con zucchero di canna e massaggiandolo delicatamente sulle labbra per rimuovere le cellule morte della pelle.
Rimedio 3: Olio di oliva per la digestione e contro la stitichezza
L’olio d’oliva è stato usato con ottimi risultati per migliorare la digestione e prevenire la stitichezza dei soggetti predisposti. Esso, infatti, agisce come un lubrificante naturale per l’intestino, facilitando il transito delle feci.
Vogliamo elencarti 3 modi utili di come puoi utilizzare l’olio di oliva per migliorare la digestione:
Consuma uno o due cucchiai di olio d’oliva al giorno
Mescola l’olio di oliva con il succo di limone per un gusto migliore
Non limitarti solo a questo, ricordati di bere molta acqua durante il giorno per mantenere il tratto intestinale idratato e permettere all’olio di fare effetto
Rimedio 4: Olio di oliva per la pelle secca
La pelle secca può essere causata da molteplici fattori, come l’età, l’esposizione al sole, l’uso di prodotti per la cura della pelle aggressivi o la disidratazione. Un prodotto 100% naturale come l’olio d’oliva, può aiutare a idratare e nutrire la pelle, riducendo la secchezza e il prurito.
Ecco come utilizzare l’olio di oliva se hai problemi di pelle secca
Applica l’olio di oliva sulla pelle secca e massaggi delicatamente: puoi applicare l’olio di oliva direttamente sulla pelle secca, come sulle gambe, sulle braccia o sulla schiena. Massaggia delicatamente l’olio sulla pelle per farlo assorbire bene.
Lascia l’olio sulla pelle per alcuni minuti: dopo aver massaggiato l’olio sulla pelle, lascialo agire per alcuni minuti. In questo modo, la pelle ha il tempo di assorbire l’olio e trarre i suoi benefici.
Dopo aver lasciato agire l’olio sulla pelle, risciacqua con acqua tiepida e asciuga con un asciugamano morbido.
Se hai la pelle molto secca, puoi anche utilizzare l’olio di oliva come maschera idratante per il viso. Mescola l’olio di oliva con un po’ di miele e applica la miscela sul viso.
Lascia agire per 10-15 minuti, quindi risciacqua con acqua tiepida.
L’olio di oliva può essere utilizzato anche come base per unghie e cuticole più sane in questo modo: massaggia un po’ di olio d’oliva sulle unghie e sulle cuticole ogni sera prima di andare a letto per nutrire e idratare queste zone.
Inoltre, se vuoi un trattamento più completo per la pelle secca, puoi aggiungere alcune gocce di olio essenziale di lavanda per aumentare l’effetto calmante e lenitivo sulla pelle.
Rimedio 5: Olio di oliva per la salute del cuore
Infine, l’olio d’oliva è noto per i suoi effetti benefici sulla salute. Sono innumerevoli i benefici dell’olio d’oliva, a partire dagli effetti benefici sul sistema nervoso fino alla prevenzione cardiovascolare. Questo perché contiene acidi grassi sani e antiossidanti che possono ridurre il rischio di malattie cardiovascolari.
Ecco come puoi utilizzare l’olio di oliva per la salute del cuore e più in generale del tuo corpo:
Sostituisci altri grassi (animali) nella tua dieta con olio d’oliva
Utilizza l’olio d’oliva per cucinare piatti a base di pesce, verdure e cereali integrali
Consuma regolarmente una dieta equilibrata e sana per il cuore che comprenda l’olio d’oliva come base di partenza della tua dieta
Infine, l’olio d’oliva può essere utilizzato come rimedio naturale per molti problemi di salute e bellezza, ad esempio è un ottimo rimedio naturale contro il Calazio. Questi rimedi della nonna a base di olio d’oliva sono stati utilizzati per secoli e possono aiutare a migliorare la tua salute e il tuo benessere in modo economico e naturale.
L’olio di oliva è anche economico, facile da trovare e sicuro da utilizzare, senza effetti collaterali indesiderati. Ecco una ragione in più per considerarlo come un tuo alleato di bellezza e salute.
Ecco proprietà, benefici e controindicazioni del cocomero
Dott.ssa Barbara Ziparo
L’anguria aiuta a depurare l’organismo, è diuretica, ha un elevato potere saziante e aiuta a reintegrare i minerali persi con il caldo.
Scopriamo le proprietà del frutto estivo per eccellenza.
L’anguria o cocomero è un frutto dalla forma rotonda oppure ovale ed è molto voluminoso e pesante, arrivando a pesare anche 20-25 kg. Di cocomero ne esistono circa 50 specie. L’ultima arrivata in commercio è l’anguria baby, una tipologia di piccole dimensioni, che vedremo più nel dettaglio fra poco. La pianta del cocomero appartiene alla famiglia delle Cucurbitaceae, la stessa di cetrioli, zucchine, zucca e melone. Si tratta di una pianta erbacea annuale che arriva a produrre anche 100 angurie per esemplare. L’anguria matura da giugno a settembre, quindi è un frutto tipicamente estivo. È dotato di molte proprietà terapeutiche, come vedremo insieme successivamente.
Vediamo ora le proprietà nutrizionali che caratterizzano questo frutto. L’anguria è un frutto ricchissimo di acqua, che rappresenta circa il 91%, e ha un elevato potere saziante. Il suo contenuto calorico è bassissimo: 100 gr di cocomero apportano solo 30 calorie, quindi una fetta media di anguria, che può pesare intorno ai 200-250 grammi (considerando solo la parte edibile, senza buccia), apporterà 60-70 calorie circa. Queste caratteristiche, unite al buon potere saziante, ne fanno un prezioso alleato della dieta. Il cocomero, inoltre, sebbene sia un frutto piuttosto dolce, ha un contenuto di zuccheri moderato (circa il 4%) ed inferiore rispetto ad altri frutti. L’anguria è quindi un frutto dissetante, perfetto per l’estate, e contiene diversi tipi di vitamine e minerali, quindi è ottima per recuperare le sostanze perse con la sudorazione e in caso di spossatezza dovuta all’afa estiva. Presenta inoltre diversi tipi di antiossidanti come il licopene, a cui deve il suo colore rosso. Quasi nullo, invece, l’apporto di grassi.
Anguria: proprietà nutrizionali L’anguria è fonte di minerali, in particolare potassio, fosforo e magnesio, e di vitamine, soprattutto la Vitamina C. Questo frutto è ricco di antiossidanti come il beta-carotene, precursore della Vitamina A, e il licopene, tipico del pomodoro e dei vegetali rossi. L’anguria è ricca anche di un particolare amminoacido, la citrullina.
Vediamo nel dettaglio queste sostanze. Potassio: l’anguria è una buona fonte di potassio, minerale che ha la proprietà di abbassare la pressione arteriosa, in quanto favorisce l’eliminazione dei liquidi in eccesso contrastando la ritenzione idrica, e regola il battito cardiaco; Fosforo: il fosforo, contenuto in buone quantità nel cocomero, svolge varie funzioni importanti nell’organismo. Regola il pH, fa parte della frazione minerale di ossa e denti, è costituente di proteine ed enzimi, partecipa all’attivazione di alcune vitamine e ai processi di riparazione delle cellule; Magnesio: nel cocomero troviamo anche una discreta quantità di questo minerale, che trasmette gli impulsi nervosi, regola il ritmo del cuore e la contrattilità muscolare; Vitamina C: l’anguria è una buona fonte di Vitamina C, un potente antiossidante naturale in grado di contrastare l’azione dei radicali liberi e prevenire l’invecchiamento cellulare. Essa stimola anche il sistema immunitario e la produzione di collagene; Beta-carotene: si tratta di un pigmento ad azione antiossidante che conferisce il tipico colore giallo-arancione ai vegetali. Rappresenta il precursore della Vitamina A che svolge numerose funzioni nel nostro organismo in quanto è fondamentale per la crescita e la differenziazione cellulare, intervenendo nello sviluppo embrionale, protegge la funzione visiva, è indispensabile per la crescita ossea e mantiene sana la pelle; Licopene: l’anguria è una fonte naturale di licopene, un carotenoide responsabile della colorazione rossa dei vegetali come pomodori, anguria e frutti rossi. Possiede una spiccata attività antiossidante, che lo rende efficace nella prevenzione dei tumori e nella lotta all’invecchiamento. Ha anche un’azione antinfiammatoria, inibisce la formazione delle placche aterosclerotiche e protegge gli occhi dalle degenerazione che si ha con l’avanzare dell’età; Citrullina: si tratta di un amminoacido contenuto nell’anguria e che le conferisce alcune delle sue proprietà. La citrullina previene l’ipertensione e protegge l’apparato cardiovascolare in quanto è in grado di equilibrare la pressione e di mantenere elastiche le pareti arteriose. Questo amminoacido viene inoltre utilizzato per la disfunzione erettile, in quanto sarebbe capace di far raggiungere e mantenere l’erezione garantendo la concentrazione necessaria di ossido nitrico.
Anguria: benefici per la salute Grazie alle sostanze in essa presenti, l’anguria possiede numerose proprietà benefiche per l’organismo. In breve, il cocomero fa bene al cuore in quanto aiuta a ridurre la pressione, favorisce l’eliminazione dei liquidi in eccesso, è antiossidante e remineralizzante, ma non solo. Vediamo le principali virtù benefiche di questo frutto.
✓ Combatte l’ipertensione e aiuta a ridurre il colesterolo Il cocomero fa bene all’apparato cardiocircolatorio in quanto aiuta ad abbassare la pressione. Questa proprietà è dovuta alla presenza di 2 sostanze che aiutano entrambe ad equilibrare la pressione: il potassio e della citrullina, un aminoacido che migliora i livelli di ossido nitrico nel corpo, una molecola che favorisce la dilatazione delle pareti dei vasi sanguigni. L’anguria, inoltre, è povera di sodio. A questo si aggiunge la presenza di licopene, che conferisce all’anguria la capacità di abbassare il colesterolo e prevenire i danni causati dallo stress ossidativo. [1, 2]
✓ Contrasta la cellulite L’anguria è un frutto ricchissimo di acqua e altamente diuretico, quindi contrasta la ritenzione idrica favorendo l’eliminazione dei liquidi in eccesso. Questo è naturalmente benefico per l’apparato circolatorio, riducendo la formazione della tanto odiata cellulite.
✓ È remineralizzante Il cocomero è fonte di minerali e vitamine importanti, che vanno reintegrati specialmente in estate a causa dell’aumento della sudorazione dovuta al caldo eccessivo. Una bella fetta d’anguria vi rinfrescherà e vi farà riprendere dalla spossatezza.
✓ Previene la cistite Essendo un frutto altamente diuretico, l’anguria aiuta la disintossicazione dei reni e della vescica contrastando la crescita dei batteri, aiutando quindi a prevenire la cistite.
✓ È antiossidante L’anguria contiene sostanze ad azione fortemente antiossidante, che prevengono i tumori in quanto contrastano l’azione dei radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare. Tra questi ricordiamo la Vitamina C, il licopene e il beta-carotene.
✓ Contrasta la disfunzione erettile, favorendo la fertilità L’amminoacido citrullina presente nell’anguria, convertito nell’organismo in arginina, è in grado di mantenere le giuste concentrazioni di ossido nitrico permettendo di far raggiungere ma anche di mantenere l’erezione. Ne consegue un effetto benefico per chi soffre di disfunzione erettile.
✓ Combatte la stanchezza Il consumo regolare di anguria in estate contrasta la stanchezza e la debolezza grazie al buon quantitativo di sali minerali. Inoltre, l’anguria è anche una fonte di L-citrullina, un aminoacido non essenziale utile nel recupero muscolare dopo un allenamento.
✓ Favorisce la perdita di peso L’alto contenuto di acqua dell’anguria conferisce un elevato senso di sazietà. Questa caratteristica insieme alle poche calorie dell’anguria, ne fanno un alleato ideale per chi sta seguendo un regime dietetico ipocalorico o per chi vuole mantenersi leggero.
✓ Mantiene il benessere della pelle Grazie al contenuto di beta-carotene, il consumo di anguria ritarda l’invecchiamento della pelle e la mantiene elastica. La vitamina C, invece, assicura la produzione di collagene indispensabile per una pelle sana.
✓ È afrodisiaca La citrullina contenuta nell’anguria è un amminoacido che favorisce la vasodilatazione stimolando quindi il desiderio sessuale.
✓ Ha proprietà antinfiammatorie Questa proprietà dell’anguria avviene grazie al licopene, un antiossidante ad azione antinfiammatoria che previene l’insorgenza dei tumori e promuove la salute del cuore e delle ossa.
Quanta anguria mangiare Una porzione di anguria che possa offrire tutti i benefici visti sopra senza appesantire o influire sulla linea è di circa 200 grammi (il peso di riferisce alla parte edibile, quindi non si considera la buccia esterna). Quando è di stagione, nel periodo estivo, possiamo consumare anche due porzioni al giorno di cocomero, possibilmente lontano dai pasti principali per non appesantire la digestione.
Come scegliere un’anguria al giusto punto di maturazione? Quando acquistate l’anguria a fette, preferite i frutti dal colore rosso vivido. Eventuali piccole crepe nella polpa interna possono indicare la presenza di un frutto particolarmente dolce e zuccherino. Evitate, invece, l’acquisto di frutti con polpa particolarmente scura e molle, significa che l’anguria è troppo matura. Quando acquistate l’anguria intera, per verificarne il corretto punto di maturazione è necessario controllare la buccia: deve essere liscia, dura e dal color verde brillante con alcune sfumature giallastre, inoltre colpendola leggermente con le nocche della mano il suono deve risultare sordo.
Anguria: consigli per mangiarla Il modo migliore per consumare l’anguria è sicuramente quello di gustarla fresca a colazione, o come spuntino di metà mattina o metà pomeriggio.
Con l’anguria possiamo anche preparare un fresco e dissetante succo. Per farlo possiamo usare un estrattore o un frullatore. In ogni caso, per fare il succo di anguria è necessario eliminare la buccia esterna, tagliare il cocomero a pezzettini e inserirlo nell’elettrodomestico.
gli errori da non commettere per evitare conseguenze negativeScongelare la carne ancora congelata, metterla sul ripiano sbagliato del frigo, lavarla sotto l’acqua corrente: sono questi, e molti altri, gli errori che si possono commettere quando si scongela la carne, con conseguenze pericolose per la salute. Ecco quali sono i più gravi, assolutamente da evitare.
La maggior parte di noi si dimentica di togliere la carne dal congelatore per tempo e cerca di risolvere all’ultimo minuto: anche se ci sono alcune tecniche sicure che possono essere utilizzate per accelerare il processo di scongelamento, come la funzione defrost del microonde, altre sono semplicemente cattive idee che possono avere conseguenze disastrose. La carne cruda può rivelarsi terreno fertile per batteri pericolosi se non viene trattata adeguatamente. Ecco quindi alcuni suggerimenti importanti per evitare di scongelare male la carne e le possibili conseguenze negative che ne derivano.
Scongelare in acqua calda
L’acqua calda crea le condizioni ideali per la proliferazione dei batteri, quindi qualsiasi tipo di carne posta in acqua calda diventerà un terreno di coltura ideale per i batteri. Se proprio dovete, mettete la carne in acqua a temperatura fredda, assicurandovi di cambiare l’acqua circa ogni mezz’ora, fino a quando il pezzo di carne non si sarà scongelato. La cosa migliore, però sarebbe quella di rispettare la catena del freddo, quindi far scongelare la carne in frigo e solo dopo a temperatura ambiente: mai, in ogni, caso, in acqua calda.
Sciacquare la carne cruda
Un errore che commettono in tanti è quello di lavare la carne congeleta: sbagliato. In genere non è una buona idea sciacquare o lavare la carne: non solo non serve a niente, ma lavandola i batteri schizzano ovunque. Gli schizzi sono ovviamente molto difficili da controllare, quindi è molto meglio evitarlo.
Il microonde senza defrost
Come dicevamo, la funzione defrost è molto utile per scongelare la carne. Ma non tutti i forni a microonde ce l’hanno, soprattutto i modelli vecchi: vietato scongelare la carne con funzioni che non siano quella del defrost, perché equivarrebbe a cuocerla da congelata.
Cucinare la carne congelata
Vi piace la carne dura e bollita? Se la risposta è no, evitate di cucinare la carne da congelata. Sebbene questa tecnica non sia necessariamente pericolosa, cucinare la carne ancora congelata non fa altro che cuocerla nei suoi stessi succhi, provocando un effetto bollito: inoltre lo shock termico rovinerà la consistenza della vostra carne, rendendola dura e stoppacciosa.
Non marinare la carne correttamente
Durante la marinatura della carne, non lasciatela scoperta, poiché ciò potrebbe non solo causare il deterioramento della carne, ma anche diffondere batteri ad altri cibi, finendo per contaminarli. Mettete la carne in un sacchetto di plastica ben sigillato all’interno del frigorifero, o anche in un contenitore di plastica con chiusura ermetica.
Non conservare la carne sul ripiano inferiore
Quando la scongelate in frigorifero, cosa che resta l’opzione più salutare, mettete sempre la carne sul ripiano inferiore. Se utilizzate il ripiano più alto, i succhi della carne potrebbero gocciolare e contaminare ciò che si trova sotto. Quindi, fate attenzione e mettete la vostra carne sul ripiano inferiore.
Contaminazione incrociata
C’è una semplice regola da seguire: non lasciare mai che la carne cotta venga messo vicino a della carne cruda. Ciò porterà alla contaminazione incrociata, un effetto che può avere conseguenze mortali. Quindi, assicuratevi di tenere la carne cruda e tutti gli utensili che sono entrati in contatto con essa lontani da prodotti che non saranno cotti o che sono già stati cotti.
Da tempi oramai immemorabili la pianta del fico viene apprezzata per i suoi frutti omonimi, dolcissimi, carnosi e squisiti, che attirano la curiosità anche di insetti ed uccelli.
Il fico è una pianta xerofila, dunque adattata in ambienti aridi dal clima caldo e siccitoso, ed è perciò tipica delle zone subtropicali e temperate.
Fico domestico (pianta femmina)
La pianta femmina del fico si distingue per il fusto massiccio e possente, avvolto da una corteccia liscia color grigio; l’apparato radicale è piuttosto espanso, seppur superficiale. La pianta femmina del fico più raggiungere altezze considerevoli, superando talvolta gli 8-10 metri di altezza. Il fico femmina si distingue anche e soprattutto per tre fattori:
Presenza di fiori prettamente femminili
Produzione di fichi primaticci (o fioroni) e di fichi veri. I primaticci iniziano a formarsi in autunno e sono caratterizzati da fiori femminili sterili, mentre i fichi veri, nati a primavera e maturati in estate, portano fiori femminili che possono essere sia fertili sia sterili, in base alla specie considerata.
Ha la funzione di produrre i semi contenuti nel frutto
Caprifico (pianta maschio)
Se nella pianta femmina del fico nascono solamente quelli femminili, nel maschio i fiori sono anche maschili, oltre ad essere femminili. I frutti prodotti non sono commestibili; il fico maschio ha la funzione di produrre il polline.
Proprietà Nutrizionali
Come tutti sappiamo, i fichi sono frutti altamente energetici: forniscono, infatti, 47 Kcal per 100 grammi di prodotto.
L’acqua ne costituisce l’82% in peso.
Nel fico si annovera un cospicuo contenuto di carboidrati (11%), circa il 2% di fibre, l’1% di proteine e pochissimi grassi (0,2%).
I fichi sono un concentrato di sali minerali, in particolare potassio, magnesio e ferro ma anche le vitamine antiossidanti rivestono un ruolo importante.
Benefici
Il fico non è solamente un frutto squisito e succulento: il suo impiego è sfruttato anche in ambito fitoterapico per le molteplici virtù terapeutiche.
In questi ultimi anni, il valore nutritivo dei fichi è stato esaltato per la ricerca delle sostanze chimiche in essi contenute:
Proprietà emollienti ed espettoranti dei frutti del fico;
Proprietà rimineralizzanti;
Proprietà bechiche (allevia la tosse persistente) ed emmenagoghe (foglie e frutti);
Proprietà cheratolitiche del lattice: l’applicazione di lattice direttamente nella puntura d’insetto attenua il dolore in situ;
Proprietà caustiche: il lattice sgorgante dai tagli è ricco di proteasi ed amilasi: a tal proposito, risulta un buon rimedio naturale per eliminare le verruche. Ad ogni modo, il lattice del fico dev’essere comunque utilizzato con cautela, per evitare di subire pesanti irritazioni della pelle;
Virtù antinfiammatorie, digestive, emmenagoghe attribuite per lo più alle foglie contenenti cumarine, furocumarine (possono creare episodi di fotosensibilizzazione), bergaptene e psoralene. In alcuni soggetti sensibili, il semplice contatto con le foglie può generare fenomeni di irritabilità della pelle, enfatizzati dall’esposizione al sole. È pertanto consigliato il tempestivo risciacquo con acqua fresca in seguito al contatto con le foglie di fico, oltre all’immediato allontanamento dalle fonti solari per alcune ore;
Proprietà caglianti: in passato, il lattice del fico veniva impiegato per cagliare il latte;
Potenziali proprietà abbronzanti: la diffusa usanza di applicare lattice di fico sulla pelle per facilitare l’abbronzatura dev’essere rivalutata. È stato osservato che l’applicazione di lattice di fico sulla cute prima di un’esposizione solare è pericolosa per la pelle, nonché irritante: infatti, questa pratica va screditata perché responsabile di ustioni e lesioni cutanee talvolta gravi;
Proprietà anitisecretive gastriche (macerato di gemme di fico).
L’aceto è un liquido acido ottenuto per fermentazione ad opera di batteri del genere Acetobacter. Molto utilizzato per la marinatura o come condimento ipocalorico ha anche proprietà antiglicemiche e sazianti.
L’aceto è un liquido acido che viene ottenuto per fermentazione ad opera di batteri del genere Acetobacter, che, in presenza di aria e acqua, ossidano l’etanolo contenuto nel vino trasformandolo in acido acetico.
Calorie e valori nutrizionali
Grazie al ridotto apporto energetico, l’aceto può essere consumato liberamente come condimento, anche in caso di sovrappeso o obesità.
In 100 ml di aceto, troviamo:
• 14 kcal; • 0 g di grassi e grassi saturi; • 0,6 g di carboidrati e zuccheri solubili; • 0 g di fibre.
Proprietà dell’aceto
Grazie alla presenza di acido acetico, l’aceto promuove un miglior controllo della glicemia e della pressione arteriosa.
Inoltre, rallenta lo svuotamento gastrico, contribuendo al senso di sazietà. Per questo motivo, può aiutare a consumare porzioni moderate di cibo, riducendo l’introito calorico e favorendo la perdita di peso.
Infine, l’aceto vanta proprietà antimicrobiche, infatti, viene utilizzato anche per la conservazione di alcuni alimenti.
Controindicazioni
È sconsigliato per i soggetti diabetici o con ipertensione, poiché potrebbe avere un effetto additivo, se combinato al trattamento farmacologico di tali patologie. Inoltre, è da evitare in caso di reflusso gastroesofageo e gastrite, in quanto potrebbe esacerbarne la sintomatologia.
Diversi tipi di aceto
Secondo la legislazione italiana, si divide in cinque categorie:
Aceto comune: prodotto con vino non pregiato mediante fermentazione rapida, chiarificato e filtrato;
Aceto di qualità: prodotto con vino pregiato, mediante fermentazione lenta e successivo invecchiamento in botti di legno;
Aceto aromatizzato: prodotto con aceto di qualità a cui vengono aggiunte erbe aromatiche;
Aceto decolorato: aceto comune decolorato, destinato all’industria alimentare per la conservazione degli ortaggi sottaceto;
Aceto speciale: identifica diversi tipi speciali di aceto, fra cui quello balsamico di Modena.
Materia prima e aceto
Inoltre, oltre che dal vino, l’aceto può derivare dalla fermentazione di diverse materie prime. In base all’origine, distinguiamo:
Aceto di birra;
aceto di mele;
aceto di riso;
aceto di miele;
aceto di malto d’orzo.
Utilizzi
Si può usare l’aceto come condimento per insaporire i propri piatti, come insalate o secondi, soprattutto se alla griglia. Inoltre, l’aceto è ideale anche per la marinatura di carne e pesce.
Per usufruire delle proprietà antiglicemiche e sazianti dell’aceto, si può preparare una bevanda da consumare prima del pasto, aggiungendo un cucchiaio di aceto per ogni bicchiere d’acqua. In questo caso, è preferibile utilizzare l’aceto di mele, dal gusto più delicato.
Le fragole riducono il rischio cardiovascolare e l’infiammazione, allontanando le malattie croniche. Vediamo insieme tutte le proprietà delle fragole e come consumarle!
Le fragole sono un prezioso alleato per la nostra salute, infatti, sono ricche di antiossidanti ed altri importanti nutrienti che contrastano l’invecchiamento e tutte le malattie ad esso associate.
La stagione delle fragole va da marzo a luglio, scopriamo insieme perché è importante consumarle e quali sono tutti i benefici delle fragole e le proprietà nutritive delle fragole.
Descrizione delle fragole
Le fragole sono il frutto della pianta di fragole, che si è originata in Europa nel IVIII secolo e che appartiene al genere Fragaria e alla famiglia delle Rosaceae.
Il periodo delle fragole va da fine marzo a fine luglio, in base alla specie considerata.
Cosa contengono le fragole
Le fragole sono ricche di preziosi nutrienti, tra cui:
Numerosi antiossidanti, come le antocianine e l’acido ellagico;
minerali come manganese e potassio;
le principali vitamine della fragola sono la vitamina C e vitamina B9 (folati);
fibre;
i carboidrati delle fragole ne rappresentano circa il 5 %;
gli zuccheri nelle fragole ne rappresentano circa il 5 %;
le calorie delle fragole sono circa 27 per 100 g di prodotto netto.
Proprietà e benefici delle fragole
Le fragole sono un concentrato di numerosi micronutrienti utili per la salute. Vediamo quali sono le principali proprietà della fragola:
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Le fragole riducono il rischio cardiovascolare, sono, quindi, preziose alleate della salute del cuore;
il consumo di fragole è stato associato ad un minor rischio di cancro;
le fragole hanno una potente attività antiossidante e antinfiammatoria;
migliorano i livelli di glucosio e grassi nel sangue.
Calorie e valori nutrizionali delle fragole
Ecco quali sono i valori nutrizionali della fragola per 100 g:
27 kcal
Proteine 0,9 g
Lipidi 0,4 g
Carboidrati 5,3 g
Zuccheri 5,3 g
Fibra 1,6 g
A cosa fanno bene le fragole
I benefici delle fragole sono numerosi, ma, in particolare, le fragole fanno bene alla salute del cuore, della pelle, del sistema immunitario e, in generale, per ridurre lo stato infiammatorio.
Quante fragole si possono mangiare al giorno?
Una porzione standard di frutta fresca è di 150 g. Le linee guida consigliano il consumo di 3 porzioni di frutta fresca al giorno, da variare in base alla stagionalità.
Curiosità sulle fragole
Le fragole vengono erroneamente definite “frutto”. In realtà, ne rappresentano solo la parte edibile della pianta di fragole, in quanto, botanicamente, il frutto vero è proprio è rappresentato dagli acheni, ovvero, i piccoli semini gialli presenti sulla superficie delle fragole.
Le foglie di olivo sono conosciute per le loro proprietà antiossidanti e utili contro il colesterolo alto, ma non solo: vediamo di cosa si tratta e come trarne beneficio.
Foglie di olivo: le proprietà benefiche Come si usano gli estratti di foglie di olivo Infuso di foglie di olivo: benefici e preparazione
Le foglie di olivo derivano dalla pianta di Olea europea, un albero diffuso nel nostro Paese e particolarmente longevo, nonché amante dei climi caldi e soleggiati. Si tratta di una pianta sempreverde, appartenente alla famiglia delle Oleaceae e nativa dell’Asia Minore, sebbene cresca in tutta l’area mediterranea. L’ulivo è l’albero produttore delle olive, i frutti dai quali viene ricavato l’olio di oliva. Quest’ultimo si colloca tra i protagonisti indiscussi della dieta mediterranea.
Sebbene le olive e il suo olio siano i prodotti più conosciuti ed utilizzati di questo albero, non tutti sanno che anche le foglie racchiudono diverse potenzialità e si possono usare in erboristeria per diversi scopi: fresche o essiccate, esse vantano antiche applicazioni medicinali, oggi indagate anche a livello sperimentale.
Foglie di olivo: le proprietà benefiche
L’ estratto di foglie di olivo si caratterizza per la rilevante presenza di composti fenolici. Tra questi, spiccano l’oleuropeina, che è il componente più abbondante, e il verbascoside, ma anche l’idrossitirosolo, i flavoni e i flavonoli. Ai componenti bioattivi appena accennati vengono attribuite alcune proprietà benefiche per la salute umana. Si evidenziano, nello specifico, proprietà antiossidanti e antipertensive, ma anche proprietà ipoglicemizzanti, ipolipemizzanti e cardioprotettive. Non mancano effetti benefici sulla perdita del peso in eccesso, effetti antinfiammatori e potenzialità antimicrobiche. Dunque, consideriamo tali proprietà più nel dettaglio.
✓ Proprietà antiossidanti Il danno ossidativo che si correla all’eccesso di radicali liberi rappresenta un aspetto di grande interesse, poiché si associa a svariate patologie croniche: da qui la ricerca di agenti antiossidanti naturali. In tale contesto rientrano quindi le foglie di olivo che, grazie alle loro proprietà antiossidanti, svolgono attività neutralizzanti sulle specie chimiche reattive, per lo più derivanti da un’azione sinergica dei componenti fenolici. ✓ Proprietà antipertensive L’attività benefica sulla pressione arteriosa è stata suggerita da alcuni studi, condotti sia su animali da laboratorio che sull’uomo. In quest’ultimo caso, il trattamento continuativo con estratti di foglie di olivo, nella dose giornaliera di 1000 mg (per 8 settimane), ha mostrato effetti attenuanti sulla pressione arteriosa sistolica e diastolica. La proprietà in questione è stata attribuita all’oleuropeina. Se siete interessati ad approfondire l’argomento vi invitiamo a leggere: Come abbassare la pressione alta: consigli e rimedi efficaci. ✓ Proprietà ipoglicemizzanti Esperimenti effettuati su topi diabetici hanno evidenziato le proprietà benefiche degli estratti di ulivo sui livelli di glicemia. A tal proposito, gli estratti fogliari e, in particolare, i componenti oleuropeina e idrossitirosolo, sono riusciti ad abbassare i livelli di glucosio ematico a tutte le concentrazioni testate. Le proprietà ipoglicemizzanti dell’oleuropeina vengono in parte attribuiti ai suoi effetti antiossidanti. ✓ Proprietà ipolipemizzanti e antiobesità L’apporto dei componenti fenolici, presenti tanto nelle foglie di olivo quanto nell’olio d’oliva, vengono associati alla minore incidenza delle malattie cardiovascolari. Sulla base di alcune osservazioni sull’uomo, gli estratti di olivo possono agire sul profilo lipidico, abbassando i livelli di colesterolo totale, colesterolo LDL e trigliceridi. Altre indagini condotte su animali da laboratorio suggeriscono effetti positivi anche per i livelli di colesterolo HDL. Interessanti, inoltre, gli effetti benefici sul controllo del peso corporeo. In particolare, sembra che l’oleuropeina possa modulare le vie implicate nel metabolismo energetico e nell’accumulo del tessuto adiposo. ✓ Proprietà antinfiammatorie e anti-artritiche Gli effetti benefici degli estratti fogliari sembrano espletarsi anche sulle condizioni dolorose. Sulla base di esperimenti in vivo, i componenti bioattivi delle foglie di olivo possono agire sul dolore articolare, sulle condizioni dolorose di natura traumatica e sui sintomi della colite cronica, riducendo i livelli dei mediatori (citochine) pro-infiammatori. In aggiunta, sembra che l’oleuropeina possa contrastare l’accumulo di acido urico inibendo l’enzima xantina ossidasi: ciò si renderebbe utile nel trattamento della gotta. ✓ Proprietà antimicrobiche Tra i benefici dell’olivo e, in particolare, dei suoi estratti fogliari, risulta una spiccata attività antimicrobica, che sembra esplicarsi su diverse tipologie di microrganismi, come funghi e batteri. Sebbene l’oleuropeina sia la sostanza maggiormente implicata nelle potenzialità medicinali degli estratti, l’attività antimicrobica risulta significativa se derivante dalla sinergia di tutti i componenti fenolici.
Come si usano gli estratti di foglie di olivo In virtù delle loro proprietà benefiche Gli estratti di foglie di olivo vengono impiegati nella produzione erboristica. Essi sono presenti in commercio nel formato di capsule o compresse, ma anche sotto forma di estratto idroalcolico (gocce). Ciascun prodotto avrà una posologia specifica, relativa a modalità, quantità e tempi di assunzione. Oltre agli estratti, è possibile beneficiare delle proprietà delle foglie di ulivo anche a partire dalle foglie tal quali, solitamente utilizzate per la preparazione di infusi, tisane e decotti. È molto semplice reperire le foglie di olivo in erboristeria, già essiccate e confezionate: in alcuni casi, le foglie vengono triturate e poste in commercio come polvere o filtri monodose. Quando possibile, le foglie possono essere raccolte dalla pianta e usate fresche, oppure lasciate essiccare prima dell’utilizzo. Infuso di foglie di olivo: benefici e preparazione. Benefici dell’infuso con foglie di olivo I benefici delle foglie di olivo vengono apprezzati ricorrendo alle formulazioni suddette (capsule, gocce, ecc.), sebbene la preparazione di un classico infuso rappresenti la modalità più gettonata. Alla tisana di foglie di ulivo vengono attribuiti gli effetti curativi descritti poco fa, per cui essa sembrerebbe agire sull’infiammazione e sul dolore, ma anche sul controllo glicemico, sulla pressione arteriosa e sui livelli di colesterolo. Secondo alcuni, le foglie di olivo fanno bene a stomaco e tratto digerente in toto, prestandosi come rimedio anti-acido: l’infuso potrebbe dunque alleviare i sintomi di gastrite e reflusso. Come preparare la tisana con foglie di olivo La preparazione dell’infuso con foglie di olivo è decisamente semplice. Basta scaldare l’equivalente di una tazza d’acqua (circa 250 – 300 ml), spegnere il fuoco una volta raggiunto il punto di ebollizione e lasciarvi in infusione 5 – 10 g di foglie essiccate. Trascorsi 8/10 minuti, è possibile rimuovere le foglie e consumare l’infuso. In alternativa alle foglie essiccate, è possibile utilizzare anche le foglie fresche, raddoppiandone le quantità. Come anticipato nel paragrafo precedente, è possibile realizzare gli infusi anche a partire dalle foglie triturate (polvere o filtri), seguendo dosi e modalità di ciascun prodotto.
Talvolta utilizzati come sinonimi, i termini “infuso” e “tisana” rappresentano, in realtà, due preparazioni diverse. La sottile differenza consiste più negli ingredienti che nella modalità di preparazione, che di fatto resta la stessa. A tal proposito, la tisana si compone di più erbe medicinali, affiancando all’ingrediente di base (in questo caso le foglie di olivo) altri componenti botanici. Tra questi rientrano, ad esempio, la radice di liquirizia e le bacche di momordica, ma anche la gymnema, la verbena e la melissa. La composizione della tisana può dunque variare, vantando effetti sinergici o aggiuntivi. Ancora diverso è il decotto di foglie di olivo, che si prepara ponendo in ebollizione anche le foglie (quindi per l’infuso non è prevista ebollizione mentre per il decotto si). Talvolta, la fase di ebollizione richiede tempi più lunghi (es.: 15-20 minuti), ed è seguita da una fase di infusione a fuoco spento di circa 5 – 10 minuti. Sia per la tisana che per il decotto è possibile utilizzare sia le foglie secche che fresche, raddoppiandone, in quest’ultimo caso, le quantità. Sebbene sia preferibile non aggiungere lo zucchero o altre sostanze dolcificanti, è possibile “aggiustare” il sapore di ciascun preparato con poche gocce di stevia. Quando assumere l’infuso L’infuso può essere consumato più volte al giorno, ma è preferibile assumerlo in orario mattutino e a stomaco vuoto. Ad ogni modo, tale indicazione può variare a seconda delle finalità ricercate: per il trattamento dei disturbi gastrici, ad esempio, potrebbe essere utile assumerlo dopo un pasto importante, mentre per il trattamento dell’ipercolesterolemia potrebbe essere vantaggioso assumerlo di sera, prima di coricarsi. Il periodo di assunzione può andare da alcune settimane a pochi mesi, a seconda del soggetto e della finalità curative. Controindicazioni e interazioni delle foglie di olivo Sia per gli infusi (o tisane, o decotti) che per gli integratori a base di foglie di olivo sono da tenere a mente alcune controindicazioni. In gravidanza e in allattamento, così come in caso di ipersensibilità verso uno o più componenti della pianta, il loro utilizzo è infatti sconsigliato. Le terapie farmacologiche finalizzate al controllo della pressione arteriosa e al controllo glicemico potrebbero essere incompatibili con l’assunzione dei prodotti in questione, che risultano quindi sconsigliati. Come già riportato in relazione alle tisane, gli estratti di foglie di ulivo potrebbero potenziare gli effetti di altri estratti botanici, come, a titolo di esempio, gli effetti ipoglicemizzanti della momordica e della gymnema. In caso di patologie, anche pregresse, trattamenti farmacologici e quant’altro, è buona norma ricorrere al parere del medico prima di procedere all’utilizzo delle foglie d’olivo (sia sotto forma di integratori che di infuso/tisana/decotto).
Dove trovare le foglie di olivo I prodotti ricavati a partire dalle foglie di ulivo sono facilmente acquistabili presso farmacie, parafarmacie ed erboristerie fisiche, sebbene siano reperibili anche attraverso il web. Oltre che nelle erboristerie e presso i negozi “bio”, le foglie essiccate di olivo possono essere raccolte direttamente dalla pianta, purché non sottoposta, in precedenza, a trattamenti chimici di alcun tipo.
Quando si tratta di persone, spesso, si dice che ci si deve innamorare dei difetti, per amare qualcuno, perché innamorarsi dei pregi è molto più semplice.
Quando si ha a che fare con l’olio evo, invece, i difetti non fanno innamorare di un olio, anzi, lo declassano commercialmente. Da extravergine può diventare vergine o, se il difetto supera una certa soglia, addirittura lampante.
Tra i difetti principali ci sono quelli di riscaldo e rancido.
La differenza sostanziale tra i due è che il riscaldo è legato alla materia prima, cioè dalle olive tenute in condizioni tali che hanno innescato fermentazioni varie, mentre il rancido è dovuto a ossidazioni provocate da cattiva conservazione dell’olio.
Sono difetti che non si vorrebbero mai trovare ma che sono molto più frequenti di quello che sembra e soprattutto non ci si deve innamorare di oli con questi sentori.
Quello che capita invece è che, la gran parte degli oli della GDO conservati male, li possegga entrambi e la grande massa dei consumatori si sia abituata credendo che l’olio debba essere così.
L’olio evo di qualità è diverso e il riscaldo è il rancido anche no, grazie.
La salvia, oltre a regalare un tocco aromatico alle pietanze, è un vero elisir di salute. Ricca di antiossidanti, questa erba combatte lo stress ossidativo, sostenendo la salute cellulare. Le sue proprietà antinfiammatorie e antimicrobiche la rendono un rimedio naturale per disturbi digestivi e un alleato nella prevenzione di infezioni. Vediamo ora come preparare degli stuzzichini gustosi: foglie di salvia al forno!
Ingredienti
200 gr di birra 100 gr di farina di farro 50 gr di foglie di salvia grandi Noce moscata Sale in fiocchi Sale Pepe
Procedimento
Per preparare le foglie di salvia al forno, mescolate la farina di farro con la birra, aggiungendo sale, pepe e noce moscata per insaporire la pastella.
Dopo aver lavato e asciugato le foglie di salvia, immergetele nella miscela. Adagiatele su una teglia rivestita di carta da forno e cuocetele in forno a 250 °C per circa 6-7 minuti.
Servitele calde, condite con fiocchi di sale, ideali sia come aperitivo che come contorno per accompagnare deliziosi piatti di pesce al forno.
La NASA ha catalogato la “Sansevieria”, ora chiamata Dracaena, come una specie purificatrice dell’aria, essendo in grado di eliminare composti tossici come benzene, formaldeide, tricloroetilene, xilene e toluene.
La pianta scambia ossigeno e anidride carbonica attraverso il processo di metabolismo acido delle Crassulaceae, che permette loro di resistere alla siccità.
I pori microscopici delle foglie, chiamati stomi e utilizzati per lo scambio di gas, si aprono solo di notte per impedire all’acqua di fuoriuscire attraverso la traspirazione sotto il calore del sole. Ciò significa che, a differenza di altri, questi tipi di piante producono ossigeno e assorbono anidride carbonica durante la notte, essendo ideale per purificare l’aria all’interno della casa mentre dormiamo.
Tra le più comuni ci sono la Sansevieria trifasciata e la Sansevieria cylindrica , ma nonostante le differenze troverete comunque alcune caratteristiche comuni alle piante appartenenti a questo genere: producono ossigeno 24 ore su 24 e hanno dimensioni medio-piccole , altro motivo per cui sono ideali per crescere in un appartamento.
Per quanto riguarda l’aspetto, questa pianta si distingue più per le foglie , che sono allungate e possono avere bordi o sfumature colorate, che per i fiori , che compaiono da marzo a luglio. La crescente popolarità della Sansevieria è legata anche al fatto che richiede poche attenzioni , ma è fondamentale imparare a trattarla nel modo giusto, evitando ad esempio di posizionarla in luoghi con temperatura inferiore ai 15 gradi.
Avere in casa una pianta in grado di purificare l’aria che respiri è di grande valore per migliorare la qualità della tua vita in casa. Ciò è particolarmente vero per la Sansevieria, inserita addirittura dalla NASA nella lista delle migliori piante depurative , funzione svolta assorbendo gli agenti inquinanti e allo stesso tempo rilasciando ossigeno.
La qualità dell’olio extravergine d’oliva è una esperienza caratterizzata da sensazioni e numeri. Sensazioni, in quanto, il migliore olio extravergine d’oliva si percepisce all’assaggio tramite note di fruttato, amaro, piccante, che vengono, di fatto, considerati attributi positivi di questo prodotto. Ma anche tramite numeri che, ovviamente, si ricavano da analisi specifiche basate su indici standardizzati, che seguono la normativa della legge in vigore.
I parametri per la valutazione di un olio extravergine di oliva di qualità. È importante analizzare i parametri chimici principali che contribuiscono a valutare la qualità organolettiche dell’olio extravergine d’oliva, come acidità, numero di perossidi e polifenoli, i quali sono indicatori fondamentali per esprimere, non solo, la gradevolezza al palato dell’olio ma anche il suo valore nutrizionale. Non a caso, l’olio da olive viene considerato uno degli elementi principali nella dieta mediterranea, con molti dei principi nutrienti contenuti negli alimenti che risultano avere effetti benefici sulla salute, deviranti dal contenuto di antiossidanti, vitamine, minerali.
Polifenoli I polifenoli, nell’olio extravergine di oliva, sono uno dei parametri fondamentali per la determinazione della qualità dell’ olio stesso. Dal punto di vista chimico, tali sostanze (dette anche biofenoli) prevengono le reazioni dell’ossidazione, quindi, antiossidanti naturali che contribuiscono alla stabilità dell’olio nel tempo, ritardando il cambiamento della struttura proteica degli acidi grassi, in esso contenuti e, di conseguenza, il suo irrancidimento. Per questo, la capacità dei polifenoli di svolgere un ruolo attivo nella nostra alimentazione. Infatti, numerosi studi dimostrano la funzione attiva dei fenoli come sostanze antiossidanti (che proteggono le cellule dai danni causati dai radicali liberi), antitumorali, antitrombiniche (inibibendo la coagulazione del colesterolo cattivo – LDL) ed antinfiammatorie. Inoltre, i polifenoli sono in grado di modificare le caratteristiche organolettiche degli oli, determinando l’aroma fruttato ed il gusto piccante o amaro.
Acidità L’acidità dell’olio extravergine d’oliva viene rilevata, invece, tramite analisi di laboratorio (titolazione acido-base) e non sempre è possibile percepirla a livello organolettico. Il limite di acidità per un olio extravergine di oliva è di 0,8 per cento, ma in un olio extravergine d’oliva di qualità i valori risultano essere decisamente più bassi (0,1-0,3%). Valori superiori possono indicare dei problemi, che insorgono durante il processo produttivo (olive troppo mature, attaccate dalla mosca, etc.) e sono accompagnati, spesso, da difetti sensoriali (come note di avvinato, legno o muffa). Un basso grado di acidità nell’olio extravergine di oliva, infatti, è condizione necessaria per attestare l’elevato livello qualitativo dello stesso.
Perossidi Anche i perossidi, vengono determinati tramite analisi di laboratorio ed indicano un’alterazione di tipo ossidativo, sinonimo di degradazione ed invecchiamento. La legge prevede che il limite relativo al numero di perossidi in un olio extravergine d’oliva è 20, al di sopra del quale l’olio è considerato lampante, e quindi di bassa qualità. L’unità di misura dei perossidi si esprime in meq O2/kg (milliequivalenti di ossigeno attivo per Kg di olio); concetto un po’ complicato, ma importante per comprendere che il valore è giudicato accettabile se al di sotto di 12, ottimo al di sotto del 7. Un elevato numero di perossidi, però, riesce a mettere in evidenza un processo di ossidazione, già, avviato ed irreversibile; portando alla progressiva degradazione di molti composti fondamentali per la nostra alimentazione (vitamine, polifenoli, etc.), oltre al graduale irrancidimento dell’olio che diviene anche sgradevole al gusto.
Per questi motivi, i tre composti primari: acidità, polifenoli e perossidi sono parametri oggettivi che consentono di quantificare le caratteristiche organolettiche di un olio di alta qualità.
Quanti produttori fanno queste analisi di controllo? Sono pochi.
Quanti produttori fanno l’analisi sensoriale? Quasi nessuno.
Le ciliegie sono il frutto dolce tipico della stagione primaverile, contengono numerose sostanze che conferiscono importanti proprietà anti-infiammatorie e anti-ossidanti.
Scopriamo tutte le proprietà e i benefici delle ciliegie.
Le ciliegie sono il piccolo e gustosissimo frutto del ciliegio, un albero maestoso originario dell’Europa e dell’Asia, che in primavera produce una grande quantità di fiori bianchi o rosa, che abbelliscono parchi e grandi giardini. È ampiamente diffuso in tutto il nostro Paese e continente e la sua coltivazione non necessita di attenzioni particolari; il ciliegio è inoltre resistente alle temperature fredde. Esistono due diverse specie di ciliegio: la prima produce dei frutti più dolci, dalle numerose proprietà nutrizionali, che possono assumere colorazioni diverse dal bianco, al rosso, al nero. La seconda specie produce dei frutti più acidi, utilizzati per la produzione di marmellate, succhi o liquori. I frutti del ciliegio acido sono meglio conosciuti come amarene, visciole e marasche. Il ciliegio dolce, che produce la succosa e dolce ciliegia, viene chiamato Prunus avium, nome latino traducibile con “ciliegio degli uccelli”, un albero appartenente alla specie delle Rosacee. Esistono diversi generi di questo ciliegio che producono frutti leggermente diversi, noti come ciliegie duracine (chiamati anche duroni) o ciliegie tenerine. Le ciliegie maturano tra maggio e giugno, unici mesi in cui è possibile trovarle diffusamente in commercio e vengono utilizzate per la produzione di dolci, composte, gelati, bevande, liquori o consumate semplicemente da sole. D’altronde si sa: una ciliegia tira l’altra!
Le ciliegie sono frutti mediamente più calorici degli altri frutti tipici del periodo primaverile-estivo, a causa dell’elevato quantitativo di zuccheri e in particolare di fruttosio e glucosio. 100 grammi di ciliegie infatti apportano circa 63 calorie. In tal senso occorre sottolineare che ciliegie diverse hanno un contenuto di zuccheri differente: maggiore per le tenerine e le duracine e minore per i frutti del ciliegio acido. L’indice glicemico basso le rende un frutto adatto a tutti coloro che stanno seguendo particolari regimi alimentari. Come tutti i frutti, tuttavia, è necessario consumarle con moderazione. Sono ricche di diversi minerali, in particolare troviamo quantità rappresentative di magnesio, potassio, rame e vitamina C, mentre non sono particolarmente rappresentate le vitamine del gruppo B.
Oltre a vitamine e minerali, ciò che caratterizza maggiormente questi frutti è il fatto che contengono elevate quantità di alcuni carotenoidi, polifenoli e antocianine e in particolare di luteina + zeaxantina (85 ug), di cianidina (30,21 mgr), di catechine e di quercetina (2,3 mgr).
Vediamo ora le proprietà di queste sostanze antiossidanti: Cianidina: antocianina dal colore rosso, responsabile della colorazione dei frutti e dalle importanti proprietà anti-infiammatorie; Catechine: un insieme di sostanze con attività antiossidante; Quercetina: questo flavonoide presente nelle ciliegie si è rilevato interagire con diversi enzimi cellulari coinvolti nell’infiammazione e nella proliferazione cellulare. È inoltre un potente antiossidanti in grado di eliminare i radicali liberi e proteggere le cellule; Luteina: appartenente al gruppo dei carotenoidi, questa molecola ha una spiccata proprietà antiossidante. Essa è concentrata soprattutto a livello degli occhi e della retina e risulta fondamentale per la salute dell’apparato visivo; Zeaxantina: anch’essa appartiene alla famiglia dei carotenoidi e svolge un’azione molto simile a quella della luteina.
Proprio per questo motivo le ciliegie vengono definite “frutti luculliani”.
ecco tutte le proprietà e i benefici. Dott.ssa Barbara Ziparo
Le noci fanno bene alla salute grazie alla loro azione antiossidante, anti-colesterolo e di prevenzione nei confronti delle malattie cardiache. Scopri le proprietà benefiche delle noci.
Noci: proprietà nutritive
Come abbiamo anticipato sopra, tra le vitamine contenute nelle noci troviamo le vitamine del gruppo B, in particolare la B1 e la B6, ma anche la vitamina E e l’acido folico. Tra i minerali troviamo soprattutto calcio, ferro, magnesio ma anche zinco, fosforo e potassio. Le noci sono inoltre ricche di acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi e polifenoli. Vediamo in dettaglio quali sono i più abbondanti e le loro relative proprietà.
Acidi grassi monoinsaturi e polinsaturi: l’acido grasso monoinsaturo più presente è l’acido oleico mentre tra i polinsaturi troviamo grassi della serie Omega 3 e Omega 6. In particolare, le noci sono una fonte importante di omega-3, a differenza di altra frutta secca che spesso, invece, è più ricca di omega-6; Vitamina B1 o tiamina: è una vitamina presente in buone quantità nelle noci e indispensabile nel metabolismo energetico, regola le funzioni del sistema nervoso ma anche del cuore e del sistema muscolare; Vitamina B6: regola la sintesi di serotonina, per cui previene disturbi come la depressione e l’insonnia, regola le funzioni del sistema immunitario e svolge una protezione nei confronti delle funzioni cerebrali, tanto che una carenza di tale vitamina può portare a malattie neurologiche come il Parkinson;
Acido folico o vitamina B9: presente in buone quantità nelle noci, è un composto essenziale per la produzione di emoglobina quindi svolge un ruolo molto importante sia durante la crescita che durante la gravidanza, evitando l’insorgenza di malformazioni fetali;
Vitamina E: si tratta di un prezioso antiossidante, che quindi protegge dall’azione dannosa dei radicali liberi;
Calcio: è fondamentale per la salute delle ossa e dei denti ma anche per il cuore e per il sistema muscolare;
Ferro: entra nella costituzione dell’emoglobina, una proteina che provvede a distribuire l’ossigeno ai tessuti; una sua carenza può portare ad anemia, con conseguente stanchezza, pallore e crampi muscolari;
Magnesio: questo minerale entra a far parte di vari processi biologici e ristabilisce l’equilibrio del sistema nervoso, abbassa la pressione arteriosa, previene le malattie cardiovascolari e stimola le funzioni del sistema muscolare;
Arginina: tra gli amminoacidi presenti nelle noci ricordiamo l’arginina che svolge numerose funzioni fondamentali. L’arginina favorisce la dilatazione dei vasi sanguigni, facilita la guarigione delle ferite, contribuisce allo smaltimento di sostanze di scarto come l’ammoniaca e alla formazione di creatina, sostanza che riduce i tempi di recupero dopo uno sforzo fisico.
Cosa succede se mangi 6 o 7 noci al giorno. Mangiare 6 o 7 noci al giorno sarà un toccasana per la nostra salute: proteggeranno il nostro cuore e l’intero apparato cardiovascolare contribuendo ad abbassare i livelli di colesterolo cattivo nel sangue e proteggendolo dai danni dell’invecchiamento cellulare. Ci aiuteranno, inoltre, a tenere sotto controllo i livelli di glucosio nel sangue e favoriranno l’assorbimento dei nutrienti. Per chi fa sport o ha bisogno di recuperare le forze in un periodo particolarmente stressante le noci offriranno un pieno di energia. Infine, il nostro organismo farà il pieno di preziosi antiossidanti e di grassi buoni della serie omega-3.
✓ Le noci migliorano l’umore Un consumo regolare di noci riesce a migliorare l’umore, grazie alla presenza degli Omega 3, magnesio e triptofano. Secondo un recentissimo studio effettuato dalla “University of New Mexico“, a beneficiare di questo effetto sarebbero soprattutto in soggetti giovani di sesso maschile. Secondo gli studiosi quest’effetto sarebbe ascrivibile anche alla vitamina E e alla melatonina.
Curiosità – Sapevate che è sbagliato togliere la pellicina alle noci? Soprattutto in quelle fresche ha un gusto un po’ amaro, però è ricca di antiossidanti! – Per ostacolare l’intolleranza alle noci, è sufficiente che in gravidanza le mamme consumino noci almeno per 5 volte al mese per tutta la durata della gravidanza. Lo afferma uno studio pubblicato sulla rivista “JAMA pediatrics”. – In cosmetica il decotto di foglie di noce viene utilizzato per scurire e allo stesso tempo per fortificare i capelli.
Nell’olio appena estratto ritroviamo acqua, nella misura dello 0,5%, e solidi sospesi, in quantità che cambiano molto con il sistema di estrazione, dallo 0,01% all’8%. La presenza congiunta di acqua, nutrienti e microrganismi può portare in poco tempo alla formazione dei difetti sensoriali morchia e rancido
L’olio extravergine di oliva è un prodotto con una shelf-life relativamente lunga, cioè di circa 1 anno e mezzo. Tuttavia durante la sua conservazione è soggetto a numerosi cambiamenti nelle sue caratteristiche chimiche e sensoriali.
Alla sua uscita dal separatore finale (o in alcuni casi dal decanter) l’olio extravergine di oliva presenta un tipico aspetto “velato” in quanto contiene al proprio interno acqua e frammenti solidi di oliva. Tali sostanze, nel tempo, sedimenteranno da sole formando un residuo marrone sul fondo del recipiente di stoccaggio.
L’acqua contenuta negli oli mosti è abbastanza variabile, generalmente attorno allo 0,5% in peso. Il Consiglio Oleicolo Internazionale invece, suggerisce nelle sue linee guida un limite al contenuto di acqua dello 0,2%.
La quantità di solidi in sospensione cambia molto con il sistema di estrazione e, in letteratura, si ritrovano quantità comprese fra l’8% e lo 0,01%. Dal punto di vista chimico questi solidi sono composti da proteine, glicosidi, zuccheri legati alle proteine, fosfolipidi, ecc. Tali sostanze sono affini sia all’olio sia all’acqua e si orientano in maniera tale da formare delle sospensioni colloidali (micelle o lamelle) che includono l’acqua al proprio interno e sedimentano in un tempo molto lungo. All’interno di questi colloidi possono avvenire reazioni idrolitiche che daranno luogo inevitabilmente a difetti sensoriali.
La presenza di acqua e nutrienti permettono inoltre l’attività di alcuni microrganismi che si trovavano sulle olive. La presenza congiunta di acqua, nutrienti e microrganismi può portare in poco tempo alla formazione dei difetti sensoriali “morchia” e “rancido”.
Con il processo di filtrazione si rimuovono dall’olio extravergine di oliva sia i solidi, sia l’acqua in eccesso.
L’olio è fatto passare all’interno di un mezzo poroso che trattiene le parti solide e permette alla frazione liquida si passare. Inoltre il mezzo poroso è costituito da sostanze idrofiliche che permettono il trattenimento, quindi l’allontanamento dall’olio della molecola dell’acqua.
Con la filtrazione si ottiene quindi una stabilizzazione dell’olio di oliva.
Si allontanano così i composti e gli enzimi che prendono parte alle reazioni chimiche che originano i difetti, rallentandone conseguentemente la comparsa. Considerato che queste reazioni sono molto rapide, i difetti all’interno di un olio non filtrato possono apparire già dopo poche ore dalla sua produzione. E’ quindi fortemente consigliabile effettuare l’operazione di filtrazione il prima possibile, meglio se addirittura direttamente in frantoio, cioè “in linea” con la produzione dell’olio stesso.
BENE FONDAMENTALE PER LA PERSONA E QUESTIONE MORALE
di DANIELE CIRAVEGNA
Con il lavoro (se il lavoro è dignitoso e realizza la sua autonomia personale, punto essenziale della sua dignità), l’essere umano partecipa allo sviluppo economico, sociale e culturale dell’umanità; dà prova dei propri talenti. Il lavoro è fattore primario dell’attività economica e chiave di tutta la questione sociale e non deve essere inteso soltanto per le sue ricadute oggettive e materiali, bensì per la sua dimensione soggettiva, in quanto attività che permette l’espressione della persona e costituisce quindi elemento essenziale dell’identità personale e sociale della donna e dell’uomo.
Papa Francesco quasi quotidianamente sottolinea che nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita; che il lavoro è qualcosa di più che guadagnarsi il pane. Il lavoro dà la dignità e che non si dica “chi non lavora non mangia”, ma “chi non lavora ha perso la dignità!”. Chi lavora è degno; ha una dignità speciale; una dignità di persona: l’uomo e la donna che lavorano sono degni e il lavoro appare, non come effetto di un calcolo economico utilitaristico riguardante l’impiego ottimale del tempo a disposizione (che è l’approccio, ad esempio, della teoria economica neoclassica), ma come espressione della creatività e della realizzazione della persona, permettendone l’integrale sviluppo. Per questo, il lavoro non è un dono concesso a pochi raccomandati; è un diritto per tutti!
Il lavoro non è necessario solo per l’economia, ma per la persona umana, per la sua dignità, per la sua cittadinanza e anche per l’inclusione sociale. Tutto questo porta alla presa di coscienza che, mentre in passato era considerato “povero” chi non poteva accedere a livelli decenti di consumo, oggi “povero” è, oltre a chi si trova nella situazione precedente, anche chi è lasciato o tenuto fuori dai circuiti di produzione di beni (e quindi è costretto all’irrilevanza economica) o vi è inserito con un lavoro non dignitoso (e quindi è costretto all’irrilevanza umana); per essi è invalso l’uso del termine working poor.
In effetti, un modo necessario per eliminare la povertà è che venga assicurato un lavoro a tutti; non è però sufficiente, poiché il lavoro assicurato a tutti dev’essere dignitoso per tutti. La persona che non ha un “lavoro dignitoso” continua a essere “povero”, che è concetto più ampio rispetto a essere in stato di deprivazione materiale: una persona che ha accesso a un lavoro che non è “dignitoso” è “povero” anche se può, col suo lavoro, essere non in stato di deprivazione materiale. Esiste poi la povertà non di tipo economico: la solitudine, la povertà di relazioni interpersonali, la povertà di spirito comunitario, la bassa qualità della convivenza collettiva, la povertà culturale, la povertà spirituale ecc. Perciò un lavoratore può essere “povero” per via di un salario troppo basso per la sussistenza propria e della sua famiglia (anche se lavora a tempo pieno e, a maggior ragione, se ha un lavoro a tempo parziale) oppure soffre di deprivazione non economica. Di fatto, tenendo conto di tutte le sfaccettature sopraddette che la povertà può assumere, si può anche pensare che la povertà non sia mai annullabile completamente.
Le parole precedenti ripropongono il tema di una vera cultura del lavoro, che non può realizzarsi se non a séguito di un comune sforzo educativo che aiuti i giovani e i non giovani a capire tutte le dimensioni del lavoro. La dimensione non solo oggettiva, ma anche la dimensione soggettiva, che non può non essere sociale, oltre che individuale. Il lavoro come occasione di formazione e di sviluppo personale; il valore del lavoro che dipende soprattutto dalla persona che vive il lavoro, ma che dipende anche da un corretto sviluppo del lavoro e da una chiara visione dei lavori, dei diversi tipi di lavoro compresi nella loro essenza, e non semplicemente nei loro aspetti superficiali e alla moda.
Ad ogni modo, la persona umana è l’obiettivo finale (l’assoluto etico) rispetto al quale il lavoro è l’obiettivo intermedio principale, anche se non di solo lavoro vive l’uomo. Dai contenuti di diversi documenti della Dottrina sociale della Chiesa possiamo creare la seguente sequenza etica del lavoro: il lavoro è un bene dell’uomo, per l’uomo e per la comunità; l’uomo ha il primato sul lavoro, perché il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro e per l’economia; il lavoro ha il primato sul capitale e non il lavoro è al servizio del capitale; in prima sintesi, la fabbrica (lavoro e capitale) è per l’uomo e non l’uomo per la fabbrica.
Il lavoro riveste primaria importanza per la realizzazione dell’uomo e per lo sviluppo della società e per questo occorre che esso sia sempre organizzato e svolto nel pieno rispetto dell’umana dignità e al servizio del Bene Comune. Così dicendo, si dà al lavoro, all’attività produttiva, all’economia un’impostazione antropologica; se così non fosse, si finirebbe per trattare il lavoro quale semplice “forza lavoro”, alla stregua di qualsiasi altro fattore produttivo, di qualsiasi altra fonte di energia.
Il lavoro fa parte della vita, ma non è la vita dell’uomo. Oggi, soprattutto nei paesi altamente sviluppati, ci sono molte persone che sembrano vivere solo per il lavoro, dal quale dipendono pressoché totalmente. È il lavoro che dice agli altri chi è la persona stessa; è il lavoro che crea le gerarchie sociali. Eppure la donna e l’uomo si realizzano certamente nel lavoro espletato, ma non in modo esclusivo: la persona è sempre più del lavoro in cui si esprime.
Non sempre il gonfiore addominale è legato al peso corporeo; a volte la psicologia gioca un ruolo fondamentale
di Marianna Barracane
La pancia da stress è una condizione che interessa molte persone, di tutte le età. Difatti, si tratta di un fenomeno comune tra coloro che si trovano a dover affrontare un periodo di forte stress per le più svariate ragioni e non riescono a gestire l’ansia nel modo giusto.
Il mal di pancia da stress e il gonfiore addominale rientrano tra le conseguenze che possono derivare da tali situazioni; possono durare da pochi giorni sino a un tempo più lungo e manifestarsi con un lieve fastidio o con un dolore più intenso. In ogni caso, è fondamentale sapere come fare per tornare alla normalità e ricominciare a sentirsi bene.
Cause della pancia da stress
Quando siamo sottoposti a stress, che si tratti di pressioni sul lavoro, beghe familiari o momenti difficili di varia natura, il nostro corpo ha una serie di reazioni fisiologiche, tra cui la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress.
Tale aumento di cortisolo può influenzare negativamente il nostro sistema digestivo, causando una serie di cambiamenti, tra i quali la pancia da stress. Il nostro corpo ha difficoltà a digerire e assorbire il cibo correttamente e ciò provoca gonfiore, gas e infiammazione addominale.
Probabilmente la prima e immediata risposta che ci verrebbe da dare spontaneamente alla domanda “perché lo stress gonfia la pancia?” coincide con il consumo di alimenti altamente calorici; il nervosismo spesso ci spinge a mangiare di più e ci rende attratti dal cosiddetto cibo spazzatura che comporta il gonfiore dell’addome. La stimolazione dell’appetito (anch’essa dovuta all’aumento del cortisolo) non è l’unica causa della pancia gonfia da stress.
Infine lo stress può anche influenzare negativamente la flora intestinale, fondamentale nell’assorbimento dei nutrienti.
Pancia da stress: sintomi
Riconoscere la pancia da stress è molto importante per poter valutare la cura giusta. I sintomi associati alla condizione in esame possono variare notevolmente da persona a persona, in base alle diverse manifestazioni fisiche come conseguenza alle tensioni emotive. Quando ci troviamo sotto stress, il nostro corpo può reagire in diversi modi, e uno di questi è rappresentato dai disturbi gastrointestinali.
Nelle situazioni di ansia, capita spesso di provare un senso di gonfiore nell’addome, una sorta di pesantezza che può creare grande disagio, oltre che dolore. Il gonfiore è spesso accompagnato da crampi addominali, più o meno intensi, al punto da influenzare il movimento intestinale, causando spiacevoli episodi di nausea o vomito ma anche costipazione o diarrea.
In alcuni casi, inoltre, alla pancia gonfia da stress si aggiunge l’aumento di peso che contribuisce ulteriormente al malessere.
Pancia da stress: come eliminarla
Preliminarmente, occorre sottolineare che solo consultando un medico è possibile identificare eventuali problemi sottostanti e ricevere consigli in merito a trattamenti farmacologici specifici per alleviare i sintomi.
Ciò detto, per ridurre la pancia da stress, è essenziale adottare un approccio che affronti sia i sintomi fisici, che le cause sottostanti dell’ansia. L’attività fisica regolare è fondamentale sotto entrambi i punti di vista, poiché l’esercizio non solo aiuta a bruciare calorie e a mantenere il peso sotto controllo, ma stimola anche la produzione di endorfine, che migliorano il nostro umore e riducono lo stress.
Meditazione e mindfulness sono tecniche particolarmente utili ed efficaci per raggiungere una maggiore consapevolezza delle nostre reazioni allo stress, promuovere la calma mentale e contribuire al benessere generale.
Importanza di dieta e sonno
Una dieta equilibrata è altrettanto importante. Evitando cibi ad alto contenuto calorico, zuccheri aggiunti e alimenti processati a favore di frutta, verdura, proteine magre e cereali integrali (nelle porzioni adeguate) riusciamo a tenere il peso sotto controllo e forniamo al nostro corpo i nutrienti necessari per stare bene.
Infine, non bisogna dimenticare il ruolo svolto dal sonno. Dormire bene per la giusta quantità di ore riduce affaticamento e stress, migliorando notevolmente la qualità della vita.
Mal di pancia da stress: rimedi naturali
In sinergia con le suddette misure, può essere molto utile adottare dei rimedi naturali. Uno dei più noti è la camomilla; apprezzata da secoli per le sue proprietà calmanti è la bevanda per eccellenza quando si parla di ridurre lo stress e di alleviare l’infiammazione a livello dell’addome.
Fedele alleato nella lotta contro la pancia da stress è lo zenzero, radice dalle proprietà antinfiammatorie e digestive, da aggiungere a bibite o a piatti salati e dolci.
Altri rimedi naturali per ridurre il gonfiore addominale sono: aceto di mele e olio essenziale di menta piperita. Il primo favorisce la digestione e impedisce le fermentazioni, evitando che si gonfi la pancia. Il secondo è ottimo per alleviare i dolori; basta massaggiare qualche goccia sull’area interessata per provare sollievo. I grassi da condimento sono essenziali, meglio di tutti Olio di Oliva che con la sua azione antifiammatoria aiuta molto.
Le more di gelso sono frutti commestibili che appartengono al VII gruppo fondamentale degli alimenti (ricchi di vitamina C).
Simili per aspetto e contenuto nutrizionale alle more di rovo, dal punto di vista botanico sono totalmente differenti.
Le more di gelso, pur non essendo autoctone, sono piuttosto utilizzate anche nella gastronomia italiana (per dolci, succhi ecc, soprattutto al sud della penisola).
In realtà la nomenclatura “mora di gelso” è parecchio generica ed imprecisa, poiché esistono molte specie di piante diverse che producono frutti abbastanza simili tra loro. In Italia sono conosciute e diffuse prevalentemente le varietà bianche e nere, rispettivamente prodotte dagli alberi appartenenti alla Famiglia botanica delle Moraceae.
Proprietà Nutrizionali
Caratteristiche nutrizionali delle more di gelso
Come anticipato, le more di gelso appartengono al VII gruppo fondamentale degli alimenti. Si tratta di cibi dall’apporto calorico oggettivamente moderato (43 kcal / 100 g di prodotto), anche se nel contesto dei frutti carnosi si collocano in posizione media.
Le calorie delle more di gelso sono fornite principalmente dai glucidi semplici costituiti dal fruttosio; proteine ed acidi grassi sono di media entità. Ovviamente il colesterolo è assente ed al suo posto sono presenti piccole quantità di fitosteroli. Le fibre non sono abbondanti ma risultano certamente rilevanti nel bilancio nutrizionale complessivo. Tra le vitamine spicca il contenuto di acido ascorbico o vitamina C. In merito ai sali minerali invece, è sorprendentemente elevato quello di ferro; quest’ultimo è poco biodisponibile e non sostituisce quello eme degli alimenti di origine animale. Buono l’apporto di potassio. Le more di gelso nere hanno un ottimo contenuto di pigmenti antiossidanti detti antocianine (combattono lo stress ossidativo e migliorano l’equilibrio metabolico agendo positivamente sulla colesterolemia ecc). Nota: anche da altre parti della pianta, come la corteccia e le foglie, si possono estrarre principi attivi di grande pregio utilizzati perfino nell’industria degli integratori alimentari (ad es. l’antiossidante resveratrolo, lo stesso dell’uva nera e del vino rosso). I frutti acerbi, assunti in grandi quantità, sono leggermente tossici.
Le more di gelso si prestano alla maggior parte dei regimi alimentari. Non hanno grosse controindicazioni nella dieta per il sovrappeso e contro le patologie del metabolismo. E’ pur ovvio che in caso di obesità, diabete mellito tipo 2 e ipertrigliceridemia sia la porzione media che la frequenza di consumo dovranno essere moderate. Esiste una forma allergica alle more di gelso che si interseca (per cross attività) con la pianta erbacea Parietaria, oltre la quale non si conoscono altri tipi di ipersensibilità (è pertinente alla dieta della celiachia, dell’intolleranza al lattosio e a quella all’istamina). Non ha controindicazioni nemmeno per i regimi alimentari religiosi (kosher, musulmano, induista, buddhista ecc).
La porzione media di more di gelso è compresa tra 100-150 g (45-80 kcal).
Cucina
Utilizzo culinario delle more di gelso
Le more di gelso hanno un sapore caratteristico, gusto dolce e leggermente acidulo (che diminuisce con la maturazione). La consistenza è turgida e si ammorbidisce con la maturazione; spicca la presenza dei piccoli semi. D’altro canto, se troppo mature, le more di gelso diventano mollicce e acquisiscono sentori di alcol.
More di gelso bianche e nere hanno un sapore differente. Quelle bianche sono più aspre, gommose ed hanno un leggero sentore di vaniglia. Le more di gelso nere e rosse hanno caratteristiche gustative molto più intense.
L’utilizzo gastronomico principale delle more di gelso è quello di dessert. Questi frutti si mangiano da soli, senza bisogno di alcun condimento quale zucchero, miele, sciroppi o succo di limone. Ciò non toglie che si prestino anche a comporre ricette miste come le macedonie.
Con le more di gelso si produce un’ottima confettura, che peraltro non richiede l’aggiunta né di saccarosio, né di pectina e raggiunge autonomamente la giusta consistenza (anche senza bollire troppo lungamente).
In Italia è famosissima la granita siciliana alle more di gelso, che viene servita quasi esclusivamente a livello regionale ed accompagnata con panna montata e brioches. Particolare, poco diffuso ma ottimo per gli amanti del gusto, il gelato di more di gelso.
Di recente le more di gelso sono state impiegate anche per confezionare alimenti liquidi e bevande come: frullati, succhi di frutta, estratti, centrifugati e tisane.
Con le more di gelso si possono anche produrre bevande alcoliche fermentare, tuttavia quasi totalmente sconosciute in Italia.
Le more di rovo hanno una vasta applicazione anche nel confezionamento dei dolci cotti. Sono famosissime le crostate e i croissant con marmellata di more, le torte con more intere ecc.
Ricordiamo che, anche se la corteccia e le foglie del gelso si utilizzano per l’estrazione di principi attivi da cui si producono integratori alimentari, le parti verdi della pianta e i frutti acerbi sono dotati di proprietà blandamente tossiche ed allucinogene (se assunti in quantità rilevanti).
Coniato nel 1989 da Stephen L. DeFelice (fondatore e presidente della “The Foundation for Innovation in Medicine”), il termine nutraceutica è composto dai due sostantivi “nutrizione” e “farmaceutica”. La parola può essere riferita a varie tipologie di prodotti, compresi nutrienti isolati, integratori alimentari, prodotti erboristici, pasti sostitutivi e persino alimenti trasformati (come i cereali, le zuppe e alcune bevande).
Nutraceutici: Cosa Sono?
I prodotti nutraceutici sono derivati alimentari ai quali si attribuiscono, oltre al valore nutrizionale di base, uno o più benefici aggiuntivi. A seconda della giurisdizione, i prodotti nutraceutici possono essere definiti come “preventivi delle malattie croniche, migliorativi della salute, ritardanti il processo di invecchiamento, favorenti la longevità o sostenitori di alcuni apparati o funzioni corporee”. Analizziamone le due categorie principali: Supplementi Dietetici e Alimenti Funzionali.
Supplementi dietetici: si tratta di veri e propri integratori alimentari. In Italia, per integratori alimentari si intendono: “prodotti alimentari destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive, quali le vitamine e i minerali, o di altre sostanze aventi un effetto nutritivo o fisiologico, in particolare, ma non in via esclusiva, aminoacidi, acidi grassi essenziali, fibra ed estratti di origine vegetale, sia monocomposti che pluricomposti, in forme predosate” (cit. www.salute.gov.it).
In Italia, gli integratori alimentari devono essere approvati dal Ministero della Salute e citati nell’apposito registro; in America invece, non devono essere necessariamente approvati dalla “Food and Drug Administration (FDA)”, che svolge solo il monitoraggio degli impianti. Con poche eccezioni, gli integratori alimentari vengono commercializzati per sostenere la struttura o alcune funzioni corporee, senza citare o lasciar intendere di poter curare malattie o condizioni morbose. Anche l’etichetta deve rispettare alcuni requisiti ben precisi; primi fra tutti quelli dell’Unione Europea e in secondo luogo i nazionali.
Alimenti Funzionali sono “progettati” per consentire ai consumatori di introdurre alimenti ricchi di molecole utili (comunque vicini allo stato naturale) piuttosto che integratori fabbricati in forma liquida o di capsule ecc. Gli alimenti funzionali possono quindi essere arricchiti o fortificati, un processo anche detto “nutrificazione”. Questa pratica aumenta e ripristina il contenuto di certi elementi fino a raggiungere i livelli precedenti alla lavorazione. Talvolta, si aggiungono ulteriori nutrienti complementari (ad esempio, la vitamina D nel latte).
forma naturale, non capsule, compresse, polveri o altri estratti
possono essere consumati nella dieta in maniera quotidiana
devono regolare un processo biologico con l’obbiettivo di prevenire o di controllare certe malattie.
La visione globale della nutraceutica è quindi più o meno uniforme, con alcune piccole differenze per quel che riguarda la regolamentazione e la tutela nel commercio. In Italia, alcuni prodotti nutraceutici molto famosi sono: bacche di goji, caffè verde crudo, Ganoderma lucidum (reishi), riso rosso fermentato, olio di krill, olio di oliva ecc.
Indiani, egiziani, cinesi e sumeri; sono solo alcune delle civiltà che fin da tempi antichi hanno utilizzato il cibo come medicina. Ippocrate, considerato da molti come il padre fondatore della medicina occidentale, consigliava “Fa che il cibo sia la tua medicina”. Il mercato moderno della nutraceutica ha iniziato a svilupparsi dapprima in Giappone, negli anni ’80. In contrasto con la naturalezza delle erbe e delle spezie utilizzate da secoli come medicina popolare in Asia, l’industria nutraceutica moderna è cresciuta anche grazie all’espansione e all’esplorazione della tecnologia.
La surgelazione criogenica è una delle principali tecniche di conservazione degli alimenti, consente di mantenere integre nel tempo le proprietà organolettiche e di freschezza. In sostanza, rallentando i principali processi enzimatici del cibo, il deterioramento decelera.
I benefici del surgelamento sono evidenti, in particolare nell’efficientamento dei vari passaggi della filiera agroalimentare della catena del freddo, riducendo gli scarti, migliorando la sicurezza e contribuendo ad esaltare le qualità nutritive degli alimenti, portando non solo vantaggi economici, ma anche una soluzione concreta per ridurre gli sprechi alimentari.
In questo articolo approfondiamo cosa significa esattamente surgelare gli alimenti, a quanti gradi avviene la surgelazione e, in particolare, come funziona la surgelazione criogenica e con quali sistemi e impianti è possibile realizzarla.
La surgelazione criogenica (o criosurgelazione): in che cosa consiste e cos’è la criogenia alimentare
La surgelazione criogenica (o criosurgelazione) è il processo di abbassamento della temperatura dell’alimento fino al raggiungimento di -18°C al cuore del prodotto. In particolare, questo processo di asportazione del calore, permette il passaggio dallo stato liquido allo stato solido dell’acqua contenuta.
Più rapida è questa fase, tanto sarà migliore la qualità dell’alimento surgelato, questo perché la velocità del processo permette di ridurre la formazione di macrocristalli responsabili della rottura delle membrane cellulari e della perdita di liquidi.
Difatti, la principale applicazione della surgelazione criogenica è proprio relativa all’industria alimentare, per questo si parla di criogenia alimentare.
La surgelazione criogenica sfrutta le caratteristiche dell’azoto liquido e dell’anidride carbonica (CO2) liquida e questo grande potere refrigerante dei due gas riduce notevolmente i tempi di surgelazione (a differenza della tradizionale metodologia meccanica) e permette un migliore mantenimento delle proprietà nutrizionali.
Inoltre, a basse temperature, la proliferazione batterica e tutte le reazioni enzimatiche correlate si bloccano: le proteine più fragili restano integre e la sicurezza alimentare trae notevoli benefici.
Surgelazione criogenica e Surgelazione meccanica: differenze
Quindi, la principale differenza tra surgelazione criogenica e surgelazione meccanica sta proprio nella velocità con cui avviene il passaggio di stato dell’acqua. Utilizzando liquidi criogenici (fino a -196°C) si ha un processo più veloce rispetto alle frigorie meccaniche (fino a -48°C), ottenendo quindi un prodotto surgelato con meno macrocristalli e una ridotta perdita di liquidi.
Surgelazione criogenica: tutti i vantaggi
La surgelazione criogenica è una soluzione molto vantaggiosa per conservare correttamente gli alimenti, portando benefici sia alla qualità del prodotto, sia all’efficienza dei processi produttivi.
In particolare, la surgelazione criogenica:
Mantiene la temperatura costante e uniforme
Preserva il gusto e la qualità del prodotto
Aumenta la conservazione del prodotto
Riduce il calo del peso del prodotto surgelato
Migliora l’efficienza produttiva
Assicura risparmio e riduzione costi
Garantisce contenuti interventi di manutenzione e la pulizia
È flessibile consentendo molteplici applicazioni
È ecosostenibile
Impianti di surgelazione: quali sono i migliori sistemi di surgelazione?
Gli impianti di surgelazione rispondono ognuno alle differenti esigenze della filiera alimentare garantendo diversi vantaggi:
Temperature costanti e uniformi
Preservazione dell’aroma e della qualità del prodotto
Il prodotto uniformemente congelato rimane flessibile per facilitarne il trasporto
Lavorazione in linea continua
Elevata capacità produttiva ed efficace trasferimento del calore per un risparmio di tempo
Ottimizzazione nell’utilizzo dello spazio pavimentato
Semplicità di funzionamento, manutenzione e pulizia
Armadi criogenici
Questo sistema è particolarmente vantaggioso nelle operazioni discontinue o batch. Gli alimenti vengono introdotti nell’armadio di lavorazione in carrelli in acciaio inossidabile composti da piastre, griglie, vassoi o contenitori, a seconda del tipo di alimento da surgelare. Un sistema automatico regola l’immissione dell’azoto, in base alla temperatura e alla durata del ciclo.
Gli armadi di surgelazione hanno una sonda per la temperatura, con la quale si può monitorare il tasso di riduzione del freddo, e quindi mantenere costante la temperatura interna all’armadio costante. Grazie alle ventole interne e agli efficienti sistemi di raffreddamento, gli armadi frigoriferi raffreddano rapidamente gli alimenti.
I vantaggi di questo sistema sono:
Capacità produttiva ottimizzata
Raffreddamento rapido
Tutela le proprietà nutrizionali dell’alimento
Basso ingombro
Pulizia e manutenzione agevolate
Bassi costi di gestione
Surgelatori criogenici a spirale (o spirali di surgelazione)
Una spirale di surgelazione è in grado di raffreddare rapidamente, surgelare e indurire una vasta gamma di alimenti in maniera uniforme grazie a un particolare ventilatore che riduce le variazioni di temperatura e garantisce un congelamento indifferenziato. Inoltre, le opzioni di controllo del sistema permettono di variare le quantità di prodotto da surgelare.
Il nastro trasportatore si sviluppa in verticale, ottimizzando lo spazio necessario, con il risultato di ottenere ottimi risultati con il minimo ingombro.
I surgelatori criogenici a spirale (o spirali di raffreddamento per alimenti) sono l’impianto ideale per grandi produzioni di:
Pezzi di carne e parti di pollame (impianto di surgelazione carne)
Prodotti da forno
Polpette
Filetti di pesce
Primi piatti di carne
Pasta
Pizza
I vantaggi garantiti da questo impianto sono diversi: in primis la versatilità, con la possibilità di regolare le temperature in base alle esigenze dell’alimento da lavorare, ma anche l’efficienza, dato che l’azoto liquido entra direttamente a contatto con il prodotto e genera un trasferimento del calore ottimale e uniforme, e in ultimo la capacità di automazione del processo, infatti l’impianto equilibra in maniera automatica il vapore all’ingresso e all’uscita del nastro, ottimizzandone la prestazione.
Tunnel di surgelazione (o tunnel criogenici di surgelazione)
I tunnel di surgelazione garantiscono una progettazione modulare. Nel caso di surgelazioni di piccole quantità si può incrementare progressivamente la capacità produttiva, mentre per elevate quantità è possibile trattare rapidamente o raffreddare una vasta gamma di prodotti.
Ogni congelatore a tunnel è dotato di ventilatori interni che fanno ricircolare azoto o CO2 allo stato liquido come agenti refrigeranti all’estremità e sul fondo del prodotto.
Mentre il prodotto si muove nel sistema su un nastro trasportatore continuo, il liquido criogenico lo urta ad alta velocità ottenendo un elevato trasferimento di calore. Le temperature criogeniche possono arrivare fino a -195.56°C, con la temperatura interna del congelatore che può raggiungere i -90°C.
Similmente, nel caso di lavorazioni in linea risultano favorevoli il raffreddamento modulare, il funzionamento automatico e la facilità di pulizia e manutenzione.
I tunnel criogenici ad azoto liquido o anidride carbonica liquida sono particolarmente adatti alla surgelazione di:
Polpette
Primi piatti pronti
Focaccine
Patatine fritte
Pizze
Ravioli
Surgelatori a tamburo
I sistemi di surgelazione a tamburo congelano efficacemente i prodotti alimentari a una temperatura uniforme e, ruotando, tengono separati i singoli pezzi.
Sono maggiormente utilizzati nell’industria della verdura e del pesce allo scopo di effettuare un trattamento rapido, accurato e uniforme, che mantiene l’integrità, l’aroma e la consistenza del prodotto. Peraltro, dopo questo processo di surgelazione, l’alimento è già pronto per la spedizione o per il trasferimento ad altre lavorazioni.
Principali caratteristiche del surgelatore a tamburo:
Raffreddamento e precongelamento del prodotto
Installazione rapida
Struttura in acciaio inossidabile saldata
Esposizione su tutte le superfici del prodotto
Surgelazione di prodotti di piccole dimensioni
Processi di surgelazione: glassatura, crusting e altre modalità
Ai sistemi sopra descritti, si aggiungono altri processi di surgelazione:
Criomeccanica: combina i processi criogenici e meccanici. I primi consentono un’efficace surgelazione e un indurimento superficiale, mentre i secondi completano l’abbattimento della temperatura. La surgelazione criogenica preraffredda l’alimento, asportandone il calore e sigillandolo dall’umidità.
IQF (Individual Quick Freezing): consente la surgelazione di singoli pezzi; pertanto, è adatta al surgelamento di prodotti di piccola pezzatura, come frutti di bosco, mozzarelle, ecc.
A immersione: utilizza impianti con nastro trasportatore che passa attraverso un “bagno” di azoto liquido. Regolando il tempo di immersione, è possibile variare la percentuale di prodotto surgelato.
Inoltre, i sistemi sono idonei a tecniche di surgelazione parziale: la glassatura e il crusting.
La glassatura è utilizzata per creare una barriera protettiva contro le contaminazioni, riducendo fenomeni come la disidratazione e l’imbrunimento. È indicata per prodotti cremosi per stabilizzare la forma.
La crostatura criogenica (crusting) consente una surgelazione superficiale del prodotto. È particolarmente utilizzata nei prodotti freschi come la carne, per le fasi di confezionamento e porzionatura permettendo la riduzione significativa degli scarti
Sostanzialmente la differenza sta nell’arrivare a congelare/surgelare il cuore del prodotto nel più breve tempo possibile.
CONGELAZIONE avviene quando mettiamo un prodotto, carne pesce pane etc. nel nostro congelatore di casa. Questo sistema frigorifero statico, nato per mantenere i prodotti surgelati, non ha la potenza in frigorie/ora sufficienti. Cosa avviene che le parti di acqua presenti in tutti i prodotti congelano molto lentamente. Congelando lentamente i cristalli di acqua che si formeranno che sono formati da punte di ghiaccio, rompono i tessuti smembrandoli, ecco perchè quando scongeliamo i prodotti perdono molto liquido, insieme a molte sostanze nutritive.
SURGELAZIONE avviene con sistemi frigoriferi creati appositamente, con grande potenza in frigorie/ora e soprattutto a ventilazione forzata, non statici come nel caso del congelatore di casa. Si chiamano abbattitori, proprio perchè devono abbattere la temperatura al loro interno nel più breve tempo possibile per arrivare al cuore dei prodotti il più velocemente possibile. Così facendo avremo la formazione dei cristalli d’acqua molto piccoli, quasi micro e quindi le punte di ghiaccio che si formeranno non recheranno nessun danno ai tessuti dei prodotti. Quando si scongeleranno non ci sarà nessuna perdita di liquido e di sostanze nutritive. La migliore tecnica di surgelazione è quella criogenica.
CONSIGLIO sia nella surgelazione e soprattutto nella congelazione, evitare di mettere pezzi grossi, più piccoli saranno più veloce sarà la loro surgelazione o congelazione.
Se vi siete sempre domandati come congelare l’olio di oliva, ecco una guida dettagliata su come procedere e cosa aspettarvi.
L’olio di oliva è tra i condimenti più utilizzati e apprezzati, soprattutto nel Belpaese. Tutti ne abbiamo in casa almeno una bottiglia, tutti sappiamo come si utilizza al meglio e sono anche molti coloro che si dilettano nella sua degustazione. Oggi scopriremo come congelare l’olio di oliva così da mantenerlo più a lungo rispetto ai canonici 2 anni.
Come congelare l’olio di oliva
Prima di scoprire come congelare l’olio di oliva viene naturale chiedersi perché farlo. I motivi possono essere diversi ma probabilmente se siete incappati in questo articolo è perché avete ricevuto o acquistato un quantitativo di olio troppo grande per destinarlo al consumo. In questo caso, congelarlo potrebbe rivelarsi una soluzione.
Dovete infatti sapere che l’olio di oliva congelato mantiene inalterate tutte le sue proprietà organolettiche e nutritive. Per congelare l’olio di oliva potete procedere in due modi. Il primo e più semplice consiste nel porre in freezer la bottiglia, assicurandovi che ci siano un paio di centimetri di “aria” che ne consentano l’espansione. Il secondo invece prevede la congelazione monodose, sfruttando ad esempio il contenitore per creare i cubetti del ghiaccio.
Questo secondo metodo è sicuramente il migliore per i motivi che ora andremo a elencare, ma anche il meno adatto se le quantità di olio sono significative.
Abbiamo detto che l’olio congelato mantiene tutte le sue proprietà una volta decongelato. Tuttavia, occorre tenere presente che una volta riportato a temperatura ambiente, sul fondo di crea un deposito dovuto alla alla rottura di legami tra la massa grassa e le sostanze fenoliche presenti nell’olio. La principale conseguenza di questo fenomeno è che l’olio tenderà a irrancidire piuttosto velocemente una volta decongelato.
Come conservare l’olio di oliva
Congelarlo è una soluzione possibile e fattibile anche a livello domestico anche se sarebbe più adatto sottoporlo a un processo di surgelazione. Se si è comunque fermi su questa decisione, un’idea potrebbe essere quella di conservare l’olio già aromatizzato con spezie ed erbe aromatiche e decongelarne così solo il quantitativo necessario.
Viceversa, l’olio di oliva si conserva a temperatura ambiente per 2 anni a partire dall’imbottigliamento. Le indicazioni da rispettare sono:
mantenerlo in un luogo fresco e asciutto: l’olio comincia a cristallizzare a 12°C e a cristallizzare sotto i 4°.
utilizzare bottiglie scure per tenerlo a riparo dalla luce.
chiudere bene il tappo: l’ossidazione quindi il contatto dell’olio con l’aria, può provocare irrancidimento.
Mangiare a colori è un ottimo consiglio per mantenere una buona salute e per prevenire le malattie
Un nuovo modo di considerare i cibi che mettiamo nel piatto
Cosa significa mangiare a colori e perché è importante?
I colori giocano un ruolo importante per varie ragioni. Da un lato il colore è determinato da classi di sostanze contenute in verdura e frutta, che conferiscono molte importanti qualità nutrizionali, dall’altro i colori dei cibi contribuiscono a determinare la loro appetibilità in quanto trasmettono informazioni e sensazioni che influenzano il gradimento di ciò che scegliamo di mangiare. Ci sono poi altri aspetti che riguardano la diversa energia che i colori ci trasmettono. D’altronde dal punto di vista fisico, ad ogni colore è collegata una diversa frequenza e una differente lunghezza d’onda.
Alcuni motivi per cui è importante mangiare a colori
Focalizza la nostra attenzione sulla varietà dei cibi.
Mette al centro della nostre scelte alimentari frutta e verdura che, insieme ai cereali integrali, sono alla base di una alimentazione sana.
Consente di assumere con l’alimentazione gran parte dei nutrienti di cui abbiamo bisogno.
L’attenzione sull’accostamento dei colori nei piatti ci stimola altri sensi, oltre al gusto.
Stimola la nostra fantasia ed evita di farci mangiare per abitudine, a volte cibi che non fanno per noi
Sposta la nostra attenzione dalla quantità del cibo che mettiamo nel piatto alla composizione del piatto steso ed agli accostamenti di cibi e colori.
Dunque quando parlo di colori dei cibi mi riferisco a frutta e verdura, possibilmente di stagione e,se disponibile, del territorio in cui viviamo.
Le proprietà salutistiche della frutta e della verdura sono dovute alle loro proprietà nutrizionali (fibre, vitamine, minerali, enzimi) ed anche alla abbondante presenza di alcune speciali sostanze colorate protettive. I Polifenoli e i Flavonoidi, ad esempio, conferiscono alla frutta e alla verdura i colori vivaci e invitanti di cui vi sto parlando.
Non dimentichiamo però tutto il mondo delle spezie, coloratissimo e ricchissimo di proprietà benefiche.
I 5 colori di frutta e verdura o i 5 colori della salute
Le diverse colorazioni di frutta e verdura possono essere raggruppate in 5 categorie:
rosso,
blu/viola.
giallo/arancio,
verde,
bianco.
Ogni colore è in relazione ad alcune sostanze specifiche a cui è attribuita un’azione protettiva dell’organismo e favorevole ad una buona salute. In quest’ottica variare il consumo di frutta e verdura nel corso della giornata ci consente di coprire gran parte dei fabbisogni nutrizionali del nostro organismo.
Nella lista che segue sono riportati i suggerimenti dei 5 colori dei cibi per alcuni dei vegetali più conosciuti e utilizzati. L’invito è di divertirvi a completare la lista ed a sperimentare i diversi abbinamenti possibili tra cibi appartenenti a gruppi diversi.
La cromoterapia utilizza diverse tecniche che utilizzano gli effetti benefici e rinforzanti dei colori per il riequilibrio del nostro sistema psicofisico. In questa visione i colori dei cibi possono contribuire allo scopo.
Ad esempio i colori caldi, come rosso, arancione e giallo, stimolano l’appetito mentre i colori freddi come il blu e il viola possono calmare le persone ansiose ed iperattive grazie alla caratteristica di rallentare le funzioni in eccesso.
Tutto quello che c’è da sapere a riguardo a questo alimento. I porri forniscono cicloallina, una sostanza in grado di sciogliere i globuli di sangue che si formano all’interno dei vasi sanguigni. Ha poche calorie ( 61Kcal per 100 grammi ) quindi indicato a chi è in dieta ipocalorica e ha proprietà antisettiche perché contiene zolfo e per l’apporto di solfuro di allile e cicloallina. Il porro pur facendo parte della famiglia delle cipolle, contiene anche carotene, luteina e zeaxantina quindi ottimo sulla vista. Il porro è ottimo per la digestione, perché contiene solforati che favoriscono la secrezione della bile. I porri sono ricchissimi d’acqua, di sali minerali, come ferro, magnesio potassio e calcio. Sono ricchi di vitamine tra le più presenti abbiamo la vitamina A C e K. E’ un all’alleato dell’intestino e ha funzioni lassative. Si può consumare sia crudo che cotto, anche se ovviamente consumato crudo mantiene al meglio le sue proprietà. I porri fanno parte degli ortaggi bianchi e sapete che viene consigliato di variare l’alimentazione assumendo sostanze preziose per l’organismo diverse tra loro e ogni colore corrisponde a sostanze specifiche ad azione protettiva, per cui solo variando nell’arco della giornata alimentazione e consumo di frutta e verdura potremo coprire tutti i fabbisogni dell’organismo, le colorazioni sono divise in 5 categorie. I porri si trovano in commercio da settembre ad aprile, anche se ora ci sono delle varietà anche estive. Per qualsiasi dubbio che riguardi la vostra salute e i rimedi naturali, vi ricordiamo di consultare sempre il vostro medico, naturopata o erborista di fiducia.
Vi ricordiamo sempre che, sia cotto che a crudo, di condire sempre con un buon Olio di Oliva.
Il pomodoro rosso è da sempre considerato come il principe della dieta mediterranea, tra gli alimenti più importanti e consumati quotidianamente nelle case di milioni di italiani. Nonostante lo utilizzino come condimento oppure crudo, molti ancora oggi ne ignorano le proprietà benefiche e le ripercussioni positive che ha sulla nostra salute.
La passata di pomodoro semplice e salutare
Nella sua forma semplice, nella sua forma riconoscibile e nel colore rosso acceso si nasconde la meraviglia di un perfetto equilibrio tra sapore e proprietà che lo rendono un alimento indispensabile per il nostro organismo.
A prescindere da quella che il metodo di coltura e di produzione, la passata di pomodoro risulta essere un alimento semplice e dalle ottime proprietà nutritive, proprio per via dell’importanza dell’ortaggio dalla quale deriva. La vera fortuna della salsa di pomodoro consiste proprio nella comodità con la quale può essere consumata durante tutto l’anno, anche quando non abbiamo a disposizione i pomodori di stagione.
I benefici della salsa di pomodoro per la nostra salute
Se nei tempi antichi si esaltava la già ben nota capacità di questo alimento di fare bene alla salute, oggi ci sono delle evidenze scientifiche che affermano che la passata di pomodoro è uno tra i prodotti che fanno più bene all’interno della nostra dieta mediterranea. La “salsa” possiede infatti potenti poteri antiossidanti, davvero incredibili, amplificati ulteriormente dal processo di conservazione e la conseguente cottura prima di essere consumata.
Le sostanze antiossidanti presenti all’interno della passata di pomodoro riescono a contrastare lo stress e l’invecchiamento delle nostre cellule, favorendone addirittura la produzione di nuove da parte dell’organismo.
Il licopene è la sostanza alla base del pomodoro
La possiamo trovare all’interno di ogni tipologia di pomodoro, e le conferisce il tipico colore rosso che rende così unico questo ortaggio: stiamo parlando del licopene. Questa sostanza possiede delle proprietà incredibili per il nostro organismo infatti risulta essere fondamentale per contrastare alcune malattie, tra le quali l’osteoporosi.
L’osteoporosi è una malattia degenerativa che provoca un aumento della fragilità ossea con il conseguente rischio di incorrere in fratture. Grazie alla sostanza contenuta all’interno della salsa di pomodoro è possibile fornire un aiuto al nostro organismo per contrastare queste malattie.
Ma non finisce qui: il pomodoro, quando maturo, è inoltre ricco di tantissime vitamine tra cui la vitamina C e K, oltre a questo è anche ricco di potassio.
Insomma, il pomodoro è un vero e proprio toccasana per la nostra salute, un super alimento che non deve mai mancare sulle nostre tavole soprattutto condito con Olio di Oliva buono!
Le caratteristiche nutrizionali del prosciutto crudo cambiano a seconda della varietà a cui si fa riferimento. Possiamo però dire che in linea generale, prendendo come metro di riferimento due dei prosciutti più celebri del mercato nostrano come il crudo di Parma e il San Daniele, i valori per 100 grammi di prodotto siano così composti: 268-320 grammi di calorie, 25.5-28.3 grammi di proteine, 18.4-23 grammi di lipidi, 42.8-50.6 grammi di acqua, tra i 69 e i 72 grammi di colesterolo, 291-373 grammi di potassio, 0.89-2.57 grammi di sodio, 26 mg di magnesio, 92-261 mg di fosforo, 3.23 mg di zinco, 0.81 mg di ferro e per finire vitamine del gruppo B che sono presenti in piccola quantità sotto forma di tiamina, riboflavina, niacina e B6.
LE PROPRIETÀ DEL PROSCIUTTO CRUDO
Il prosciutto crudo trova gran parte delle sue proprietà benefiche grazie alla sua natura prevalentemente proteica. In linea di massima è indicato in caso di dieta dimagrante come sostituto della carne (questo salume è infatti più magro rispetto a molte altre varietà di carne), in caso di sport per il quale viene visto come supporto all’aumento della massa muscolare, e viene anche consigliato come sostituto della carne più in generale. Inoltre nella dieta di quanti soffrono di gastrite il prosciutto crudo, privato della sua parte grassa, può essere un ottimo alimento sul quale improntare la propria dieta in quanto risulta molto digeribile.
Per quel che riguarda il quantitativo consigliato, la via più equilibrata consiste nel mangiare tra i 50 e i 60 grammi di prosciutto crudo per un massimo di due volte a settimana: questo limite è dettato dall’elevato contenuto di sodio, ma il bello del prosciutto è che può essere assunto da tutte le categorie di persone (anche dai celiaci) purché non contenga il glutine tra gli additivi usati.
LE CONTROINDICAZIONI DEL PROSCIUTTO CRUDO
Per quanto attiene il discorso delle controindicazioni, il prosciutto crudo non andrebbe consumato in gravidanza poiché essendo carne cruda, può trasmettere la toxoplasmosi che è dannosissimo per l’incolumità del feto. Anche chi soffre di colesterolo alto non dovrebbe esagerare col prosciutto perché potrebbe incorrere nel rischio di aumentare il colesterolo e di sovraccaricare il fegato, così come dovrebbe stare alla larga dal crudo anche chi soffre di pressione alta (sempre a causa dell’elevato contenuto di sodio).
C’è molto dibattito, poi, circa il rapporto che corre tra il consumo di prosciutto crudo (e più in generale di carne rossa) e l’insorgere di forme tumorali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha confermato infatti una credenza che in realtà circola già da molti anni, ossia che consumare carne rossa sotto forma di grigliate o di insaccati indurrebbe al rischio di contrarre il cancro. Tuttavia un consumo occasionale di prosciutto crudo non è da considerare in alcun modo pericoloso per la salute.
I tempi di digestione degli alimenti possono variare, anche notevolmente, da individuo ad individuo, in funzione, ad esempio, dell’attitudine a masticare lentamente, dell’acidità gastrica e della motilità intestinale.
Alimenti
Quantità
Alimenti
Quantità
20 minuti – 2 ore
2-3 ore
BirraBrodo senza aggiunte Cacao senza aggiunte Caffè senza aggiunte Latte Bollito Tè senza aggiunte Uova al latte Vino leggero Frullati di verdura o frutta Coco Cocomero / Melone Frutta Latte scremato
In generale, i tempi di digestione aumentano proporzionalmente al contenuto in grassi degli alimenti, mentre diminuiscono quando il cibo viene masticato con cura, adeguatamente cotto od ha una consistenza liquida. Tra i vari metodi di cottura, quelli più impegnativi dal punto di vista digestivo sono la frittura e la grigliatura (in particolare se sono presenti parti carbonizzate).
Sempre come indicazione generale, il cibo ingerito raggiunge il tratto finale del piccolo intestino nel giro di 6-8 ore; l’eliminazione delle scorie e dei residui indigeribili inizia circa 24 ore dopo la deglutizione e per completarsi può richiedere alcuni giorni.
Il tempo medio di passaggio dei residui di cibo non digeriti nell’intestino umano è di 50 ore nell’uomo e di 57 ore nella donna, con ampie variazioni intra ed inter-individuali (minimi ben al di sotto delle 20 ore e massimi al di sopra delle 100 ore).
L’OLIO DI OLIVA E’ IL GRASSO ALIMENTARE VEGETALE PIU’ SANO E LEGGERO DA DIGERIRE.
Da sempre l’olio d’oliva è stato usato come emolliente, ammorbidente e antinfiammatorio in tutti gli stati di secchezza e desquamazione cutanea. Inoltre, prima dell’invenzione dei punti di sutura, veniva anche usato come cicatrizzante in caso di ferite da taglio.
Autorevoli studi scientifici ed esperienze terapeutiche trasferite in campo cosmetico confermano le teorie empiriche del passato sulle sue proprietà.
Negli ultimi anni è stato dimostrato come la composizione dei grassi trigliceridi dell’olio d’oliva sia molto simile al sebo della cute; in più tra i lipidi naturali è quello con la maggiore affinità per lo strato lipidico della nostra pelle.
Oltre ai grassi, che ne costituiscono il 98%, nell’olio di oliva troviamo anche una piccola “frazione insaponificabile”, costituita da sostanze come la vitamina E, che protegge la pelle dall’invecchiamento, evita il formarsi di smagliature, controlla la produzione della melanina e previene la creazione delle macchie senili.
L’olio contiene inoltre la vitamina A, che impedisce la secchezza delle mucose; la vitamina D, che permette una buona assunzione del calcio e infine i carotenoidi, che dopo l’assorbimento vengono trasformati in retinolo, un vero nemico dei radicali liberi. Infine l’olio d’oliva contiene anche lo squalene, un idrocarburo presente anche nelle secrezioni sebacee degli esseri umani.
Questo gli permette di penetrare negli strati più profondi della pelle e di riformare il filo idrolipidico, indebolito dai raggi solari e dai detergenti.
L’olio d’oliva è molto utilizzato nella settore cosmetico perché porta nutrimento e acidifica la cute. In più può essere utilizzato per impacchi, bagni, maschere ed emulsioni dopo-bagno. È infatti un ottimo tonificante e rivitalizzante.
Secondo la tradizione è anche un ottimo rimedio contro la debolezza e la caduta dei capelli, in quanto riesce a nutrire in profondità il bulbo pilifero, irrobustendolo.
Un ultimo possibile impiego dell’olio d’oliva nel settore cosmetico è come solare; recenti studi infatti hanno dimostrato che questo prodotto permette ai raggi ultravioletti di penetrare nella nostra pelle, ma grazie alle sue proprietà antiossidanti riesce a proteggerci dai loro danni.
Il timo è un’erba aromatica dal profumo simile all’origano, ma, oltre ad essere usato in cucina è molto utile per contrastare acne, tosse e infezioni. Vediamo quali sono le altre proprietà!
Il timo, o timo officinalis (Thymus vulgaris) è una pianta arbustiva appartenente alla famiglia delle Lamiaceae, di cui fa parte anche la menta.
Si presenta con ramificazioni ricche di foglie dal colore verde-griglio, mentre il fiore del timo presenta un caratteristico colore rosa-lilla.
Il timo viene utilizzato soprattutto come erba aromatica, ma è anche noto come pianta officinale, infatti, numerose sono le sue proprietà. A cosa serve il timo?
Il timo presenta un gusto caratteristico, simile a quello dell’origano, pertanto, viene utilizzato principalmente come erba aromatica nella preparazione di piatti salati, come patate al forno, insalate, carne, pesce o verdure estive, come pomodori, zucchine e peperoni.
Inoltre, è ricco di proprietà benefiche per la salute e può essere utilizzato in forma di infuso o olio essenziale.
Proprietà e benefici del timo
Il timo è utile non solo per aromatizzare i propri piatti e renderli più gustosi, ma anche per migliorare alcuni sintomi o disturbi di salute.
Vediamo quali sono le sue principali proprietà:
Migliora la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa.
Migliora la colesterolemia.
Contrasta la tosse e le infezioni del tratto respiratorio.
Contrasta l’acne.
Antimicrobico.
Antinfiammatorio.
Valori nutrizionali del timo
100 g di timo fresco apportano:
91 kcal
Proteine 3 g
Carboidrati 15,1 g
Zuccheri semplici 15,1 g
Grassi 2,5 g
Fibre 12,3 g
Come si coltiva il timo?
Il timo cresce naturalmente in ambiente aridi o sassosi e non richiede molta cura o particolari condizioni ambientali, pertanto, è molto semplice da coltivare nell’orto o anche in terrazzo.
La semina va fatta in primavera, oppure, si può acquistare la piantina già pronta per essere trapiantata nel proprio orto o vaso da terrazzo.
Quando la piantina è molto giovane, è necessario innaffiarla spesso, mentre una volta raggiunte dimensioni discrete, si può innaffiare solo in caso di siccità.
Una varietà molto particolare di timo che si può coltivare in vaso, è quella del timo limone, dal caratteristico aroma di limone.
Cosa simboleggia il timo?
In Grecia il timo era considerato un simbolo di coraggio, tanto che i soldati greci erano solti strofinarsi delle foglie di timo sul petto oppure bagnarsi con acqua di timo prima di andare in battaglia
Due studi certificano i benefici di biofenoli, squalene
Dott. Fernando López Segura internista dell’Ospedale Reina Sofía, professore di Medicina Interna presso l’Università di Córdoba
Grazie agli studi Predimed e CordioPrev possiamo affermare che il consumo di olio vergine di oliva – tra molti altri benefici o effetti salutari – riduce il rischio di ischemia, infarto al miocardico o ictus ischemico cerebrale, . E ci troviamo di fronte al miglior grasso vegetale che l’uomo possa consumare. La ricerca sugli effetti dell’olio d’oliva sulla salute è iniziata 60 anni fa, con il primo lavoro di Ancel Keys e Grande Covián, il Seven Countries Study , dove si dimostrò che le popolazioni che consumano grassi insaturi, soprattutto olio d’oliva – acido oleico -, hanno un una minore incidenza di infarti miocardici e un livello più basso di colesterolo nel sangue.
All’inizio era solo l’acido oleico
Da allora le ricerche su questo argomento si sono moltiplicate in modo esponenziale, e oggi sono più di 20.000 i lavori pubblicati nel mondo. Fino a 30 anni fa si pensava che il suo grasso, l’acido oleico, fosse il maggiore responsabile di questi benefici, ma studi successivi hanno fornito prove conclusive che i componenti minoritari dell’olio vergine di oliva, con i biofenoli in prima linea, sono sempre più protagonisti di questi benefici. effetti.
Negli ultimi 30 anni sono stati pubblicati numerosi lavori che dimostrano che l’olio vergine di oliva ha un effetto benefico su tutti i fattori di rischio cardiovascolare e, inoltre, ha un grande effetto protettivo diretto sulle nostre arterie: antiossidante, ipotensivo, antipiastrinico e anticoagulante… Inoltre, previene o migliora il diabete, aumenta il colesterolo HDL protettivo, protegge l’interno delle nostre arterie (l’endotelio) e può anche avere un effetto antitumorale. E non è stato realmente esplorato alcun campo sanitario in cui l’olio vergine di oliva abbia mostrato il minimo effetto dannoso.
Gli studi Predimed e CordioPrev
Ma restava da compiere l’ultimo passo, quello definitivo, per dimostrare l’evidenza clinica: il consumo di olio d’oliva vergine riduce il rischio di subire un’ischemia vascolare, un infarto del miocardio o un ictus ischemico cerebrale. Questo è ciò che abbiamo ottenuto negli ultimi 10 anni con la pubblicazione dei due grandi studi clinici sulla Dieta Mediterranea e l’olio vergine di oliva e sulle malattie cardiovascolari: gli studi Predimed e CordioPrev.
Lo studio Predimed, diretto dal dottor Ramón Estruch e pubblicato sulla rivista New England nel 2013, ha preso in esame la cosiddetta prevenzione primaria, pazienti con fattori di rischio vascolare (diabete, HBP, ipercolesterolemia, obesità) che non hanno ancora subito un incidente vascolare. Il follow-up quinquennale di oltre 7.500 pazienti ha dimostrato che la dieta mediterranea con olio d’oliva vergine riduce il rischio di subire un infarto o morte del 30% rispetto a coloro che consumavano una dieta povera di grassi e ricca di carboidrati complessi, che era quanto fino ad allora consigliato dal panel di esperti americano e dai paesi anglosassoni.
Nel maggio 2022, il nostro gruppo dell’Ospedale Reina Sofía di Córdoba e dell’IMIBIC (Istituto Maimonides per la Ricerca Biomedica di Córdoba) ha dimostrato in modo definitivo l’effetto protettivo dell’olio d’oliva in pazienti che avevano già avuto un infarto, ciò che chiamiamo prevenzione secondaria. : stiamo parlando dello studio CordioPrev, pubblicato sulla rivista scientifica di riferimento Lancet .
Dopo aver seguito per sette anni 1.002 pazienti che avevano subito un infarto nell’ultimo anno, coloro che hanno adottato una Dieta Mediterranea con olio extravergine d’oliva hanno subito un nuovo infarto o sono morti il 27% in meno e, se consideriamo solo gli uomini, il gruppo più numeroso -, la riduzione è arrivata al 33% rispetto a chi ha consumato una dieta povera di grassi, quella consigliata fino a quel momento. Questi valori di protezione erano superiori a quelli ottenuti con i farmaci che utilizziamo oggi in questi pazienti.
Oggi possiamo affermare categoricamente che l’olio vergine di oliva è il miglior grasso che l’uomo possa consumare, migliora tutti i fattori di rischio cardiovascolare ed ha un potente effetto antiossidante e protettivo sull’endotelio delle nostre arterie. Ma siamo anche certi che la magia dell’olio d’oliva è dovuta soprattutto ai suoi componenti minoritari: polifenoli, vitamine, squalene, ecc.
Pertanto, la grande sfida per il futuro del settore olivicolo, su cui dovrà concentrare tutti i suoi sforzi, è quella di produrre sempre più olio vergine, e soprattutto extravergine, poiché gli altri oli raffinati hanno solo i benefici che apporta l’acido oleico, che sono minori. Il concetto di qualità negli oli di oliva, dal punto di vista salutistico, risiede nella produzione di olio vergine. La scienza è inarrestabile e non inganneremo nessuno, i consumatori sono ogni giorno sempre più informati su questi concetti.
1. È ricco di polifenoli. L’olio extra vergine di oliva è una fonte particolarmente abbondante di polifenoli, composti bioattivi naturalicon proprietà antiossidanti che si trovano negli alimenti vegetali come frutta, verdura e olive.
2. Promuove fortemente la salute cardiovascolare.
L’olio d’oliva è considerato salutare per il cuore per ( molte ) buone ragioni. Nello studio PREDIMED , spesso citato , le persone che seguivano una dieta in stile mediterraneo che includeva più di 4 cucchiai di olio extra vergine di oliva al giorno avevano un rischio inferiore di sviluppare malattie cardiovascolari e il rischio combinato di infarto, ictus e morte per cuore.
3. Può ridurre il rischio di alcuni tumori.
Sebbene l’assenza di cibo sia la soluzione magica per la prevenzione del cancro, il consumo di olio d’oliva potrebbe essere uno dei motivi per cui i tassi di cancro tendono ad essere più bassi nei paesi del Mediterraneo.
4. Supporta una memoria sana e la funzione cerebrale.
Lo stress ossidativo è implicato nella progressione delle malattie neurodegenerative , compreso il morbo di Alzheimer. Ma i polifenoli dell’olio extra vergine di oliva, in particolare l’oleocantale, funzionano come potenti antiossidanti che possono aiutare a contrastare questo effetto.
5. Supporta una prospettiva mentale e un umore sani.
I nutrienti nutrienti per il cervello dell’olio d’oliva possono anche aiutare a migliorare il tuo umore . In effetti, studi affascinanti del 2010 , 2017 e 2019 supportano tutti un crescente numero di ricerche che suggeriscono che le diete in stile mediterraneo possono effettivamente aiutare a curare la depressione!
6. Combatte il dolore e l’infiammazione.
L’olio d’oliva può essere un’aggiunta particolarmente valida alla tua dieta se soffri di artrite o di un’altra condizione infiammatoria cronica. Innanzitutto, è stato dimostrato che i grassi monoinsaturi riducono i livelli di proteina C-reattiva, un marcatore infiammatorio elevato in condizioni come l’artrite reumatoide.
7. Può aumentare la salute e la forza delle ossa.
Nella categoria strano ma vero: uno studio del 2018 ha rivelato un aumento della densità ossea tra le donne che assumevano il più alto consumo di olio d’oliva, risultati che sono rimasti veri anche dopo aver tenuto conto dell’assunzione da parte delle donne di calcio e vitamina D per la costruzione delle ossa.
8. Supporta un microbioma intestinale sano.
Il tuo microbioma intestinale influenza tutto, dalla digestione all’umore fino all’aspetto della tua pelle, quindi mantenerla sana è nel tuo migliore interesse! Ottime notizie: i polifenoli dell’olio d’oliva possono ridurre l’infiammazione del tratto gastrointestinale e favorire la crescita di batteri buoni.
9. Supporta un sistema immunitario sano.
Che tu stia cercando di evitare un raffreddore, di ridurre il rischio di cancro o di gestire una condizione autoimmune, un sistema immunitario sano è vitale. E, a quanto pare, al tuo sistema immunitario piacciono davvero i grassi sani!
10. Riequilibra lo zucchero nel sangue e può aiutare a prevenire il diabete.
I grassi sani sono una componente alimentare chiave per chiunque cerchi di prevenire o gestire il diabete di tipo 2. In uno studio del 2017 , le persone che mangiavano più olio d’oliva avevano un livello di zucchero nel sangue a digiuno più basso e un rischio ridotto del 16% di sviluppare il diabete.
11. Potrebbe aiutarti a perdere peso.
Poiché l’olio d’oliva aiuta a mantenere stabili i livelli di zucchero nel sangue, può aiutare a frenare l’appetito che altrimenti potrebbe portare a mangiare troppo e ad aumentare di peso, un altro motivo per abbandonare il condimento per insalata senza grassi a favore di EVOO e aceto!
12. È l’olio più sano con cui puoi cucinare.
Contrariamente alla credenza popolare, l’olio EVO ha in realtà un punto di fumo da moderato a alto compreso tra 176⁰ e 232⁰ , tuttavia, il punto di fumo non è correlato alla stabilità dell’olio da cucina sotto il calore. Una ricerca del 2018 suggerisce che l’ olio extra vergine di oliva è l’olio da cucina più stabile, resistendo meglio alla degradazione rispetto agli oli con un punto di fumo elevato. Ciò significa che puoi utilizzare l’olio extra vergine di oliva per rosolare, friggere, cuocere al forno e persino friggere.
L’olio extra vergine di oliva è una fonte di vitamine molto importanti come A, D, E e K. Ciascuna di queste vitamine, così come altre caratteristiche della composizione dell’olio EVO, lo rendono un ingrediente necessario per la protezione della salute.
Olio d’oliva: vitamina A
La vitamina A aiuta a mantenere una buona vista, il sistema immunitario e la capacità di riprodursi. Fornisce anche benefici al cuore, ai polmoni e ai reni, tra gli altri organi.
Aiuta lo sviluppo delle ossa, dei denti, dei tessuti molli, delle mucose e della pelle.
È strettamente correlato all’acne, poiché una carenza di vitamina A nella dieta può provocarne la comparsa.
Aiuta anche la formazione della retina, motivo per cui è noto anche come retinolo.
Contribuisce inoltre alla prevenzione delle malattie infettive, soprattutto dell’apparato respiratorio, o di altre patologie come il morbillo.
Promuove la produzione di sperma e contribuisce al ciclo riproduttivo femminile, favorendo i cambiamenti che avvengono nelle cellule durante lo sviluppo del feto.
Vitamina D
La vitamina D aiuta il corpo ad assorbire il calcio e a prevenire l’osteoporosi, una malattia che rende le ossa più sottili, più deboli e più soggette a fratture. La vitamina D svolge anche un ruolo nel sistema nervoso, muscolare e immunitario. I muscoli ne hanno bisogno per il movimento e i nervi ne hanno bisogno per trasmettere messaggi tra il cervello e altre parti del corpo.
La vitamina D è essenziale per il mantenimento degli organi. Alcune delle funzioni in cui interviene sono:
Regolazione dei livelli di calcio e fosforo nel sangue.
Favorisce l’assorbimento intestinale del fosforo e del calcio provenienti dagli alimenti ed il riassorbimento del calcio a livello renale.
Partecipa allo sviluppo dello scheletro contribuendo alla formazione e alla mineralizzazione delle ossa.
Interviene nei processi del sistema immunitario.
Potrebbe avere proprietà antitumorali.
Funzioni antietà.
Inoltre, è un ottimo antiossidante.
Vitamina E nell’olio d’oliva
Troviamo questa vitamina negli alimenti vegetali e soprattutto negli alimenti a foglia verde.
La vitamina E
protegge il nostro corpo dai radicali liberi che causano la degenerazione dei tessuti, motivo per cui è stata associata alla giovinezza e alla bellezza della pelle .
È cicatrizzante e aumenta la produzione di cellule di difesa, quindi aiuta a combattere le infezioni.
Previene l’ossidazione del colesterolo cattivo LDL, che porterebbe alla comparsa di ateroma o placche arteriosclerotiche, che impediscono il corretto flusso sanguigno attraverso il sistema arterioso.
Per il suo contenuto di vitamina E e il suo effetto antiossidante sulla membrana cellulare, l’olio d’oliva è particolarmente consigliato ai bambini e agli anziani. Inoltre, la carenza di vitamina E è molto pericolosa in quanto è associata a disturbi neurologici poiché si verifica una cattiva conduzione degli impulsi nervosi.
Vitamina K
Le vitamine K sono coinvolte fondamentalmente nella coagulazione del sangue, nel metabolismo del calcio e nella mineralizzazione delle ossa. Nello specifico, occorrono 120 microgrammi al giorno di questa vitamina contenuta nell’olio extravergine di oliva.
Insomma, l’olio extravergine di oliva è un superalimento dai tanti benefici per la salute. Se non hai ancora deciso di integrarlo nella tua dieta, ti consigliamo di prenderlo in considerazione, perché potresti trarne benefici in diversi modi.
Senza dimenticare le proprietà e i benefici per la salute dei polifenoli (un antiossidante naturale) presenti nell’olio d’oliva che aiutano e prevengono malattie degenerative come l’Alzheimer, e agiscono contro l’invecchiamento. Riduce il rischio di soffrire di malattie cardiovascolari aumentando l’HDL o colesterolo buono .
Quanto olio extravergine di oliva dovresti consumare al giorno?
La dieta di un adulto dovrebbe fornire tra le 2000 e le 2500 calorie al giorno. Di questi, il 30% deve provenire dai grassi perché sono necessari all’organismo. Tuttavia, mangiare sano dipenderà dall’origine di questi grassi. Ad esempio, per mangiare sano è necessario evitare alcuni grassi animali o burri che non sono molto benefici, e sostituirli con Olio Extravergine di Oliva , che contiene grassi insaturi.
Gli esperti indicano che il consumo di 40 ml di Olio Extravergine di Oliva sarebbe il più indicato. Ciò equivale a circa 350 kcal. Anche se può sembrare molto, tieni presente che le calorie dell’Olio Extra Vergine di Oliva contribuiscono molto di più alla salute rispetto all’assunzione di altri alimenti che a volte consumiamo nella nostra vita quotidiana, come la pasticceria industriale.
La portulaca è una pianta spontanea che cresce negli orti e nei frutteti durante tutta la stagione estiva. Nota anche come erba porcellana, la portulaca è considerata un’erbaccia da estirpare, ma si tratta di una pianta commestibile ricca di proprietà e benefici.
di TATIANA MASELLI
Portulaca, descrizione della pianta
La portulaca (Portulaca oleracea) è una pianta spontanea originaria di alcune regioni dell’India, dell’America meridionale e del Nord Africa e presente in tutto il territorio del nostro Paese dalla primavera inoltrata fino ai primi geli.
In primavera e in estate la si trova facilmente negli orti, nei frutteti, ma anche nei campi coltivati.
Nota anche come erba porcellana, la portulaca è una pianta annuale con portamento prostrato: i suoi fusti carnosi, di colore verde o rossastro e molto ramificati, crescono lungo il terreno schiacciati a terra.
I fusti della portulaca portano foglioline ovali, verdi, lucide e carnose e, nelle giornate calde e assolate, si possono notare i suoi piccoli fiori gialli. La fioritura avviene a scalare per tutta l’estate e, dopo la fioritura si sviluppano capsule che a maturazione si aprono lasciando cadere i semi a terra.
Per questo, anche se la portulaca in inverno muore a causa delle temperature rigide, la si vedrà rispuntare durante la bella stagione.
Portulaca pianta infestante
Un tempo la portulaca veniva coltivata a scopo alimentare, poiché tutte le parti aeree della pianta sono commestibili e possono essere consumate crude o cotte per sfruttarne le proprietà.
Oggi è considerata un’erbaccia infestante e spesso viene estirpata da orti e frutteti dove cresce spontaneamente. Se si ha la fortuna di avere della portulaca selvatica nel proprio terreno, la si può raccogliere e consumare.
In alternativa, è possibile prelevarne in natura le quantità necessarie al consumo oppure raccogliere qualche rametto da piantare in vaso o in giardino, dove radicherà molto velocemente.
L’erba portulaca cresce bene in qualsiasi tipo di terreno durante la stagione calda, prediligendo quelli leggeri, ricchi di: potassio, magnesio e ferro e poveri di fosforo e calcio.
Varietà
Oltre alla Portulaca oleacea esistono diverse varietà che vengono coltivate a scopo ornamentale in vaso o in giardino.
Tra le varietà di Portulaca ornamentale troviamo ad esempio:
La Portulaca grandifoglia, una pianta molto rustica, con foglie sempre carnose ma sottili e fioriture abbondanti e colorate che durano per tutta l’estate.
Questa varietà di portulaca è perenne, ma nelle regioni in cui le temperature scendono spesso sotto lo zero, la pianta difficilmente resiste alla stagione fredda, dunque la portulaca muore in inverno; per evitarlo si può ricoverare la pianta in una serra se coltivata in vaso, oppure coprirla con un apposito telo da giardinaggio per proteggerla.
Durante la bella stagione, invece, la portulaca non ha bisogno di molte cure: la si può coltivare in vaso o in piena terra, non necessita di irrigazioni abbondanti e cresce meglio se viene posizionata al sole.
Le proprietà della portulaca
La portulaca è considerata come un’erbaccia da estirpare dall’orto, ma in realtà la portulaca non è velenosa, è commestibile e ha proprietà interessanti.
Le foglie di portulacasono infatti ricche di proteine, che possono raggiungere percentuali fino al 40% del peso secco, oltre che di vitamine, minerali.
Si tratta quindi di una piantamolto nutriente, tanto che negli anni Quaranta del secolo scorso Gandhi inserì la portulaca tra le specie coltivabili allo scopo di combattere la fame nel suo Paese.
La portulaca è però nota soprattutto per la presenza di acidi grassi essenziali omega-3, dalleproprietà antinfiammatorie e utili per la prevenzione di malattie cardiovascolari.
I semi della portulaca, il cui sapore ricorda quello dei semi di lino, sono particolarmente nutrienti proprio per la quantità elevata di olio e proteine mentre le foglie contengono anche mucillagini dalle proprietà emollienti.
Benefici della portulaca
Come abbiamo visto, la portulaca è ricca di acidi grassi essenziali omega-3, noti per la loro azione antinfiammatoria e utili per prevenire patologie cardiovascolari.
Inoltre, foglie e fusti della portulaca sono ricchi di vitamine, sali minerali e di mucillagini dalle proprietà emollienti, utili per idratare la pelle:
All’epoca dei Romani, quando la portulaca fu introdotta in Europa, la pianta veniva usata a scopo medicinale e magico, oltre che alimentare. La portulaca era infatti considerata un rimedio contro il malocchio e la febbre.
Come assumere la portulaca
La portulaca è un’erba commestibile, dunque può essere assunta cruda o cotta, ma dato il sapore acidulo e sapido, in genere si preferisce consumarla cruda.
Da cotta non risulta sempre gradita per via della consistenza mucillaginosa. Della portulaca si consumano le parti aeree, quindi i fusti, le foglie giovani e le cimette, che hanno un sapore leggermente acidulo e consistenza carnosa; le parti verdi della pianta si possono far essiccare, così da poter essere conservate e consumate durante l’inverno.
Anche i semi della portulacasono commestibili e si usano interi o macinati.
La portulaca in cucina
Esistono numerose ricette con la portulaca: foglie e fusti crudi possono essere usati per preparare l’insalata di portulaca o insalate miste con pomodoro ed erbe aromatiche come il basilico o con altre verdure e il loro sapore si abbina bene con quello di formaggi e burro.
Le foglie e i gambi teneri possono anche essere pestati con aglio, pinoli e formaggio grattugiato per realizzare il pesto di portulaca.
Se si vogliono sperimentare ricette con foglie e gambi cotti, si può ripassare la portulaca in padella con un filo di olio e aglio; una volta cotta in questo modo, la si può gustare così o mescolare alle uova sbattute con formaggio grattugiato per preparare una frittata di portulaca.
Altra ricetta abbastanza diffusa è quella della portulaca in agrodolce, che si prepara facendo cuocere le parti aeree della pianta intere in un tegame con due-tre cucchiai di aceto di mele e un cucchiaio di zucchero, un filo d’olio e un pizzico di sale.
Bisogna comunque considerare che, una volta cotta, la portulaca assume una consistenza mucillaginosa non sempre gradita: se non vi piace, potete rimediare mescolandola a con altre verdure per preparare ripieni e contorni misti; proprio la consistenza mucillaginosa della portulaca può però essere sfruttata per addensare minestre, zuppe e vellutate di verdure.
I semi, interi o macinati, si usano in modo simile ai semi di amaranto, altra pianta spontanea commestibile. I semi della portulaca cotti in acqua bollente possono quindi essere aggiunti a yogurt, cerealiper la colazione, zuppe di legumi. Dai semi della portulaca si ottiene anche una farina che può essere usata in piccole quantità per arricchire gli impasti per pane, dolci e altri prodotti da forno.
La maggior parte degli acquirenti sa che l’olio extra vergine di oliva è il grado più alto di olio d’oliva disponibile: tutto naturale, ricco di sapore e di composti salutari. Ma quali altre forme di olio d’oliva esistono e conviene acquistarle?
La prima cosa da sapere è questa: se un olio d’oliva non è descritto come “vergine” allora probabilmente contiene olio raffinato. Questo è infatti il caso di tutti gli oli da cucina presenti sullo scaffale del supermercato (es. vegetale, di mais, di colza, ecc.).
Perché alcuni oli d’oliva vengono raffinati? Tutto l’olio d’oliva, cioè tutte le tipologie, dagli oli d’oliva normali e dal gusto leggero a quelli extra vergini, vengono raccolti una volta all’anno e l’olio viene estratto meccanicamente, senza l’uso di prodotti chimici. L’olio risultante viene classificato. L’olio d’oliva dal miglior sapore che soddisfa rigorosi parametri di qualità e purezza può essere venduto come olio extra vergine di oliva. Gli oli extra vergini di oliva subiscono solo lavorazioni minime, come la filtrazione. Gli oli che non soddisfano gli elevati standard dell’extravergine possono essere raffinati, un processo di purificazione che rimuove sapore e colore, identico al processo seguito da altri oli dal sapore neutro come oli di mais, colza e soia. Tipicamente l’olio d’oliva raffinato viene miscelato con circa il 15-20% di olio d’oliva vergine o extra vergine per dargli un po’ di gusto e colore prima di essere venduto. Quindi, se un prodotto si chiama semplicemente “olio d’oliva” (o “olio d’oliva normale” o “olio d’oliva classico” o talvolta anche “olio d’oliva puro”) si tratta di una miscela di due tipi di olio d’oliva: raffinato e vergine e quindi avrà un po’ di sapore di oliva dall’olio extravergine d’oliva aggiunto. Se un prodotto si chiama olio d’oliva “dal sapore leggero”, viene aggiunto meno olio d’oliva vergine e quindi l’olio avrà un sapore neutro.
L'”olio d’oliva” è un olio d’oliva autentico al 100% che presenta molti degli stessi benefici per la salute dell’olio extravergine di oliva a un costo inferiore. Ecco alcuni fatti sull’olio d’oliva.
L'”olio d’oliva” contiene tutti gli stessi grassi monoinsaturi salutari per il cuore dell’olio extravergine di oliva.
L’olio d’oliva contiene circa il 15-20% degli antiossidanti e dei polifenoli sani presenti nell’olio extra vergine di oliva.
La FDA e l’ American Heart Association hanno designato gli oli d’oliva di tutte le qualità, incluso “O live Oil” , come “sani per il cuore”.
Il colore del “O Olio vivo” può variare dal verde al giallo chiaro (a seconda del colore e della quantità di extravergine aggiunto).
Come tutti gli oli d’oliva, “O olio vivo” può solidificarsi a basse temperature ma questo non è un indicatore di qualità.
“O olio vivo” va conservato come l’olio extravergine di oliva per evitare l’irrancidimento.
Il processo di raffinazione può essere (a seconda del livello di acidità libera dell’olio d’oliva) molto meno duro di quello utilizzato per altri oli da cucina (ad esempio, mais, verdura, soia, colza) perché a differenza di questi prodotti, l’olio d’oliva per definizione non può MAI essere estratto utilizzando solventi chimici, rendendo l’olio d’oliva un olio da cucina particolarmente salutare.
Alcune persone si riferiscono all'”olio d’oliva” come olio d’oliva classico, olio d’oliva normale o olio d’oliva puro, sebbene quest’ultimo termine sia scoraggiato per evitare confusione. L’olio d’oliva è amato da coloro che preferiscono un olio d’oliva dal sapore più leggero ma comunque con un profilo salutare di grassi monoinsaturi.
Che differenza c’è tra l’ olio “O olio vivo” e l’olio “leggero”?
L’olio d’oliva dal sapore leggero o extra leggero è simile a “O olio vivo” ma contiene una percentuale maggiore di olio d’oliva raffinato. Ha lo stesso numero di calorie e grammi di grassi di tutti gli oli d’oliva; poiché ha meno arricchimento di olio d’oliva vergine, ha meno polifenoli e antiossidanti dell’olio d’oliva. La parola “leggero” significa che ha un sapore più leggero.
Quando dovrei usare l’olio d’oliva al posto dell’olio extra vergine di oliva?
Si tratta davvero di una questione di preferenze di gusto e di budget.
“O olio vivo” ha un sapore più delicato che lo rende una buona scelta per alcune ricette. Il sapore neutro dell’olio non interferirà con gli altri sapori del tuo piatto.
“O Olio vivo” è un buon sostituto degli oli di semi e vegetali. A differenza degli oli di semi, l’olio d’oliva viene estratto senza l’uso di solventi, rendendolo la scelta più naturale.
“O Olio vivo” è meno costoso dell’olio extravergine di oliva.
E tieni presente la regola generale secondo cui tutti gli oli d’oliva sono salutari, ma maggiore è il sapore, maggiori sono i benefici per la salute che puoi aspettarti.
tradotto da About Olive Oil North American Olive Oil Association
Le uova non aumentano il colesterolo, uno studio sfata il luogo comune
I livelli di chi ne consuma 12 a settimana sono simili a quelli di chi ne mangia meno di 2 a settimana
Il consumo abituale di uova non sembra aumentare il colesterolo: lo indica lo studio presentato al congresso dell’American College of Cardiology dal Duke Clinical Research Institute di Durham (North Carolina) e condotto su 140 pazienti con malattie cardiovascolari o a rischio cardiovascolare elevato.
L’obiettivo dello studio, chiamato Prosperity, era valutare gli effetti del consumo di 12 o più uova a settimana rispetto a una dieta senza uova (meno di due uova a settimana) sui livelli di colesterolo buono e cattivo, così come su altri indicatori chiave della salute cardiovascolare.
E’ emerso che i livelli di colesterolo restano simili tra le persone che consumano uova per la maggior parte dei giorni della settimana rispetto a coloro che non ne consumano.
Tra le FONTI PROTEICHE animali, le UOVA sono tra le più preziose e complete. E cotte ALLA COQUE sono leggere ed impagabili. Perché parliamo di questo alimento prezioso?
Perchè le UOVA sono – fonte di proteine di alto valore biologico. – ricche di carotenoidi, che colorano il tuorlo, – portano in dote calcio, zinco e ferro, magnesio, VITAmine A, E, D e del gruppo B, in particolare la B12. – sono ricche di antiossidanti, come acido oleico, omega3 e omega6. – sono POVERE DI CALORIE (circa 80/uovo).
L’uovo di gallina è un cibo molto importante nell’alimentazione umana, grazie soprattutto a un elevato valore biologico delle sue proteine. È un alimento mediamente calorico, ma decisamente saziante. Purtroppo a causa di un gran numero di pregiudizi quasi sempre totalmente errati, l’uovo viene decisamente sottovalutato dalla maggioranza della gente, che li consumano in quantità relativamente ridotta.
Uno di questi pregiudizi è la sua scarsa digeribilità. È assai diffusa la convinzione che l’uovo alimento sia poco digeribile e molte condizioni morbose caratterizzate da disturbi digestivi porta molta gente ad abbandonare il consumo di uova, anche quando questo in realtà non sia affatto necessario. A questo proposito è bene chiarire che la digeribilità delle uova (intesa come tempo di permanenza nello stomaco) varia notevolmente in funzione del modo di cottura adottato.
Facciamo alcuni esempi. Le uova fritte, in frittata o strapazzate permangono più a lungo nello stomaco rispetto alle uova appena bollite (uova alla coque), ma ciò può dipendere anche dall’uso eccessivo di grassi per la cottura. Il tempo di digestione delle uova alla coque ad esempio è simile a quello richiesto per la digestione delle carni. Vediamo ora con maggior precisione quali sono i tempi medi di digestione delle uova in base al loro tipo di cottura: uovo alla coque (bollito 3 minuti): 105 minuti; uovo bollito 5 minuti o strapazzato senza condimento: 125 minuti; uovo crudo intero: 135 minuti; tuorlo crudo: 120 minuti; uovo strapazzato al burro: 150 minuti; uovo sodo: 170 minuti; frittata: 180 minuti.
Il tempo di digestione è generalmente molto diverso per l’albume e per il tuorlo, ma ciò varia decisamente anche in base al tipo di cottura: ad esempio l’albume è più digeribile del tuorlo quando il primo viene cotto o montato a neve; allo stato crudo l’albume invece meno facilmente digeribile del tuorlo, poiché viene attaccato con difficoltà dai succhi gastrici.
5 modi per capire se un uovo è fresco o marcio 🥚🥚👇
Saper distinguere un uovo fresco da uno marcio è essenziale per la sicurezza alimentare. Ecco cinque semplici modi per capire se un uovo è fresco o marcio:
Data di scadenza: controllare la data di scadenza sulla confezione dell’uovo o direttamente sul guscio. Le uova fresche hanno una data di scadenza più lontana nel tempo, mentre le uova marce hanno una data vicina o superiore alla data di scadenza. È importante rispettare questa data per garantire la freschezza e la sicurezza delle uova.
Test di galleggiamento: riempire una ciotola grande con acqua e immergere l’uovo nell’acqua. Un uovo fresco affonderà e si posizionerà orizzontalmente sul fondo della ciotola. Un uovo marcio, invece, galleggia o sta in piedi sulla superficie dell’acqua a causa dell’accumulo di gas all’interno del guscio.
Osservare il guscio: esaminare visivamente il guscio dell’uovo. Le uova fresche hanno un guscio liscio e intatto, mentre quelle marce possono presentare crepe, macchie o un guscio poroso. Evitate di mangiare uova con il guscio danneggiato, perché è più probabile che siano contaminate da batteri.
Odore: rompere l’uovo in un contenitore pulito e annusarlo. Le uova fresche avranno un leggero odore neutro o addirittura gradevole. Un uovo marcio, invece, emette un odore nauseante di idrogeno solforato o di putrefazione. Se l’odore è sgradevole, scartate immediatamente l’uovo.
Consistenza dell’albume e del tuorlo: rompere l’uovo in un contenitore pulito ed esaminare la consistenza dell’albume e del tuorlo. In un uovo fresco, l’albume sarà denso e si adagerà bene intorno al tuorlo, che sarà bombato e sodo. In un uovo marcio, invece, l’albume può essere liquido, acquoso o viscido, mentre il tuorlo può essere piatto e spalmato.
Seguendo questi cinque semplici metodi, è possibile distinguere facilmente un uovo fresco da uno marcio ed evitare rischi per la salute. Assicuratevi sempre di maneggiare le uova con cura e di conservarle correttamente in frigorifero per mantenerle fresche e sicure.
Avete mai ammirato una donna con una bella pelle? Beh, se avete la passione per avere una carnagione perfetta, allora abbiamo il vostro unico rimedio, miracolo e meraviglia in olio d’oliva. Da tempo immemorabile dai tempi antichi egiziani, le persone hanno insistito sui vantaggi di utilizzare olio d’oliva.
Beh, si può tranquillamente dire Cleopatra, o la bella attrice italiana Sophia Loren, l’olio d’oliva è stato un punto fermo nella loro routine di cura di bellezza. Spesso definito come l’oro liquido, ha benefici di bellezza meritevoli che aiutano a renderlo stupendo e non semplicemente relegato ad essere un olio da cucina.
Per fortuna, l’olio d’oliva è facilmente reperibile in tutti negozi. La maggior parte delle creme a base di olio d’oliva, saponi, cosmetici, scrub, maschere facciali e lozioni per il corpo stanno facendo estremamente bene, in quanto forniscono i minerali tanto necessari e acidi grassi naturali.
Aggiungi l’olio d’oliva al tuo carrello di bellezza, usufruisci dei benefici che esso offre per la vostra pelle, viso e unghie.
Olio di oliva per PELLE
1. esfoliazione
Con sporcizia e inquinamento una giornata rischia di offuscare la tua bellezza, avrete quindi bisogno di un rimedio efficace e sarete stupiti dagli effetti dell’olio di oliva sul viso. Il vostro regime di bellezza notte può essere migliorata combinando i sali naturali del mare e l’olio di olivo per l’esfoliazione. L’effetto abrasione mite del sale marino insieme con l’effetto che penetra in profondità dell’olio d’oliva, aiutano a sbarazzarvi delle cellule morte della pelle e dà una finitura brillante al viso.
2. Mantiene i pori Clean
L’olio di oliva sulla pelle ha una notevole influenza che vi stupirà. Penetra in profondità nella pelle e funziona bene come agente di pulizia. Non chiude i pori, permette invece loro di respirare e di rimanere in buona salute.
3. Soluzione Anti-Aging
L’olio di oliva è noto per contenere antiossidanti come la vitamina E, polifenoli e fitosteroli che aiutano a schermare la pelle dall’invecchiamento precoce. La vitamina E è il componente principale che combattere il fenomeno dell’invecchiamento. L’Idrossitirosolo che è presente in olio d’oliva salva la pelle dai danni dei radicali. Esso contiene anche un acido, lo squalene che migliora l’elasticità della pelle, mantenendola aderente, giovane e ferma.
4. protezione solare
L’olio d’oliva in miscela con il tè decotto funziona come un eccellente protezione solare. Applicare accuratamente sulla pelle e lasciare per un’ora. Lavare delicatamente. Questa crema solare naturale tratta dall’olio d’oliva è uno dei migliori benefici dell’olio di oliva sulla pelle, sarai d’accordo
5. Elimina Smagliature
Come accennato in precedenza, l’olio di oliva ha la tendenza del stringere la pelle cascante. Con il massaggio quotidiano dell’olio d’oliva sulle regioni colpite, siamo in grado di alleggerire le smagliature già esistenti e ridurre l’insorgenza di nuovi marchi.
6. Remover trucco
Si possono cancellare anche fuori dagli occhi il più resistente trucco viso con questo meraviglioso olio. Dal momento che l’olio d’oliva per la pelle ha benefici eccezionali, è un dispositivo di rimozione di trucco infallibile. Tamponare un batuffolo di cotone in olio d’oliva e delicatamente pulire il trucco dal viso. Lavare il viso con acqua calda seguita da acqua fredda per chiudere i pori e favorire la circolazione sanguigna.
7. Manicure sano
Di tutti gli usi di olio di oliva per la pelle, uno dei migliori prevede l’aggiunta al manicure. Applicare l’olio alla vostra unghia e cuticola per il condizionamento, fornire nutrimento e rafforzare le aree.
Metodo alternativo è quello di dare alle unghie un caldo bagno d’olio d’oliva. Immergere le unghie in olio di oliva caldo per circa 10 a 15 minuti. Questo rafforzerà le unghie e darà loro una lucentezza brillante.
8. Lip Scrub
Prestare particolare attenzione alle tue labbra applicando lo zucchero grosso con una goccia di olio di oliva per correggere le labbra screpolate o spostare l’intruglio al resto del corpo con gli stessi ingredienti per una delicata esfoliazione.
9. talloni screpolati
Passando i talloni, se siete stati affetti da talloni screpolati, l’olio d’oliva contribuirà a fornire l’umidità tanto necessaria per guarire. Dopo aver esfoliato con una pietra pomice, applicare un pò di olio d’oliva sull’intero piede, indossare poi calze per idratare la pelle.
10. Rimuove cerume
Hai dovuto affrontare l’imbarazzo di accumulo di cerume ultimamente? Allora siete sulla giusta pagina. Per stanarlo, si deve mettere un po’ di olio nelle orecchie prima di andare a letto, per aiutare a sciogliere il sovraccarico di cerume nelle orecchie!
11. Olio doccia
Sembra folle, non è vero? Ma se si vuole usufruire dei benefici dell’olio di oliva per il viso, lavarlo con olio di oliva. Per questo, aggiungere 5 cucchiai o più di olio di oliva nella vostra vasca da bagno e immergersi per 10 minuti. Tecnica alternativa è quella di massaggiare con l’olio d’oliva il viso dopo l’assunzione del bagno. Basta asciugare l’olio in eccesso e sentire la pelle liscia e setosa.
12. Olio d’oliva Lozione
L’olio d’oliva quando viene utilizzato come lozione nutre, idrata, ringiovanisce, lenisce e protegge la pelle al meglio delle sue capacità. Rende la pelle morbida e luminosa. Quindi si può optare per questo olio di oliva per lo sbiancamento della pelle. È finalmente avere una pelle eccezionale, da invidia.
Nutrizione dell’olio d’oliva: qual è la differenza tra antiossidanti e polifenoli?
Gli esperti di olio d’oliva parlano spesso di polifenoli e antiossidanti in relazione ai potenziali benefici per la salute dell’olio extra vergine di oliva. È importante quindi capire la differenza tra un polifenolo e un antiossidante, e che ruolo svolgono nella nostra salute.
Sommario
Gli antiossidanti sono molecole che proteggono il nostro corpo dai danni causati dai radicali liberi. I polifenoli sono un tipo di antiossidante che si trova in abbondanza nell’olio extravergine di oliva.
L’ossidazione e l’importanza degli antiossidanti
Molti dei frutti e delle verdure che consumiamo contengono un gran numero di composti fondamentali per la vita. Uno di questi tipi di composti è noto come antiossidanti. Perché gli antiossidanti sono così importanti per la nostra salute? Per capirlo meglio, devi prima capire e apprezzare come il nostro corpo produce energia dal processo di ossidazione.
L’ossidazione è un processo naturale che le nostre cellule utilizzano per creare energia dall’ossigeno che inaliamo. Poiché l’energia viene prodotta nelle nostre cellule, alcune molecole di ossigeno (note come radicali liberi dell’ossigeno o specie reattive dell’ossigeno) vengono prodotte come sottoprodotto di questi processi. Questi radicali liberi dell’ossigeno possono danneggiare le cellule e il DNA quando sono in alta concentrazione. Il danno continuo da radicali liberi dell’ossigeno, il più delle volte definito stress ossidativo, può portare a varie condizioni, tra cui:
Varie forme di cancro
Malattia cardiovascolare
Diabete
Osteoporosi
Morbo di Alzheimer
Demenza
Rughe associate all’età
Purtroppo, la produzione di queste sostanze chimiche nocive è talvolta favorita dall’ambiente in cui viviamo. Diversi fattori legati allo stile di vita, allo stress e all’ambiente che hanno dimostrato di aumentare la produzione di radicali liberi dell’ossigeno includono (ma non sono limitati a):
Fumo di sigaretta
Consumo di alcol
Alti livelli di zucchero nel sangue
Inquinamento atmosferico
Elevato apporto di grassi polinsaturi
Eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette
Varie infezioni batteriche o virali
Carenza di antiossidanti
Quindi, come si inseriscono gli antiossidanti nel grande schema del nostro corpo e della nostra salute? Gli antiossidanti sono sostanze chimiche note per essere “spazzini molecolari” che aiutano a neutralizzare i radicali liberi dell’ossigeno, prevenendo così il verificarsi dello stress ossidativo. Ci sono centinaia di antiossidanti conosciuti, alcuni dei quali consumiamo nella nostra dieta quotidiana:
Retinolo
Vitamina C
Vitamina E
Selenio
Manganese
Carotenoidi
E….POLIFENOLI!
Che cos’è un polifenolo e in che modo è correlato agli antiossidanti?
I polifenoli sono un tipo di antiossidante prodotto dalle piante, in genere in difesa dalle radiazioni ultraviolette o da agenti patogeni estranei che possono minacciare la salute generale della pianta. I polifenoli forniscono anche ai nostri sensi l’amarezza, l’odore, il colore e il sapore che percepiamo quando consumiamo specifici tipi di cibo, in particolare frutta e verdura. (2)
I polifenoli sono di grande interesse per scienziati e nutrizionisti per le loro funzioni antiossidanti e nella prevenzione di varie malattie. Il campo della ricerca sui polifenoli, e in particolare il meccanismo delle loro funzioni antiossidanti, rimane un’area molto fertile di ricerca scientifica. Un tipo di polifenolo di interesse per questa particolare discussione sono i polifenoli dell’oliva.
Polifenoli negli oli d’oliva
L’olio d’oliva, un olio noto per essere ricco di grassi monoinsaturi e polifenoli, è un componente chiave di molte diete (inclusa la dieta mediterranea). Gli oli extra vergini di oliva hanno la maggior parte degli antiossidanti e dei polifenoli presenti e, a seconda della quantità di polifenoli, possono influenzare il sapore dell’olio d’oliva. A causa della sua maggiore concentrazione di polifenoli, l’olio extra vergine di oliva è più saporito del normale olio d’oliva. (3) Il contenuto di polifenoli nelle olive può essere influenzato da una serie di fattori che includono:
Clima in cui viene coltivato (in relazione all’altitudine, alla quantità di precipitazioni e alla quantità di irrigazione)
Fase di maturazione del frutto
Resa in frutti per albero
Condizioni di estrazione dei polifenoli
Tempo trascorso in giacenza e condizioni di conservazione
Sebbene esistano molti tipi di polifenoli dell’olivo, gran parte della ricerca fino a questo punto si è concentrata su tre:
L’idrossitirosolo, un composto fenolico presente nell’olio d’oliva, è stato identificato come uno dei più forti antiossidanti presenti nell’olio d’oliva e può aiutare a ridurre il rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. (1)
L’oleuropeina, un altro polifenolo antiossidante presente nell’olio d’oliva, ha anche dimostrato di essere abbastanza efficace nell’eliminazione di vari batteri e virus che infettano l’uomo. (1)
Si suggerisce che l’oleocantale abbia effetti antinfiammatori e antiossidanti simili alle azioni dell’ibuprofene e, pertanto, può aiutare a ridurre la gravità di diverse malattie infiammatorie croniche. (4)
Studi precedenti hanno anche dimostrato che questi polifenoli degli oli di oliva vergini (e non dell’olio di girasole) proteggono dalla malattia coronarica prevenendo l’ossidazione della molecola che trasporta il colesterolo nota come lipoproteina a bassa densità. (5)
Cosa succede ai polifenoli quando cuciniamo
Quando si cucina con l’olio extra vergine di oliva, diversi metodi culinari possono diminuire la quantità di polifenoli nelle verdure (tra cui patate, melanzane, pomodori e zucca). La maggior parte di questa perdita è dovuta più alla temperatura di cottura dell’olio extra vergine di oliva piuttosto che al tempo trascorso a cuocere. (6) Fortunatamente, non tutti i polifenoli e le loro funzioni antiossidanti vengono persi. Gli studi hanno dimostrato che questi polifenoli migrano tipicamente dall’olio d’oliva alle verdure cotte in modo efficiente; Si consiglia di aggiungere l’olio d’oliva a tutte le verdure come parte della preparazione dei pasti per acquisire una dieta ricca di polifenoli. (8) È anche importante notare che mentre alcuni credono erroneamente che non dovresti cucinare con l’olio extra vergine di oliva, è stato dimostrato che è uno degli oli da cucina più stabili. (7)
Conclusione
I benefici del consumo di polifenoli vegetali naturali sono noti da tempo. La ricerca suggerisce che questi polifenoli possono ridurre la morbilità e rallentare la progressione di diversi tipi di cancro, malattie neurodegenerative e malattie cardiovascolari. L’oleuropeina, l’idrossitirosolo e altri composti polifenolici sono abbondanti nell’olio d’oliva. E mentre alcuni polifenoli dell’oliva possono essere persi in cottura, non tutti lo sono… E ciò che rimane è il 100% in più rispetto a quello che troverai in altri oli da cucina. Pertanto, un aumento del consumo di olio d’oliva e di altri prodotti vegetali che contengono un’abbondanza di polifenoli sembra una scelta saggia per coloro che cercano di migliorare la propria salute generale.
Il Dr. Ryan Wynne è professore di Biologia presso il St. Thomas Aquinas College. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Biochimica presso la Lehigh University e si è formato come ricercatore post-dottorato presso l’Università di Rochester. Il Dr. Wynne ha oltre 15 anni di esperienza nella ricerca nel campo della biologia. Ha pubblicato ricerche su Nature Protocols, Journal of Neurochemistry, Journal of Neurobiology, Glia, and Ethology, Ecology & Evolution.
La lingua è un organo muscolare della bocca. È ricoperta da una mucosa rosa e da papille linguali che ne conferiscono la consistenza ruvida. Nella sua parte anteriore la lingua è ancorata al pavimento della bocca da un tralcio mucoso detto frenulo, mentre nella zona posteriore è collegata all’osso ioide.
Viene mantenuta costantemente umida dalla saliva ed è ricca di nervature e vasi sanguigni.
Migliaia di papille gustative ricoprono la superficie delle lingua e trasmettono al cervello i segnali del gusto (dolce, acido, amaro, salato).
Funzioni della lingua
La lingua svolge della funzioni molto importanti, esse sono:
masticazione
deglutizione
articolazione del linguaggio
Com’è fatta la lingua
La lingua è composta da:
apparato muscolare
vasi
nervi
Com’è fatto l’apparato muscolare della lingua
L’apparato muscolare della lingua è costituito dalla muscolatura estrinseca ed intrinseca. La muscolatura estrinseca a sua volta è costituita da:
muscolo genioglosso
muscolo ioglosso
muscolo stiloglosso
muscolo palatoglosso
La muscolatura intrinseca dell’apparato muscolare della lingua è composto da:
fasci longitudinali
fasci trasversali
fibre verticali
Dov’è collocata la lingua
La lingua è collocata per i due terzi anteriori nella cavità orale, per il terzo posteriore nella faringe.
Quali rischi possono interessare la lingua
La lingua può essere sede di malformazioni e malattie congenite o acquisite, quali:
Molti sono le malattie che possono colpire la lingua:
Mughetto (Candidosi orale): infezione della cavità orale con comparsa di placche biancastre
Cancroorale: un’ulcera appare sulla lingua, comune in alcolisti e grandi fumatori
Macroglossia: anomalia che comporta un’eccessiva crescita della lingua, può avere diverse cause
Stomatiti/Afte: infiammazione del cavo orale, piccole ulcere dolorose compaiono sulla lingua
Leucoplachia: lesione del cavo orale con comparsa di placche bianche, può evolvere in cancro orale
Glossiteatrofica: la lingua è liscia e senza papille, causata da anemia o carenza di vitamina B
Herpeslabiale: disturbo infettivo che si manifesta generalmente sulle labbra
Lichen planus: dermatosi infiammatoria di origine immunitaria
Bruciore/Scottatura: si perde la ricezione dei sapori, può dipendere da problemi ai nervi
Test della lingua
Per verificare la salute e la corretta funzionalità della lingua, ci si può sottoporre a due esami:
Biopsia
Un piccolo campione di tessuto viene prelevato da una zona sospetta della lingua. Questo test è compiuto prevalentemente per verificare la presenza di un cancro orale.
Test dei sapori
Quattro soluzioni di diverse quantità di dolcificante vengono somministrate per valutare la regolare funzionalità del senso del gusto.
Trattamenti per la lingua
Per risolvere i disturbi collegati alla lingua si può ricorrere a:
Gel a base di steroidi: la sua applicazione può accelerare la guarigione di afte
Nitrato d’argento: sostanza chimica che accelera la guarigione ed allevia il dolore del cancro
Gel a base di lidocaina: fornisce un sollievo immediato ma soltanto temporaneo dal dolore
Farmaci antifungini: sono in grado di eliminare la Candidosi orale, esistono in collutorio o in pillole
Vitamine del gruppo B: un supplemento di vitamina B può correggere una carenza vitaminica
Chirurgia: può essere necessaria per rimuovere un cancro orale o la leucoplachia
Le sue proprietà diuretiche sono apprezzate nella medicina tradizionale cinese come in quella popolare nostrana: sì perché l’asparago selvatico cresce spontaneamente nell’area mediterranea ed è un rimedio da sempre utilizzato in caso di problemi di fegato e bile.
Gli asparagi selvatici sono delle erbe spontanee che cominciano a emergere dal suolo con l’arrivo della primavera. Vi è mai capitato di notarli in mezzo alla vegetazione?
Spesso compaiono in prossimità di leccete o nelle vicinanze di boschi composti da latifoglie, ma riconoscerli non è sempre così semplice. Ecco allora una breve guida che vi aiuterà a conoscerli meglio per poterli utilizzare in moltissime preparazioni della nostra tradizione.
Proprietà e benefici degli asparagi selvatici
L’asparagus acutifolius comunemente noto come asparago selvatico è una pianta perenne sempreverde appartenente al genere Asparagus e Liliaceae (famiglia del Giglio). Anche se occasionalmente viene indicato come asparago cinese, l’asparago selvatico è originario del Mediterraneo.
Ora è un’erba popolare sia nella medicina cinese che in quella coreana e cresce nelle regioni montuose di entrambi i paesi.
I taoisti affermano che consumando radici di asparagi selvatici una persona può acquisire la capacità di volare. Questo volo rappresenta la capacità di elevarsi al di sopra delle cose banali ed è la libertà dello Spirito che può essere sperimentata quando si è raggiunta l’armonia. I cinesi sostengono che “la saggezza viene dai polmoni”.
L’asparago selvatico è difatti un tonico potente ma delicato per i polmoni. Sarebbe ottimo per i fumatori, per chi lavora costantemente in ambienti asciutti e per le persone con tosse secca. Aiuta a inumidire i polmoni, a rimuovere le tossine dalle vie respiratorie e migliorare tutte le funzioni respiratorie.
Questa erba stimola infatti la capacità naturale del corpo di produrre muco, facilitando un respiro più profondo.
Calorie e valori nutrizionali
Le maggiori vitamine e minerali presenti sono: Vitamina E (55.33%), Vitamina B9 (54.25%), Vitamina C (25.22%), Manganese (17.83%). Un porzione di 100 g apporta:
È particolarmente usato dalle donne per aiutare i disturbi femminili dalla sindrome premestruale alla menopausa alla disfunzione sessuale.
I germogli commestibili hanno note proprietà diuretiche, oltre che antiedemigeni, antireumatici, purificanti e lassativi; dalle radici essiccate è possibile ottenere una tintura madre dalle proprietà purificanti, snellenti e antinfiammatorie.
Nel campo della medicina popolare toscana i germogli vengono utilizzati per preparare un decotto, che per via orale assume un’azione diuretica e antinfiammatoria. È comunemente considerato un alimento sano con effetti diuretici e depurativi.
Il suo consumo è raccomandato nella medicina popolare come digestivo, per trattare diversi disturbi ai reni e al fegato, malattie della prostata, litiasi dei dotti biliari o infiammazioni della bile e per perdere peso.
Curiosità sugli asparagi selvatici
L’asparago selvatico è una pianta commestibile molto importante nell’area mediterranea. La parte principale della pianta che viene utilizzata per il cibo sono i germogli. È stato raccolto fin dall’antichità ed è considerata una coltura interessante per le zone rurali marginali data la sua frugalità, che ne consente la coltivazione in terreni aridi.
È considerato un alimento sano utilizzato nella medicina popolare come diuretico per il trattamento di diversi disturbi correlati ai reni. Si consuma cotto in diversi piatti, anche se è preferito con le uova, cioè frittate, uova strapazzate o in camicia.
Grazie al suo alto contenuto di nutrienti come la vitamina C (ne contiene il doppio delle arance), possiede forti poteri antiossidanti e di protezione delle cellule
È ricca di fibre che favoriscono una corretta digestione, e di prebiotici che incoraggiano l’equilibrio del microbioma intestinale
Ricca di provitamina A e di vitamina C antiossidante, è benefica per la salute della pelle, e le conferisce tono ed elasticità
Grazie ai suoi poteri antinfiammatori, nella medicina popolare veniva usata per trattare e prevenire l’eczema e l’acne
Svolge un’azione diuretica, e quindi è utile per detossinare e per eliminare la ritenzione idrica.
Povera di calorie (ha circa 25 calorie per 100 grammi) e ricca di fibre e nutrienti, è ideale per le diete ipocaloriche e per la gestione del peso
Grazie alla presenza di betacarotene, di luteina e zeaxantina, antiossidanti che proteggono anche dai raggi UV, è utile per la salute degli occhi e per la protezione della retina
Grazie all’alto contenuto di calcio e vitamina K (ne contiene il triplo rispetto al latte), è benefica per la salute delle ossa e dei denti
Protegge il cuore, grazie al suo contenuto di vitamina C, vitamina K e folati, nutrienti che ne favoriscono la salute
Uno studio ha confermato che, come vuole la leggenda, può avere poteri afrodisiaci e aumentare la fertilità
È benefica per chi soffre di diabete: alcuni studi hanno dimostrato che l’olio di semi di rucola riduce i livelli di insulina e l’iperglicemia
Grazie al suo contenuto di calcio, magnesio e potassio (più delle banane) agisce sui vasi sanguigni, riducendo l’ipertensione, ed è quindi utile a chi ha la pressione alta.
Naturalmente condita con l’Olio da Olive diventa un cibo Nutraceutico.
estratta dalle foglie dell’olivo. Un nuovo metodo di estrazione dall’oleuropeina
di Alessandro Vujovic
È possibile ricavare oleaceina dalle foglie di olivo trasformando l’oleuropeina (presente come secoiridoide glucosidico) mediante l’utilizzo di un catalizzatore acido riciclabile, la montmorillonite a scambio protonico (H-mont).
La montmorillonite è una argilla composto da fillosilicato di alluminio e magnesio il cui nome deriva dalla località di Montmorillon, in Francia, dove fu rinvenuta per la prima volta. Chimicamente, è un idrossido di silicato di sodio, calcio, alluminio e magnesio idrato. Le argille montmorillonite sono state ampiamente utilizzate, da oltre 60 anni, nei processi catalitici, come catalizzatori di cracking. Altri catalizzatori, a base acida, le utilizzano dopo averle trattate con un acido [2].
I suoi cristalli sono caratterizzati da una struttura cristallina, formata da foglietti di pirofillite sovrapposti, con intercalate molecole d’acqua, coordinate dallo ione sodio (Na+); la particolarità è che questo ione rappresenta il cosiddetto “ione scambiabile”, potendo essere sostituito con facilità da altri, nel nostro caso idrogenioni (H+).
Ricordo che, in chimica, un acido è una molecola che può cedere protoni (H+) quindi trattando la montmorillonite con un acido forte possiamo sostituire i suoi ioni di sodio (Na+) con idrogenioni (definiti anche “protoni” H+ in quanto sono atomi di idrogeno che hanno perso l’unico elettrone e quindi la carica dell’atomo, che resta, è quella positiva dell’unico protone del nucleo).
Mentre la sintesi chimica, convenzionale, dell’oleaceina qualora venisse eseguita partendo dal D-lissosio, richiederebbe più di 10 passaggi e porterebbe ad una resa finale del 13%, invece nel caso che venisse utilizzata l’oleuropeina, che ritroviamo abbondantemente nelle foglie dell’olivo, avrebbe rese superiori all’80%.
La montmorillonite ha un ruolo di catalizzatore solido con funzione “acida” (H-mont) inoltre può essere facilmente recuperata e riutilizzata per almeno cinque volte, mediante una semplice pulizia.
È importante sottolineare che questa procedura di sintesi è applicabile anche ad altri secoiridoidi glucosidici, inoltre può anche essere impiegata per la corrispondente reazione di “aumento di scala” utilizzando l’oleuropeina estratta dalle foglie di olivo, come materiale di partenza.
Questa reazione è applicabile anche alla sintesi di un composto analogo all’oleaceina, come l’oleocantale, in questo caso sarebbe ricavabile partendo dal ligstroside, anche esso contenuto nelle foglie di olivo.
A causa della rara presenza di oleaceina nell’olio di oliva, le sue funzioni biologiche sono state, nel tempo, studiate in misura molto minore rispetto a quelle dell’oleocantale. Ciononostante, le ricerche hanno dimostrato che l’oleaceina possiede una attività antiossidante, antinfiammatoria, un’attività inibitoria nei confronti degli enzimi di conversione dell’angiotensina legati a processi di ipertensione arteriosa, (ovvero è dotata di una funzione ACE-inibitoria e da questa attività ha preso il termine “oleacein”, coniato nel 1996 dal danese K. Hansen.
Questa denominazione è derivata da una fusione tra “olea” “ACE” “Inibitor”. L’acronimo “ACE” sta per “Angiotensin–Converting Enzyme”, ovvero l’enzima di conversione dell’angiotensina I in angiotensina II. Solo quest’ultima molecola è capace di far rilasciare l’aldosterone, dalle ghiandole surrenali, con lo scopo di aumentare la pressione sanguigna) [3].
Inoltre l’oleaceina ha effetti protettivi sui danni / alterazioni metaboliche causate da una dieta ricca di grassi, ha una attività antitumorale nel mieloma multiplo. Infine può aumentare il livello di adenosintrifosfato (ATP), in un modello cellulare di malattia di Alzheimer, ma solo nella fase iniziale.
Come esperimento preliminare, eseguito dal gruppo di Shimamoto, è stata la realizzazione di una idrolisi dell’oleuropeina in presenza di acido cloridrico e si è visto che la resa in oleaceina aumentava con il diminuire della concentrazione dell’acido stesso, arrivando fino ad una resa del 67%.
Ma la reazione acida ha consentito la simultanea idrolisi dell’estere metilico e la decarbossilazione per dare la molecola demetilata e decarbossilata di oleaceina (vedi lo schema allegato). In particolare, per questa reazione era necessaria solo una piccola quantità di acido. È stato anche utilizzato, al posto dell’acido cloridrico, l’acido p -toluensolfonico, realizzando, in questo caso, una resa del 77% man mano che la quantità di acido diminuiva. Questo ha suggerito di utilizzare un acido solido e, tra i tanti provati, la scelta è stata per la montmorillonite a scambio protonico, pretrattata con acido cloridrico, che ha permesso di ottenere rese superiori all’80% (come già premesso lo ione sodio Na+ dell’argilla è stato sostituito, nel pretrattamento, con lo ione acido – il protone H+)
L’oleuropeina ha due gruppi esterei, l’estere metilico e l’estere idrossitirosolico, che possono essere coinvolti nella sintesi dell’oleaceina partendo dall’oleuropeina. Tuttavia, solo il gruppo metilico deve essere idrolizzato e decarbossilato per dare l’oleaceina (vedi lo schema allegato).
I risultati di questo studio hanno suggerito che l’idrolisi dell’estere metilico nell’oleuropeina, è più favorevole dell’idrolisi del gruppo dell’idrossitirosolo (le energie di attivazione per l’idrolisi dell’estere metilico erano di 81,12 kJ mol −1).
Per dimostrare un’applicazione di questa catalisi, Shimamoto ha tentato di sintetizzare l‘oleocantale dal ligstroside (come secoiridoide glucosidico) utilizzando H-mont come catalizzatore acido solido. In questo caso l’oleocantale si è formato con una resa del 63%, quando la reazione è stata condotta a temperature elevate per 12 ore. Pertanto, lo sviluppo di un processo efficiente, per sintetizzare l’oleaceina dall’oleuropeina, può permettere di scoprire potenziali funzioni implicite nell’oleaceina stessa, che a tutt’oggi ci sfuggono.
Inoltre, poiché l’oleuropeina è abbondantemente presente nelle foglie, questa strategia potrà garantire l’uso efficiente degli scarti dell’olivo anche in campo nutraceutico, come proprietà a cavallo tra la “nutrizionale” e l’attività “farmaceutica”.
Bibliografia [1] Lloyd Lawrie 2011. Handbook of Industrial Catalysts. New York: Springer. pp. 181–82. ISBN 978-0387246826. [2] Shimamoto Y. et al. 2023. Solid acid-catalyzed one-step synthesis of oleacein from oleuropein. Sci Rep.; 13: 8275.https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC10203140/ [3] Hansen K., et al. 1996. Isolation of an Angiotensin Converting Enzyme (ACE) Inhibitor from Olea europaea and Olea lancea. Phytomedicine.; 2:319–325. doi: 10.1016/S0944-7113(96)80076-6.
È risaputo che l’olio extra vergine di oliva riduce il rischio di malattie cardiache. Ma sapevate che l’olio d’oliva non vergine fa bene anche al cuore?
I ricercatori dell’Università di Glasgow hanno pubblicato uno studio che dimostra che l’olio d’oliva riduce il rischio di malattie cardiache. I partecipanti allo studio sono stati divisi in due gruppi. Un gruppo ha consumato 4 cucchiaini di olio extra vergine di oliva crudo al giorno e l’altro gruppo ha assunto 4 cucchiaini di olio d’oliva crudo normale al giorno. Dopo 6 settimane i partecipanti hanno tutti mostrato un miglioramento della salute coronarica. Non è stata riscontrata alcuna differenza significativa tra i due gruppi, dimostrando che la qualità dell’olio non era un fattore nell’impatto sulla salute del cuore.
I ricercatori hanno concluso che l’olio d’oliva è salutare per il cuore indipendentemente dalla quantità di fenoli presenti nell’olio. Piuttosto che al conteggio dei fenoli, i benefici per la salute del cuore dell’olio d’oliva sono attribuiti agli acidi grassi. L’olio extra vergine di oliva ha più fenoli dell’olio d’oliva ma lo stesso elevato contenuto di acidi grassi monoinsaturi.
Questa ricerca conferma quanto già noto da decenni. Nel 2004 la FDA ha approvato l’affermazione secondo cui l’olio d’oliva era salutare per il cuore indipendentemente dal fatto che fosse extravergine o meno. Nella loro documentazione relativa alle indicazioni sulla salute dell’olio d’oliva affermano che “‘olio d’oliva’ significa olio d’oliva vergine o miscele di olio d’oliva vergine e olio d’oliva raffinato”.
I fenoli nell’olio extra vergine di oliva sono ancora importanti. I fenoli dell’olio extra vergine di oliva sono associati a una vasta gamma di benefici per la salute, dalla prevenzione del cancro al miglioramento del metabolismo e alla riduzione dell’infiammazione. Ma è stato dimostrato che anche l’olio d’oliva non vergine migliora la salute del cuore.
L’olio d’oliva non extravergine è etichettato come olio d’oliva “puro”, olio d’oliva “classico” o “leggero”. In genere è meno costoso dell’olio extra vergine di oliva e ha un sapore più delicato. L’olio d’oliva normale è una buona scelta per cucinare, cuocere al forno o ricette che richiedono un olio dal sapore neutro.
Sia l’olio extravergine che l’olio d’oliva normale possono essere utilizzati per cucinare e cuocere al forno, ma l’olio d’oliva di solito ha un punto di fumo più alto che può essere migliore per le ricette ad alta temperatura.
In data 17.02.2024 è stata effettuata tramite il nostro Gruppo di assaggio Consumatori la degustazioni del prodotto Olio EVO dell’azienda Olio Frate di Ururi (CB) Italia.
L’esito è il seguente;
Il Gruppo di assaggio Consumatori è composto da persone eterogene, anonime che fanno parte dei compratori, quelli che ogni giorno acquistano i prodotti alimentari presso i punti vendita: Negozi, Supermercati, Discount etc. è quindi un giudizio Oggettivo e soprattutto che rispecchia i gusti della maggioranza delle persone. Dato che, come recita il motto, “Il cliente ha sempre ragione” questo è il loro parere, da acquirenti, nei confronti dell’Olio Frate.
Secondo me l’originalità di questo prodotto, un vero Olio EVO è che si tratta di un Blend di due cultivar originali, Arbequina e Leccio del Corno che hanno creato un capolavoro, un Evo di carattere e delicatezza.
I migliori complimenti ed auguri a Olga e al marito Nicolino titolari dell’Azienda Agricola Olio Frate.
Conosciuti come alimento tipico della cucina tedesca, i crauti sono verdure conservate che si ottengono da un processo di fermentazione lattica del cavolo cappuccio. Il nome originale è Sauerkaut che significa “cavoli acidi”, proprio perché rispetto alla verdura fresca hanno un sapore salato e acidulo che è il risultato di questa particolare lavorazione. Ma non è solo il gusto ciò che li contraddistingue. I crauti, infatti, sono una fonte di vitamine, sali minerali e probiotici utili per il nostro organismo, per cui vale la pena conoscerli e inserirli nella propria dieta.
In questo articolo vogliamo parlarvi di tutti i benefici dei crauti, dei possibili effetti collaterali associati a un loro consumo eccessivo e darvi qualche consiglio per gustarli al meglio.
Cosa sono i crauti?
Il termine “crauti” deriva dal tedesco kraut, che significa genericamente “erba”. Nel caso specifico dell’alimento, però, si riferisce al prodotto che si ottiene dalla fermentazione lattica di una particolare varietà di cavolo, Brassica oleracea var. capitata, meglio conosciuto come cavolo cappuccio. Le foglie lisce e croccanti di questa verdura – che ha l’aspetto di una palla compatta – vengono lavate, tagliate finemente e poste sotto sale e pressate. Questi passaggi favoriscono il processo di fermentazione che si attiva sottovuoto grazie ai batteri lattici naturalmente presenti nella verdura. Al termine di questo processo, che dura circa 3-4 settimane, il risultato è un prodotto con caratteristiche organolettiche differenti rispetto al cavolo cappuccio da cui si ricava, ma soprattutto con un profilo nutrizionale molto più ricco dell’alimento fresco. Scopriamolo!
Crauti: tutti i benefici
I crauti, come il cavolo cappuccio fresco, sono costituiti prevalentemente da acqua (circa il 90%) e da fibre (2-3%). Sono una fonte di sali minerali come potassio, ferro, calcio, fosforo, ma non solo perché il processo di fermentazione aumenta notevolmente il contenuto di sodio e vitamine del gruppo B, rispetto alla verdura cruda. Si riduce, invece, la quantità di vitamina C.
Vediamo quindi quali sono le proprietà di queste verdure fermentate.
Ottimi probiotici per la salute del microbiota intestinale
Come tutti i cibi fermentati, ne sono un esempio yogurt e kefir, anche i crauti sono particolarmente ricchi di fermenti lattici vivi, in particolare Lattobacilli, preziosi per l’intestino. Questi microrganismi, infatti, rendono i crauti un ottimo probiotico, ossia un alimento in grado di arricchire il microbiota intestinale favorendone l’equilibrio, con notevoli effetti benefici per la salute. Inoltre, l’alto contenuto di acqua e fibre che caratterizza questo alimento, promuove la peristalsi contrastando la stitichezza e migliorando la regolarità.
Favoriscono la digestione
Il loro gusto salato e acidulo, frutto del processo di fermentazione, stimola l’appetito e, inoltre, sono presenti enzimi che favoriscono la digestione. Per questo i crauti andrebbero consumati prima del pasto: sono infatti un’ottima soluzione per un aperitivo sano, oppure come contorno a piatti di carne o pesce.
Utili nelle diete vegane
Il processo di fermentazione arricchisce il profilo vitaminico dei crauti. Questo alimento, infatti, ha un alto contenuto di vitamine del gruppo B, in particolare acido folico e vitamina B12. Quest’ultima è particolarmente importante per chi segue un regime alimentare vegano, poiché spesso non viene assunta in quantità sufficienti con la dieta e deve essere opportunamente integrata.
Proteggono cuore e fegato
Tra le sostanze prodotte durante la fermentazione lattica, la colina svolge un ruolo importante nel tenere sotto controllo i livelli di colesterolo nel sangue. Questa vitamina, inoltre, regola il metabolismo dell’omocisteina, che rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare e protegge il fegato mantenendo la normale funzionalità.
Dove si trovano i crauti?
I crauti sono originari delle zone centrali e nordiche dell’Europa, in particolare in Germania, Austria, Svizzera e in alcune regioni del Nord Italia (Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia e Veneto). Il loro consumo si è diffuso sempre di più anche grazie alla tradizione macrobiotica, che promuove l’utilizzo dei cosiddetti “insalatini”, ovvero delle verdure fermentate. Questo processo non è altro che un antico metodo ancora oggi utilizzato per trasformare e conservare i cibi, in particolare le verdure, e poterle consumare fresche anche quando non sono più di stagione, ad esempio nei mesi più freddi.
I crauti si possono acquistare già pronti nei supermercati, in particolare in quelli biologici o nei punti macrobiotici, ma nella maggior parte dei casi si tratta di prodotti pastorizzati che hanno perso tutti i loro benefici come probiotico. Altrimenti, per avere un alimento ricco di fermenti vivi è possibile prepararli in casa. Come? Vediamo insieme tutti i passaggi!
Come preparare i crauti in casa: la ricetta
Il procedimento per ottenere i crauti a livello casalingo è molto semplice ma occorre seguire correttamente tutti i passaggi per evitare che le verdure marciscano. Ecco come si preparano.
Ingredienti
un cavolo cappuccio q.b. di sale spezie a piacere: alloro, bacche di ginepro, semi di finocchio
Procedimento
Dopo averlo privato del torsolo e delle foglie esterne, lavate e tagliate finemente un cavolo cappuccio di medie dimensioni. Disponete uno strato di foglie così tagliate sul fondo un vaso cilindrico capiente sterilizzato, di vetro o di terracotta, e aggiungete un pizzico di sale e schiacciate con un pestello. Poi distribuite un altro strato di verdure, salate ancora e schiacciate. Continuate così fino a riempire il contenitore: noterete che, man mano, le verdure rilasceranno il loro liquido di vegetazione. Coprite il contenitore con un piattino sul quale verrà applicato un peso e accertatevi che dopo qualche ora (almeno 12 ore) le verdure siano completamente immerse nel loro liquido. Se così non fosse, occorrerà aggiungere una salamoia preparata facendo bollire acqua e sale al 3-5% avendo cura che si raffreddi prima di versarla sulle verdure. Trascorse le 12 ore, per conservarle meglio trasferite le verdure e il liquido in vasetti più piccoli, pressandole bene in modo che siano ben coperte dal liquido e che possa avviarsi il processo di fermentazione. Ponetele in un luogo fresco e asciutto, lontano da fonti di luce e di calore e attendete circa 3-4 settimane per poterli gustare. Come conservare e consumare i crauti
È importante verificare che alla fine le verdure siano ben appassite, ma che non siano diventate scure o molli, il sapore deve essere acidulo ma gradevole. I crauti così ottenuti si conservano in frigorifero per diversi mesi, fino a massimo un anno, facendo attenzione che siano sempre coperti dal liquido. Invece, non è opportuno congelarli perché questo sistema di conservazione ne altera gusto e consistenza.
Si possono consumare prima dei pasti come aperitivo oppure si possono abbinare, come contorno, a piatti di carne o di pesce. Occorre sottolineare che si tratta di un alimento crudo che non andrebbe cucinato per non perdere la vitamina C e i benefici dati dai fermenti lattici vivi. Il modo migliore per apprezzarne il gusto e quello di aggiungerli alle insalate insieme, ad esempio, a carote o finocchi tagliati sottili. Tuttavia, si possono anche cuocere in padella con un filo d’olio e una cipolla tritata finemente o insieme ad altre verdure, in tante gustose ricette, come vi abbiamo suggerito in questo nostro approfondimento.
Controindicazioni dei crauti
È importante che i crauti preparati in casa siano prodotti e conservati correttamente, per evitare la proliferazione di microrganismi nocivi che, oltre a determinare l’alterazione e il deterioramento del prodotto, risulterebbero dannosi per la salute. Essendo conservati sotto sale, i crauti hanno un alto contenuto di sodio, e per questo motivo il loro consumo eccessivo è controindicato per chi soffre di ipertensione.
I sistemi di rettifica o raffinazione consistono in una serie di operazioni necessarie a rendere commestibile un olio. Soprattutto gli oli di semi sono infatti sovente caratterizzati da odori e da colori che possono risultare alquanto sgradevoli.
Per il singolo tipo di olio non è detto che vengano effettuati tutti i sistemi di rettifica, poiché questi vengono ovviamente selezionati in relazione ai difetti che presenta; se per esempio un olio è privo di tonalità sgradevoli, si salta il passaggio della decolorazione.
La rettifica o raffinazione è l’insieme dei trattamenti con i quali si rende commerciabile un olio che non ha i requisiti legali o le caratteristiche organolettiche adeguate.
A differenza dell’olio di oliva, gli oli di semi non sono però mai commestibili dopo l’estrazione e lo diventano solo con il trattamento di rettifica o raffinazione.
L’olio di soia, ad esempio, non necessita di decolorazione, che è invece importante per correggere il colore marrone dell’olio di palma.
§ DEMUCILLAGINAZIONE: serve ad eliminare le sostanze in sospensione nell’olio, che con il tempo possono portare alla formazione di precipitati (mucillagini, fosfolipidi, resine, zuccheri, sostanze proteiche). Agli occhi del consumatore il corpo di fondo in un olio di oliva è spesso considerato come sinonimo di genuinità; tutto ciò, però, non vale normalmente per l’olio di semi. L’industria deve quindi andare incontro alle esigenze ed alle aspettative del consumatore, evitando che l’olio di semi formi il precipitato. Si esegue quindi una demucillaginazione.
Le sostanze che precipitano possono essere idrosolubili o apolari. Le componenti idrosolubili possono essere allontanate mediante aggiunta di acqua e successiva centrifugazione, mentre le non idrosolubili vengono allontanate mediante aggiunta di acido fosforico o citrico a 60 – 80 °C per 5 – 30′, seguita da una centrifugazione.
§ NEUTRALIZZAZIONE: serve ad allontanare gli acidi grassi liberi, riducendo l’acidità dell’olio di semi. Si tratta probabilmente del processo più importante tra tutti i sistemi di rettifica e serve proprio per abbassare l’acidità dovuta alla presenza di acidi grassi liberi. Generalmente vengono utilizzati tre sistemi: la neutralizzazione con alcali, la disacidificazione con solvente e la neutralizzazione per distillazione.
Neutralizzazione con alcali: è il sistema maggiormente utilizzato e quello meno drastico; non può essere tuttavia utilizzato per oli con acidità superiore al 10%. Aggiungendo NaOH a 60 – 80 °C, gli acidi grassi liberi reagiscono con la soda, formando sali o saponi che si solubilizzano nella fase acquosa. Mediante separazioni di fase e successivi lavaggi con acqua a 90°C questi saponi vengono totalmente allontanati ed indirizzati all’industria cosmetica.
Disacidificazione con solvente: si basa sulla diversa solubilità tra trigliceridi ed acidi grassi liberi. L’olio viene trattato con una miscela di solventi a base di esano ed isopropanolo, i trigliceridi si sciolgono in esano, mentre gli acidi grassi liberi hanno maggiore affinità per l’isopropanolo. Successivamente, si esegue una separazione di fase e poi dall’olio l’esano viene allontanato per distillazione.
Neutralizzazione per distillazione: processo di distillazione a caldo sotto vuoto spinto. E’ usato per gli oli che necessitano anche di deodorazione. Si tratta di un metodo poco utilizzato, perché ha lo svantaggio di essere particolarmente costoso, specie quando un olio non ha bisogno di essere deodorato.
§ DECOLORAZIONE: serve ad allontanare pigmenti, prodotti di ossidazione, tracce di sapone e composti solforati. Può essere effettuata con metodi chimici, utilizzando degli agenti ossidanti (KMnO4, K2Cr2O7, aria ozonizzata, raggi UV) o con metodi fisici (bentonite, terre decoloranti, carboni attivi).
§ DEODORAZIONE: allontanamento delle sostanze volatili che conferiscono odore sgradevole (acidi grassi liberi, intermedi dell’ossidazione dei grassi, idrocarburi insaturi, proteine), mediante distillazione in corrente di vapore sotto vuoto spinto a temperatura elevata (200°C). Può essere fatto insieme alla neutralizzazione.
§ DEMARGARINAZIONE o WINTERIZZAZIONE: serve ad allontanare i trigliceridi ad alto punto di fusione che, esposti alle basse temperature, condensano e precipitano. L’olio viene lentamente raffreddato sino alla temperatura “limite di demargarinazione”, mantenuto in tali condizioni per circa 12 – 24 h e successivamente filtrato. Questo consente al prodotto di rimanere stabile anche se sottoposto ad elevati sbalzi di temperatura.
Questo materiale solido, dato dai trigliceridi ad alto punto di fusione che vengono raccolti, viene poi miscelato agli altri ingredienti per la preparazione delle margarine.
PRINCIPALI OLI DI SEMI
La composizione di un olio di semi varia in funzione di numerosi fattori. Oltre alla specie botanica considerata, le differenze dipendono dalla varietà, dal tipo di coltivazione e dall’andamento climatico stagionale. La composizione degli acidi grassi può quindi subire delle leggere variazioni in seguito a questi fattori. Inoltre, il profilo accidico può essere modificato mediante piccole modifiche genetiche; tuttavia non possiamo modificare la frazione sterolica, che rimane per questo il principale indice di riconoscimento di un olio.
Contiene gli acidi oleico (35-72 %) e linoleico (13-45 %); caratteristiche le presenze dell’ac. Arachico (1 – 2,5 %) e del lignocerico (1 – 2,5 %), praticamente assenti negli altri oli. Acido oleico e b-sitosterolo sono presenti in quantità simili a quelle dell’olio d’oliva.
L’olio di arachide è molto simile all’olio di oliva dal punto di vista della composizione in acidi grassi ed è per questo il più utilizzato per farne dei tagli; ciò che cambia, e che permette il ricnoscimento della frode, è sempre la frazione fitosterolica.
OLIO DI GIRASOLE (Helianthus annuus, fam. Composite)
E’ caratterizzato da elevate percentuali di acidi grassi insaturi e da modesti contenuti di saturi: oleico (14 – 65 %), linoleico (20 – 75 %), palmitico (3 – 10 %) e stearico (2 – 6 %). La frazione sterolica è caratterizzata dalla presenza di D7-stigmasterolo (15 %), tipico dell’olio di girasole, oltre a b-sitosterolo e campesterolo. Il pannello che residua dall’estrazione ha un contenuto proteico del 38-40% e rappresenta quindi un valido integratore proteico per bovini ed ovini.
OLIO DI MAIS (Zea mais, fam. Graminaceae)
Il germe viene allontanato dal seme tramite un procedimento di degerminazione, quindi sottoposto ad estrazione. L’olio è composto prevalentemente da acido linoleico (34 – 62 %), oleico (19 – 50 %) e palmitico (8 – 19 %). Tra gli steroli abbondano sitosterolo (66 %) campesterolo (23 %) stigmasterolo (6 %) e D5-avenasterolo. Contiene circa lo 0,1% di tocoferoli, quantitativo rilevante ma che diminuisce notevolmente in seguito ai trattamenti di rettifica.
mantiene inalterato l’originario contenuto di acidi grassi, in particolar l’acido oleico e quindi, all’originaria predisposizione all’alta digeribilità
È un olio particolarmente indicato per conferire croccantezza per la produzione di focacce, pane, taralli e biscotti. Il sapore neutro di questo prodotto, inoltre, lo rende particolarmente indicato per condire a crudo arrosti e grigliate. La sua resistenza alle alte temperature lo rende perfetto per ottenere fritture leggere e dorate.
Olio ottenuto attraverso l’estrazione con solventi dalla sansa, cioè dai residui di lavorazione delle olive in frantoio, che contengono ancora una piccola percentuale di olio, impossibile da estrarre con metodi meccanici.
La sansa sono i residui solidi della spremitura delle olive, in particolare la buccia, la polpa e i noccioli, in cui è contenuto ancora un certo quantitativo di olio, variabile a seconda del metodo estrattivo.
Quest’olio, definito olio di sansa di oliva greggio, viene estratto con un solvente, normalmente esano, con la stessa tecnologia applicata per la produzione degli oli di semi. Il solvente viene poi separato dall’olio per distillazione.
Quest’olio greggio viene sottoposto a raffinazione e successivamente miscelato con dell’olio vergine d’oliva, fino a diventare, per sapore, commestibile sotto il nome di olio di sansa di oliva. Praticamente il processo che si utilizza per la produzione di olio di sansa è nei fatti identico a quello che viene impiegato nella produzione di olio di semi,
ma nel caso dell’olio di sansa di oliva parliamo di un iter che permette di mantenere inalterato l’originario contenuto di acidi grassi, in particolar l’acido oleico e quindi, all’originaria predisposizione all’alta digeribilità.
Caratteristiche dell’olio di sansa
A livello di caratteristiche, l’olio di sansa di oliva ha innanzitutto un grado di acidità non molto elevato, tanto che la sua stessa natura gli impone la soglia massima dell’1% in termini di acidità libera che non è il pizzicore che si sente in gola, quello è tutta un’altra cosa e molto salutare che si chiama Oleocantale, un antibiotico naturale.
L’olio extravergine di oliva impiegato a crudo ha tantissime proprietà: quella emolliente (protettiva ed antinfiammatoria), va a ridurre l’ipersecrezione acida e aumenta la produzione di sali biliari nello stomaco.
Pane e olio è stato ed è tuttora una merenda ottima sia per adulti che per bambini, se poi utilizziamo il pane integrale è ancora meglio. Ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che tale connubio va per esempio a ridurre l’indice glicemico del pane bianco, grazie alla presenza dei grassi contenuti nell’olio extravergine di oliva. Ma quali sono gli altri motivi per consumarlo?
È un alimento che possiamo definire completo, grazie a questo alimento potrete assumere carboidrati e grassi, ma anche vitamine del gruppo B, ferro, magnesio, potassio e zinco. E se preferiamo il pane integrale anche tantissime fibre.
È ottimo per la salute cardiovascolare perché l’olio è ricco acidi grassi monoinsaturi che permettono di mantenere a norma i livelli di colesterolo LDL (quello cattivo). In più contiene vit. E che regola la pressione del sangue.
L’olio e il pane integrale combattono la stipsi migliorando le funzioni intestinali.
L’olio extravergine di oliva contiene polifenoli, che hanno anche funzione antidepressiva.
Va a disintossicare il fegato grazie alla presenza di vitamina E ed antiossidanti.
Quanto bisogna mangiarne al giorno? Evitatela durante i pasti come il pranzo o la cena, altrimenti saliamo con le calorie e i grassi, ma una fettina per merenda non guasta a nessuno. Evitate se possibile di aggiungere il sale .
L’oleuropeina rappresenta una componente dell’olio di oliva.
È classificata come polifenolo, ed è caratterizzata da una componente glicosidica; essa è composta a sua volta da una molecola monoterpenicae una ortodifenolica.
L’oleuropeina concorre a formare il sapore amaro delle olive e delle foglie di olivo: il sapore amaro è importante in quanto difende la pianta dagli attacchi parassitari.
Durante la maturazione dell’oliva, essa si scinde per idrolisi e svolge una spiccata funzioneantiossidante.
Inoltre è considerata una sostanza “nutraceutica” poiché in vitro ha un effetto positivo contro le cellule tumorali leucemiche.
Per Ulivita ..Il miglior contenitore per l’olio di Oliva è il Bag in Box
L’alterazione di un alimento è una trasformazione a carico di uno o più componenti chimici che ne determinano una modificazione delle proprietà fisiche, chimiche e biologiche. Queste modifiche sono percepite come un’alterazione in senso positivo o negativo delle proprietà nutritive ed organolettiche dell’alimento o delle sue caratteristiche tecnologiche.
Per i liquidi, esiste da qualche anno un contenitore fantastico che da tutte e tre queste garanzie: buio totale – riparo dagli sbalzi termici – eliminazione totale dal contatto con l’aria ed in più ecologico e riciclabile al 100%, totalmente infrangibile.
E’ l’unico contenitore veramente ecologico e riciclabile, grazie al suo rubinetto brevettato nella fase di erogazione non permette all’aria esterna di entrare al suo interno. Ogni spillatura sarà così protetta, evitando che tutto il prodotto all’interno possa danneggiarsi, rimanendo integro, profumato e sano, fino all’ultima goccia.
Quindi per mantenere nel miglior modo possibile i nostri alimenti dovremmo tenerli: – al buio meglio se totale; – a temperatura fresca idonea e al riparo da sbalzi eccessivi; – in totale assenza di contatto con l’aria inquinata.
E’ PER TUTTI QUESTI MOTIVI CHE:
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Negli ultimi anni è diventata un’abitudine sempre più diffusa. Ma bere acqua e limone al mattino porta reali benefici? Ecco tutto quello che c’è da sapere
In tanti negli ultimi anni hanno preso l’abitudine di bere acqua e limone al mattino, appena svegli e poco prima di fare colazione. Perché? C’è chi lo fa con la convinzione che possa aiutare a eliminare le tossine e le sostanze di scarto, depurarsi e per questo perdere peso, chi invece pensa che questa bevanda possa comunque giovare allasalute, tanto da farne un vero e proprio rito quotidiano di benessere. Sicuramente prendersi cura della propria idratazione fin dal mattino è fondamentale. L’acqua svolge un ruolo chiave nel funzionamento dell’organismo, essendo coinvolta in tantissimi processi e ne favorisce l’efficienza. Ma bere acqua e limone al mattino, fa davvero bene? Per saperne di più abbiamo chiesto il parere di un’esperta.
Bere acqua e limone al mattino fa bene? La parola del medico
A volte perdere peso e ritornare in forma sembra che sia la cosa più difficile e spesso si è disposti a provare di tutto pur di riuscirci, anche affidandosi a pratiche che promettono risultati miracolosi, ma che in realtà hanno veramente poco di scientifico e che spesso a distanza anche di tempo risultano in realtà dannose. Bere acqua e limone al mattino dà benefici veramente come spesso si pensa oppure no?
Acqua e limone fa dimagrire?
«A oggi non abbiamo dati sicuri sul fatto che questa pratica possa davvero portare dei benefici né dati scientifici tali da consigliarla come abitudine quotidiana», dice la dottoressa Michela Carola Speciani, medico chirurgo esperto in nutrizione applicata. «Al momento sappiamo che il consumo di alimenti e bevande a basso pH, come il succo di limone è un fattore di rischio ad esempio per l’erosione dentale e che il limone e alcuni dei suoi estratti sono ricchi di vitamine e antiossidanti tra cui i flavanoni, che hanno riportato qualche dato positivo dal punto di vista metabolico in studi animali, i cui risultati però non possono essere generalizzati all’uomo con leggerezza», dice l’esperta.
Il limone abbassa la glicemia?
«In alcuni studi sull’uomo, e quindi più affidabili, si è visto invece che l’assunzione di sostanze acide come l’accoppiata acqua e limone prima del pasto riduca la risposta glicemica all’assunzione di amidi, carboidrati presenti ad esempio nella pasta, nel riso e nel pane, ma non nello zucchero. I meccanismi ancora non sono del tutto noti, né lo sono, comunque, gli effetti a lungo termine di questa pratica. Ecco perché non abbiamo attualmente dati sufficienti per suggerirla per migliorare la linea o la salute, mentre ci sono abitudini che sappiamo per certo essere di supporto in questo senso», dice l’esperta. In sostanza, ci sono studi che sostengono questa tesi ma abbiamo al momento le prove a disposizione nella letteratura scientifica sono ancora poche e quindi insufficienti per dire che il limone abbassa effettivamente la glicemia, come dice anche la nutrizionista Valentina Schirò in questo nostro articolo: “Il limone abbassa la glicemia? La parola alla nutrizionista”.
«Quindi, molto meglio inserire nella prima colazione delle proteine come uova, semi oleosi, preparati proteici a base di soia, pesce, carne o latticini ad alto contenuto proteico quali il formaggio o lo yogurt greco, un’abitudine che spesso si ha raramente; oppure sarebbe bene ridurre il consumo di zuccheri semplici – biscotti, merendine, cornetti, brioche – e dolcificanti, che invece tendono purtroppo a essere presenti fin dal mattino».
Per chi è sconsigliato bere acqua e limone
Esistono delle controindicazioni vere e proprie sul consumo del mix a base di acqua e limone? Chi dovrebbe evitarlo? «Sicuramente chi è particolarmente predisposto all’erosione dentale. Il suggerimento è di chiedere conferma al proprio dentista e di sciacquare comunque la bocca con un po’ di acqua (senza limone) dopo l’eventuale consumo per limitare l’effetto negativo che l’acidità del limone può avere sulla salute dei denti».
Dopo acqua e curcuma, acqua e limone e aceto di mele, il nuovo trend, fra le persone attente alla propria salute, sembra essere quello di bere olio extravergine di oliva, al mattino e a digiuno. Uno speciale elisir che, come assicurano video e testimonianze sui social, sarebbe in grado di apportare innumerevoli benefici all’organismo e, addirittura, di aiutarci a perdere peso. Ma è proprio così? Lo abbiamo chiesto alla biologa nutrizionista Concetta Montagnese, ricercatrice dell’Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr.
Le proprietà dell’olio extravergine di oliva
L’esperta ci conferma che l’olio evo è davvero un alimento molto prezioso, indispensabile, dai molteplici effetti benefici. Capiamo insieme se bere olio extravergine di oliva ha effettivamente dei benefici. «Si tratta di un potente antinfiammatorio, che ci aiuta a combattere le patologie cardiovascolari e il diabete. Ricco di importanti acidi grassi monoinsaturi, tra cui l’acido oleico, e di polifenoli, in particolare l’oleocantale, contiene anche tanta vitamina E, benefica per il sistema immunitario e la pelle. Grazie ai suoi composti antiossidanti, aiuta le cellule a mantenersi più giovani», ci spiega la nutrizionista. «Alcuni studi hanno anche associato un elevato consumo di olio extravergine alla prevenzione dei tumori».
Le giuste quantità
Per beneficiare di questo effetto antitumorale, viene consigliato un consumo superiore ai 20 grammi al giorno, che equivale a più di due cucchiai da tavola. E l’effetto protettivo sembra più forte all’aumentare della quantità di consumo. Sappiamo però che l’olio extravergine di oliva è un alimento molto calorico (100 grammi contengono circa 900 calorie): non fa ingrassare? «Le linee guida italiane suggeriscono di assumerne tra i 20 e i 40 grammi al giorno, da due a quattro cucchiai», afferma Montagnese, «perché quando si parla di dieta equilibrata non si deve fare riferimento soltanto al numero di calorie, ma anche ai valori nutrizionali e alla composizione dell’alimento. L’olio extravergine di oliva contiene il 99% di grassi, ma prevalentemente quelli buoni, che contribuiscono a mantenere il corpo in salute e sono fondamentali anche per il corretto funzionamento del metabolismo. Questo prezioso alimento è indicato, quindi, anche in caso di obesità e sindrome metabolica. Semmai è la sua carenza ad essere dannosa: l’olio evo è uno dei capisaldi della dieta mediterranea e non può essere sostituito con nessun altro tipo di alimento o condimento».
Al mattino a digiuno
Non è però necessario bere olio extravergine di oliva al mattino e a digiuno, pratica che vediamo sempre più spesso sui social. «Ad oggi nessuno studio ha dimostrato che bere olio al mattino sia più efficace che utilizzarlo come condimento nei pasti principali. Il suo consumo, durante la giornata, fa sicuramente bene e mantiene l’organismo in salute, ma, più che assumerlo da solo, abbinarlo ad alcuni alimenti può contribuire a migliorare l’assorbimento di importanti composti bioattivi (ad esempio, gli antiossidanti nei pomodori), con effetti benefici. Va un po’ di moda cercare una pozione magica per la salute, e dunque preparare elisir da consumare al mattino o a digiuno, ma basta consolidare le sane abitudini della dieta mediterranea – e usare l’olio come condimento, meglio se a crudo, e nel soffritto – per trarne tutti i benefici possibili».
L’oleocantale dell’olio di oliva, altre conferme dei suoi benefici
Una carrellata dei risultati degli studi compiuti negli ultimi anni
L’olio extravergine di oliva è l’unico olio commestibile in cui si trova l’oleocantale, uno dei polifenoli che la ricerca ha associato ad impatti benefici sullo sviluppo di malattie neurodegenerative, oncologiche e di altre condizioni infiammatorie croniche. L’oleocantale è omologo all’ibuprofene, un farmaco antinfiammatorio non steroideo che allevia il dolore, la febbre e l’infiammazione. A scoprirlo fu Gary Beauchamp (nella foto), o meglio a capirne l’importanza di questa molecola originariamente nota come aglicone ligstroside decarbometossi-dialdeide. Dopo aver assaggiato un olio extravergine di oliva locale prodotto dall’azienda agricola di un partecipante alla conferenza del 1999 in Sicilia, Beauchamp notò che la sensazione di bruciore che avvertiva nell’orofaringe, ovvero nella parte posteriore della gola, era la stessa provocata dall’ingestione di ibuprofene in forma liquida (il bruciore significava per lui il sapore piccante che avvertiva). Precedenti ricerche avevano evidenziato che l’uso a lungo termine dell’ibuprofene comporta una ridotta incidenza di cancro e malattie neurodegenerative.
Beauchamp si chiese subito se questa stessa sensazione di bruciore indicasse un agente antinfiammatorio naturale presente nell’olio extravergine di oliva e se questo aiutasse a spiegare i ben noti benefici per la salute della dieta mediterranea. E gli ci volle poco, insieme al suo gruppo di ricerca, a capire che l’oleocantale aveva proprietà antinfiammatorie anche più potenti dell’ibuprofene. Numeri alla mano, la concentrazione di oleocantale nell’olio extravergine di oliva è compresa tra circa 284 e 711 milligrammi per chilogrammo. Si stima che le popolazioni tipiche del Mediterraneo consumino dai 25 ai 30 millilitri di olio extravergine di oliva al giorno, il che significa che il consumo giornaliero di oleocantale sarebbe compreso tra 6,5 e 19,6 milligrammi. In confronto, 10 milligrammi di oleocantale sono considerati poco meno di una dose di ibuprofene.
L’attività antinfiammatoria dell’oleocantale deriva dalla sua capacità di inibire un enzima chiamato cicloossigenasi, che forma sostanze chiamate prostanoidi. La formazione di queste molecole di segnalazione provoca l’infiammazione. Di conseguenza, il consumo di olio extravergine di oliva ad alto contenuto di oleocantale è stato associato a impatti positivi su una serie di malattie croniche legate all’infiammazione.
Oleocantale e malattie neurodegenerative – A causa della ben nota associazione dell’ibuprofene con gli effetti benefici sui marcatori delle malattie neurodegenerative, i ricercatori erano naturalmente ansiosi di studiare il ruolo dell’oleocantale su tali patologie, in particolare sulla demenza. Numerosi studi hanno scoperto che l’oleocantale interferisce con l’aggregazione della proteina beta amiloide nel cervello, che si trova nelle persone affette da malattia di Alzheimer, il tipo più comune di demenza. È stato scoperto che i topi trattati con oleocantale per quattro settimane avevano quantità significativamente ridotte di proteina beta amiloide in diverse parti del cervello. I ricercatori hanno ipotizzato che ciò potrebbe essere dovuto alla capacità dell’oleocantale di aumentare l’espressione di due proteine (glicoproteina P e LRP1) che eliminano la proteina beta amiloide dalla barriera ematoencefalica. In uno studio separato, i ricercatori hanno scoperto che l’oleocantale induce anche effetti antiossidanti nel cervello, che hanno portato alla diminuzione di una citochina nota per contribuire alla neuroinfiammazione.
Oleocantale e trattamento del cancro – Esiste un crescente numero di ricerche, inclusi molti studi in vitro, che indagano il ruolo dei composti fenolici nel rallentare la diffusione del cancro, e si ritiene che l’oleocantale svolga un ruolo di primo piano. La COX2, un enzima cicloossigenasi, è implicato nello sviluppo e nella diffusione di diversi tipi di cancro sia negli studi sull’uomo che sugli animali. La capacità dell’oleocantale di ridurre l’intensità di questo enzima cicloossigenasi ha reso il composto fenolico un argomento di interesse tra tutti i tipi di ricercatori sul cancro. Dal 2020, il National Cancer Institute degli Stati Uniti ha identificato l’oleocantale come un potenziale nutraceutico nella lotta contro il cancro, in particolare quello al seno. Uno studio del 2021 dell’Università della Louisiana-Monroe ha scoperto che l’oleocantale può essere efficace come parte di una terapia mirata per i pazienti con cancro al seno triplo negativo ( TNBC). A seguire, uno studio del 2022 pubblicato da ricercatori greci ha evidenziato che i pazienti affetti da leucemia che consumavano oleocantale e oleaceina hanno registrato una diminuzione della produzione di globuli bianchi attraverso un processo noto come apoptosi, un meccanismo di morte cellulare che può uccidere le cellule tumorali.
Oleocantale e malattie cardiometaboliche – Mentre l’oleocantale è stato principalmente associato ad effetti benefici sul cancro e sulle malattie neurodegenerative, una nuova ricerca suggerisce che il polifenolo migliora anche la salute delle persone che soffrono di malattie cardiometaboliche croniche, tra cui obesità e diabete. Uno studio del 2023 pubblicato da ricercatori spagnoli ha scoperto che il consumo di olio extravergine di oliva ricco di oleocantale e oleaceina aumenta le difese antiossidanti del sangue e diminuisce lo stress ossidativo e i parametri infiammatori. È opinione diffusa che lo stress ossidativo preceda lo sviluppo dell’infiammazione, che è correlata alla resistenza all’insulina. La ricerca ha dimostrato che il consumo di olio extravergine di oliva ricco dei due polifenoli può prevenire lo sviluppo del diabete.
Altri benefici per la salute associati all’oleocantale – A causa delle marcate somiglianze dell’oleocantale con l’ibuprofene, i ricercatori stanno studiando il potenziale della molecola per mitigare una serie di malattie trattate dal farmaco. Nel 2019, un totale di 546 milioni di persone in tutto il mondo convivono con l’artrosi o l’artrite reumatoide. Entrambe le condizioni sono aggravate dalla produzione di citochine proinfiammatorie che aumentano la produzione di ossido nitrico e prostaglandine e sintetizzano gli enzimi che degradano la cartilagine delle articolazioni. Diversi studi hanno scoperto che attraverso l’inibizione della cicloossigenasi, l’oleocantale attenua i sintomi associati all’infiammazione delle citochine e riduce la produzione di ossido nitrico e prostaglandine. Di conseguenza, l’oleocantale è stato considerato un trattamento potenzialmente efficace contro entrambi i tipi di artrite. Altre ricerche condotte in Spagna hanno scoperto che il consumo di olio extra vergine di oliva ricco di polifenoli, incluso l’oleocantale, può anche aiutare a guarire la pelle danneggiata: lo studio del 2023 ha dimostrato che il consumo di oleocantale aiuta a stimolare la produzione di fibroblasti. I fibroblasti sono le cellule della pelle responsabili della rigenerazione e della riparazione della pelle danneggiata.
Gli acidi grassi sono normalmente presenti nei trigliceridi che costituiscono le materie grasse formando una catena ma, a causa di diversi fattori, possono allontanarsi e rimanere liberi nella materia grassa.
L’aumento dell’acidità libera (che può verificarsi sia nell’oliva sia nell’olio) determina una serie di modificazioni che portano anche alla formazione di nuovi composti, causando un peggioramento delle caratteristiche organolettiche dell’olio.
Cosa indica?
Oli vergini che presentano un livello di acidità libera basso sono stati molto probabilmente ottenuti da olive sane, raccolte dalla pianta e lavorate nel giro di breve tempo; al contrario, oli prodotti partendo da olive che hanno subito attacchi di parassiti o che sono state raccolte utilizzando metodi che prevedono la permanenza su reti o per terra prima della lavorazione (che magari avviene anche dopo tempi lunghi), hanno un’acidità maggiore, spesso talmente elevata da renderli non idonei al consumo.
La percentuale di acidità libera è un parametro essenziale per valutare la qualità dell’olio: inferiore è la sua acidità libera, superiore è la sua qualità.
L’acidità dell’olio non è percepibile al gusto: la si rileva solo in laboratorio attraverso analisi chimica.
Valore limite (Regolamento UE 2095/2016) Olio Extra Vergine di Oliva: max 0,8% Olio di Oliva Vergine: max 2% Olio di Oliva: max 1,0%
Inibisce la crescita di un gruppo particolare di tumori
di Alessandro Vujovic
L’olio di oliva contiene, nella frazione insaponificabile, un elemento chimico unico nel suo genere, lo squalene (SQ), con proprietà antiossidanti, immunomodulatrici (adiuvante in numerosi vaccini), disintossicante xenobiotico, ma soprattutto antitumorali. È un componente chimico particolare perché è sia antiossidante, per la presenza, nella molecola, di sei doppi legami, sia capace di legarsi alle molecole dell’acqua, togliendole atomi di idrogeno, liberando così ossigeno allo stato atomico.
Quest’ultima proprietà consente agli squali degli abissi che vivono, a circa 400-1000 m di profondità, dove l’ossigeno è scarso, di averlo disponibile per il loro metabolismo. Questi squali pelagici hanno la singolare proprietà di non ammalarsi di tumore e di essere privi di vescica natatoria sostituita, nel fegato, ai fini del galleggiamento, da grosse quantità di olio ricco di squalene.
Troviamo lo SQ, oltre all’olio di squalo, in molti prodotti tra i quali l’olio di oliva (EVO), di amaranto, di palma, crusca di riso, mais, girasole, zucca, soia e di arachidi… Nell’olio EVO è presente in percentuale alta, circa il 30% degli idrocarburi della frazione insaponificabile, cioè quantitativamente 0,2-7,5 g/Kg di olio fino a 12 g /Kg; dipende dalla cultivar, dalla zona geografica e dalle condizioni pedoclimatiche.
L’organismo umano, fisiologicamente, sintetizza nel fegato lo SQ (mediamente 1,5 g/die), da cui derivano sia il colesterolo (quota endogena) che gli ormoni steroidei. Nel corpo umano ritroviamo la massima concentrazione nel film idrolipidico del sebo (13%) e quando diminuisce la pelle diventa secca, raggrinzita con rughe, di qui l’impiego nella biocosmesi. [NB: se il cosmetico contiene squalane ha tutti i doppi legami saturi e non ha le funzioni dello SQ, ovvero è solo emolliente]. Lo SQ diminuisce il danno, UV-indotto, al DNA prevenendo il foto-invecchiamento della pelle e la foto-cancerogenesi. La concentrazione di SQ è massima nel bambino poi all’età di 30-40 anni comincia a diminuire raggiungendo i valori minimi nell’anziano. È presente anche nella vernice caseosa, “la camicia” che ricopre il neonato, soprattutto se prematuro, per proteggerlo dalla disidratazione.
Lo SQ è un “idrocarburo insaturo” triterpenico, cioè ha 6 doppi legami ed è una ripetizione di 6 unità isopreniche; con una struttura lineare oppure, ripiegandosi su sé stesso, può ciclizzare assumendo una struttura simile a quella del colesterolo (quest’ultima è la conformazione più stabile energicamente). In questa forma, assieme al colesterolo, lo troviamo immerso nel doppio strato lipidico delle membrane cellulari. Altri derivati dell’isoprene sono i carotenoidi, licopene, tocoferolo, coenzima Q10 e la clorofilla.
Le indagini statistiche, fatte sulle popolazioni mediterranee, che nella loro dieta utilizzano prevalentemente EVO, relative alla frequenza di certi tipi di tumore e le ricerche su animali di laboratorio trattati con sostanze cancerogene contemporaneamente protetti o non protetti con SQ, infine indagini su culture cellulari, hanno dimostrato che lo SQ è un biocomponente chemiopreventivo.
Lo SQ inibisce la crescita di un gruppo particolare di tumori, quelli che hanno una mutazione puntiforme, su alcuni codoni cromosomici, dei geni Ras (mutazioni presenti nei tumori umani del colon-retto 50%, pancreas 90%, endometrio, tiroide, mammella, prostata, vescica 15% e polmone 30%). Il gene Ras (oncogene), ubicato nel nucleo cellulare, codifica la proteina RAS che è posizionata nel citoplasma cellulare adesa alla membrana. La proteina RAS, in condizioni normali, attiva i geni coinvolti nella crescita cellulare, differenziazione e sopravvivenza in modo intermittente e regolato. L’attivazione della proteina RAS implica il coinvolgimento di altre proteine a cascata fino ad agire sul DNA il quale produce fattori che determinano l’accrescimento cellulare. Questa via si chiama “MAPK/ERK pathway”.
Invece, a seguito delle mutazioni dei geni Ras vengono prodotte proteine RAS modificate nella sequenza degli amminoacidici. Ciò determina la proteina Ras permanentemente attivata, sulla cascata delle reazioni chinasiche, con la continua crescita cellulare incontrollata ovvero la “cancerogenesi”.
La proteina Ras, in condizioni normali, funziona solo se è legata, nella parte interna della membrana cellulare, ad una catena di 15 atomi di carbonio (gruppo farnesile) presi dal farnesildifosfato (FPP) e, legati chimicamente, con la mediazione di un enzima. Lo SQ, introdotto con l’EVO, inibisce, con un’azione di feedback negativa (retroazione con attenuazione dell’effetto), l’enzima HMG-CoA-reduttasi, ciò determina una minor produzione di FPP che non è più sufficiente a legarsi alla proteina RAS mutata. Questa mancata farnesilazione determina che, la proteina Ras, anziché essere un interruttore acceso (quando legata alla GPT – guanosintrifosfato) diventa un interruttore spento (legato alla GDP – guanosindifosfato) quindi le cellule non si moltiplicano in modo incontrollato. Le molecole GPT e GDP entrano in una “tasca” della proteina RAS facendogli cambiare conformazione e quindi renderla attiva/inattiva.
La medicina oncologica riesce con vari mezzi (chirurgia ablativa /chemioterapia / radioterapia) a controllare e debellare la crescita tumorale colpendole sul loro rapido accrescimento, ma non riesce con le cellule staminali tumorali che sono la causa della chemio-resistenza, delle recidive dopo tempi più o meno lunghi e della disseminazione metastatica. Lo SQ, introdotto con l’EVO, può avere un’azione preventiva anche sullo sviluppo delle onco-staminali.
Lo SQ è stato anche impiegato come carrier (vettore) di rivestimento per farmaci antitumorali ridotti a nanoparticelle (grandezza poche decine di nanometri) le quali vengono trasportate nel sangue dalle lipoproteine LDL (lipoproteine a bassa densità) e liberate nel tessuto bersaglio (con recettori LDL) senza danneggiare i tessuti o i fluidi che attraversano. Questa è la nanomedicina anticancro oggi sperimentata su animali, con successo con i farmaci ai quali è stata fatta la squalenosilazione (farmaci citotossici ricoperti con un guscio di squalene che funzionano da droni e colpiscono la massa tumorale distruggendola). La squalenosilazione di nanoparticelle di chemio- farmaci porta a un effetto antineoplastico anche di dieci volte superiore al trattamento classico senza danneggiare gli altri tessuti.
Anche se gli studi hanno migliorato la comprensione delle possibili azioni dello SQ, nel ridurre la carcinogenesi, si deve applicare cautela nell’estrapolare le informazioni ottenute negli studi sugli animali all’uomo, a causa delle possibili differenze di specie.
Abbreviazioni: HMG-CoA-reduttasi = β- hydroxy-β -methyl-glutaryl-coenzyme A reductase MAPK = Mitogen-activated protein kinase / ERK, = Extracellular signal-regulated kinases RAS = da “Rat sarcoma”
Bibliografia Kotelevets L. et al. A Squalene-Based Nanomedicine for Oral Treatment of Colon Cancer. Cancer Res. 2017 Jun 1;77(11):2964-75. DOI:10.1158/0008-5472.CAN-16-1741. Sobot D. et al. Circulating Lipoproteins: A Trojan Horse Guiding Squalenoylated Drugs to LDL-Accumulating. Cancer Cells. Mol Ther. 2017 Jul 5;25(7):1596-1605. DOI: 10.1016/j.ymthe.2017.05.016. Peluso I. et al. MAPK signalling pathway in cancers: Olive products as cancer preventive and therapeutic agents.2017. Seminars in Cancer Biology – 11 September DOI:org/10.1016/j.semcancer.2017.09.002 Smith TJ. Squalene: potential chemopreventive agent. Expert Opin. Investig. Drugs. 2000;9(8):1841-8. DOI: 10.1517/13543784.9.8.1841 Spanova M. and Daun G. Squalene – Biochemistry, Molecular Biology, Process Biotechnology and Applications, 2011, Eur. J. of Lipid Sci.Tech.,11,11.1299-320. DOI: 10.1002/ejlt.201100203 Vujovic A. L’olio di oliva tra storia e scienza. 2020, pg. 169-172; pg. 372-375; Editore Tozzuolo,
Non sono solo i polifenoli: i benefici per la salute dell’olio d’oliva iniziano con l’acido oleico.
Il brusio intorno alla ricerca Predimed e ad altri studi recenti riguarda il ruolo che i polifenoli dell’oliva svolgono nel promuovere la salute e combattere le malattie croniche. Questa non è una novità; l’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha approvato un’indicazione sulla salute relativa al contenuto di polifenoli già nel 2012 ( Regolamento della Commissione (CE) n. 432/2012 del 16 maggio 2012). Ma gli studi positivi e promettenti sui benefici di questi micronutrienti unici continuano ad arrivare. Di conseguenza, molte aziende stanno cercando di trovare modi creativi per promuoversi a vicenda per quanto riguarda il contenuto di polifenoli (che ovviamente conferisce anche carattere e sfumature di gusto ai loro oli extra vergini di oliva).
Le prime ricerche sui benefici per la salute dell’olio d’oliva e sul suo ruolo nella dieta mediterranea, tuttavia, non si concentravano sui polifenoli, ma sull’alto contenuto di acido oleico. In effetti, è sulla base di ciò che la FDA ha approvato l’indicazione sulla salute qualificata per gli oli d’oliva nella prevenzione e nel trattamento delle malattie cardiovascolari già nel 2004 (e successivamente ha ampliato l’indicazione per includere altri oli ad alto contenuto di acido oleico nel 2018).
Ora un team di ricercatori dell’Università di Siviglia in Spagna suggerisce, in un articolo recentemente pubblicato sulla rivista Nutrients , che l’importanza dell’acido oleico viene ignorata e trascurata. In una revisione della ricerca esistente, i ricercatori di Siviglia hanno trovato un forte sostegno al ruolo dell’acido oleico nella prevenzione delle malattie neurodegenerative e nella lotta contro l’infiammazione e il cancro, e anche per un effetto antiossidante che può aiutare a curare l’obesità. Poiché la maggior parte degli studi pubblicati sono condotti su animali, tuttavia, gli autori concludono l’articolo chiedendo ulteriori ricerche sugli effetti benefici dell’acido oleico sulla salute degli esseri umani.
Il contenuto di acido oleico è un importante fattore di distinzione tra gli oli di oliva e altri oli da cucina. Il contenuto di acido oleico negli oli d’oliva non dipende dalla sua qualità o grado, ed è per questo motivo che l’olio d’oliva come classe, sia esso extravergine, olio d’oliva normale o dal sapore leggero, può essere una scelta migliore per il tuo salute rispetto ad altri oli da cucina con un contenuto di acido oleico inferiore, anche prima di prendere in considerazione altre caratteristiche distintive come il contenuto di polifenoli, l’estrazione meccanica (in contrapposizione al solvente) e la sostenibilità.
Certo, l’olio extra vergine di oliva è il più salutare di tutti gli oli da cucina per una serie di motivi, tra cui l’alto contenuto di polifenoli, e la lavorazione minima di EVOO lo rende la scelta numero uno per i climatari. Ma se stai cercando un olio dal sapore sano ma dal sapore più neutro, l’olio d’oliva normale (e dal sapore leggero), con la sua estrazione senza solventi e un alto contenuto di acido oleico, è la strada da percorrere.
Le prove sono state condotte in sette aziende olivicole comprese fra Molise, Puglia e Abruzzo, provando più di 25 cultivar. I risultati presentati in un convegno a Termoli (Cb)
Sulla base dei risultati di esperienze quadriennali condotte in sette aziende olivicole sul nostro territorio, fra Molise, Puglia e Abruzzo, possiamo affermare che ci sono alcune cultivar italiane con cui si può fare olivicoltura a parete. Se queste prime osservazioni saranno confermate, l’olivicoltura a parete con cultivar italiane potrà essere diffusa in aree collinari non irrigue e potrà svolgere un ruolo fondamentale per lo sviluppo olivicolo, e quindi economico, di queste zone».
È quanto ha affermato Pasquale Ciuffreda, agronomo esperto di olivicoltura, in occasione del convegno “Olivicoltura a parete con cultivar italiane: risultati di esperienze pluriennali” organizzato dal Vivaio Verde Molise di Termoli (Cb) nella stessa città molisana, con la partecipazione di oltre 300 agricoltori e tecnici agricoli provenienti da numerose regioni dell’Italia centro-meridionale.
L’olivicoltura a parete
Ma che cosa è l’olivicoltura a parete? Ciuffreda ha spiegato che è un sistema colturale più flessibile rispetto al modello superintensivo (Super High Density, SHD) di origine spagnola.
«Il modello SHD in Spagna ha raggiunto 200.000 ha, pari al 10% della superficie olivicola, invece in Italia fino al 2019 copriva appena 4.500 ha, lo 0,5% della superficie olivicola nazionale! L’olivicoltura a parete è più adatta al territorio italiano proprio per i suoi caratteri di maggiore flessibilità:
sesti d’impianto più larghi (densità più basse);
parco varietale più ampio (allargato a più varietà italiane);
possibilità di conduzione dell’impianto in asciutta;
estensione nelle zone collinari più marginali;
sempre a raccolta in continuo;
sempre con bassi costi colturali rispetto all’olivicoltura tradizionale».
L’obiettivo della ricerca sperimentale
L’obiettivo della ricerca sperimentale promossa dal Vivaio Verde Molise è stato «capire se nel germoplasma olivicolo nazionale ci sono cultivar, popolazioni o biotipi censite e sconosciute che possano essere adattate al modello di olivicoltura a parete. Per perseguire questo obiettivo abbiamo realizzato nel 2018, in collaborazione con alcune aziende agricole, degli impianti dimostrativi con cultivar scelte in base a unavalutazione preliminare dell’habitus vegetativo, che si avvicinasse il più possibile all’ideotipo spagnolo, per i seguenti criteri:
radicabile da talea, infatti non esistono e/o è messa in discussione l’utilità di portainnesti nanizzanti;
rapido accrescimento nella fase di allevamento;
precocità di produzione: le piante devono iniziare a produrre dalla terza vegetazione;
ridotto vigore vegetativo (internodo corto);
minori diametri del tronco, delle branche e dei rami: se la pianta risparmia in strutture di sostegno, cioè produce meno legno, a parità di siti potenzialmente produttivi (nodi dei rami di un anno), avrà più riserve da spendere per la produzione;
efficienza produttiva (kg/cm²), cioè rapporto tra la produzione per pianta (kg) e l’area della sezione del tronco (cm²);
habitus semieretto e compatto, che agevola la raccolta con la scavallatrice;
chioma densa (superficie fogliare/volume chioma) data dalla maggiore ramificazione: consente alla cultivar di infittire la vegetazione e ridurre lo sviluppo volumetrico della chioma a parità di rami prodotti;
produzione sempre elevata e costante grazie ai seguenti fattori:
maggiore ramificazione, maggior numero di fiori;
capacità di fiorire su rami poco vigorosi;
infiorescenze con elevato numero di fiori (>25);
allegagione alta (4-5%);
autocompatibilità del polline;
bassa alternanza fisiologica;
10. poca suscettibilità alle principali malattie, che potrebbero debilitare la chioma (occhio di pavone, rogna, verticilliosi)».
Le cultivar provate in campo
Nell’ambito della ricerca, ha illustrato Ciuffreda, sono state scelte e provate più di 25 cultivar, allevate (con sesto di impianto di 4,0 x 1,5 m) in sette aziende diverse su superfici variabili da 0,5 a 1 ha.
«Le cultivar utilizzate sono state:
le standard spagnole, Arbequina e Arbosana,
le nazionali Leccio del Corno, Maurino, Diana, Itrana e Ascolana
e le locali Peranzana, Peranzana clone, Morosina, Olivastro di Montenero, Olivastro belvedere, Nociara, Piantone di Mogliano, Lorenzella, Rotondella, Nociara, Grognalegna, Oliva nera di Colletorto, Cornarella, Sperone di gallo, Olivastro di Morrone, selezione di Ordinaria di Vasto, Coroncina, Carboncella, Cerasuola di Palata, Calatina e altre ancora».
Tutti i risultati della ricerca sperimentale condotta in oliveti di Molise, Puglia e Abruzzo verranno presentati nel fascicolo n. 2/2024 della rivista “Olivo e Olio”.
Le nuove sfide che incombono su una coltura e cultura millenaria
di MAURIZIO SERVILI da GERGOFILI.INFO
Il cambiamento climatico pone sfide sempre più rilevanti ed in alcuni casi drammatiche al nostro sistema agroalimentare. Alcune filiere si stanno dimostrando particolarmente suscettibili e vulnerabili nei confronti delle mutate condizioni ambientali, tra queste va purtroppo inclusa la filiera olivicolo olearia.
Per inquadrare in modo corretto il problema va ricordato che, pur avendo visto, la coltivazione dell’olivo nell’ultimo trentennio, un’espansione in aree geografiche collocate al di fuori del bacino del Mediterraneo, ciò non di meno una gran parte della produzione olivicola mondiale si concentra ancora nell’ambito del suddetto areale. Va infatti ricordato che solo la Spagna produce da sola poco più del 40% della produzione mondiale e mettendo insieme i volumi di prodotto di altri Paesi mediterranei arriviamo a circa il 90% dell’olio di oliva ottenuto su scala mondiale.
Questo significa che gli eventi climatici atipici, connessi al cambiamento climatico, che possono compromettere la produzione degli oli di oliva all’interno dell’areale mediterraneo, comportano perdite di prodotto di entità tali da non potere essere, se non marginalmente, rimpiazzate da eventuali incrementi di produzione, che potrebbero verificarsi nei Paesi produttori esterni alla suddetta area.
Una prova eclatante di quanto affermato è da ricercare in quanto verificatesi lo scorso anno, quando la produzione Spagnola ha subìto, causa le alte e prolungate temperature estive, associate ad una perdurante siccità, una riduzione di quasi il 50% rispetto alle medie di produzione degli anni precedenti e, purtroppo, qualcosa di simile si preannuncia per l’ormai imminente nuova campagna olearia. Anche in questo caso la Spagna è il Paese più direttamente coinvolto a causa della scarsa allegazione dei frutti dovuta alla siccità ed alle elevate temperature registrate, in fase di fioritura ed allegazione, in Andalusia, la più importante area di produzione olivicola spagnola.
Questo significa che quando un paese come la Spagna che da solo produce intorno a 1,2-1,4 milioni di tonnellate di olio (circa il 40% dell’olio mondiale) va in sofferenza produttiva a poco possono servire, in termini di compensazione sui volumi mancanti, i potenziali incrementi di produzione di altri Paesi mediterranei, Italia in testa, che ormai si colloca stabile tra le 200.000 e 350.00 tonnellate annue di olio (tra 8% ed il 10% della produzione mondiale).
Quanto detto pone una problematica nuova sul mercato mondiale degli oli di oliva che è quella della forte variabilità dell’offerta, variabilità che si è tradotta quest’anno in variazioni al rialzo dei prezzi di vendita senza precedenti, elemento questo che, se prolungato nel tempo, non potrà che andare a discapito dei consumi. Intendiamoci la produzione olivicola mondiale ha mostrato oscillazioni anche negli anni precedenti ma va puntualizzato che, complice l’entrata in produzione nei vari Paesi di nuovi oliveti, il trend produttivo è sempre risultato in crescita, come del reso i consumi. Abbiamo impiegato più di trenta anni per passere da poco più dell’1,5% del consumo degli oli vegetali mondiale a quasi il 3%, ma al momento si profila il rischio concreto che la riduzione dei consumi sia molto più repentina della loro lenta crescita trentennale.
Cosa fare quindi? Non possiamo certo sperare che il clima ritorni lentamente o, tanto meno, rapidamente all’interno di quello che un tempo definivamo, non senza un tranquillizzante senso di protezione, il “clima mediterraneo”. Dobbiamo quindi, per quanto possibile, adattarci come del resto hanno sempre fatto i Sapiens almeno negli ultimi 30.000 anni di permanenza incontrastata su questo pianeta. Cosa significa adattarsi in questo caso? Sicuramente adottare scelte colturali in campo olivicolo che potrebbero, almeno in parte, mitigare il devastante impatto del cambiamento climatico sulle produzioni. Non abbiamo lo spazio per dilungarsi su questo punto, ma alcune provocazioni le vorrei lanciare. Il primo aspetto, che riguarda prioritariamente l’olivicoltura Italiana, è di rendere produttivi gli impianti esistenti in modo che la piattaforma olivicola nazionale, potenzialmente in grado di produrre più di 500.000 tonnellate di olio non si collochi stabilmente a metà di questo valore, problema questo dovuto, per buona parte dei casi, all’adozione di irrazionali o inesistenti pratiche agricole applicate in una sempre più rilevante parte degli oliveti appartenenti alla fascia appenninica del centro e nord Italia.
Criticità queste che, in associazione con la vetustà degli impianti e spesso degli operatori, sono alla base della bassa produttività e della forte alternanza produttiva della suddetta area olivicola nazionale. E’ opportuno sottolineare infatti che, se ai problemi dei cambiamenti climatici aggiungiamo quelli antropici la costanza di produzione nel settore olivicolo rappresenterà sempre più una chimera. Ammesso e non concesso che quindi si riesca in Italia ad invertire la tendenza all’abbandono unitamente all’applicazione di pratiche hobbistiche nei nostri oliveti tradizionali, nasce comunque il problema di come orientare i nuovi impianti. Per il futuro dovremmo riflettere attentamente sul modello produttivo da applicare alla nuova olivicoltura a partire dalla valorizzazione della biodiversità.
Esempi di quanto affermato possono essere la messa a dimora di cultivar meno sensibili agli stress termici o idrici in fase di fioritura ed allegagione o la combinazione, sullo stesso areale, di cultivar con peridi di fioritura e maturazione scalari, quindi più elastici ed in grado sfuggire ai picchi di calore osservati, per esempio, nelle ultime due annate in Spagna, che limitano l’allegagione dei frutti o la successiva maturazione degli stessi con evidenti cali produttivi di olive e di olio. L’ampliamento della piattaforma varietale nelle diverse aree geografiche potrebbe garantire quindi una maggiore costanza di produzione oltre che, in alcuni casi migliorare anche la qualità del prodotto.
Altro elemento chiave che vede protagonista la biodiversità in olivo è la scelta di cultivar e modelli produttivi che permettano di ridurre i consumi idrici, visto che la mancanza di acqua per l’irrigazione degli oliveti ed i periodi di siccità prolungate rappresenteranno, purtroppo una costante per le condizioni produttive del futuro prossimo. In questo conteso, ad esempio, nell’eterna diatriba, almeno in Italia, tra modello intensivo e super intensivo, abbiamo dati scientifici che ci permettano di capire come si comportano i due modelli in condizioni di bassa diponibilità idrica legata siccità e ridotte diponibilità idriche per l’irrigazione? Sarebbe importante saperlo, perché al momento, la water footprint è stata interpretata solo come consumo idrico per kilogrammo di olio prodotto, con rispetto al quale impianti che hanno, in condizioni agronomiche ottimali, una maggiore efficienza produttiva evidenziano valori di consumi idrici minori.
Ma la domanda è: quando la disponibilità di acqua per ettaro di oliveto, diventa fattore limitante, cosa accade ai due modelli produttivi? Sarebbe interessante conoscerlo visto che al momento, nei nuovi impianti il modello super intensivo va per la maggiore. È quindi forse giunto il momento di ripensare gli obiettivi produttivi dell’olivicoltura tradizionale e moderna alla luce di una visione di sostenibilità colturale e direi, culturale, che sia sempre più consapevole delle mutate condizioni climatiche ed ambientali nelle quali l’olivicoltura mediterranea e non solo si troverà ad operare.
Dall’uso dei grassi animali in epoca egizia fino agli oli vegetali durante l’Imparo romano. Sono passati secoli ma ancora è aperta la diatriba sul miglior olio per friggere. Ecco cosa dice la scienza
Secondo ricerche storiche l’origine della frittura è egizia. Nell’antico Egitto la pasta dei dolci veniva fritta nel grasso e nel lardo degli animali 2500 anni prima di Cristo.
La frittura divenne popolare, in tutti i sensi, nell’antica Roma. Qui il principale grasso usato per friggere era l’olio di oliva. La maggior parte della popolazione consumava il pasto del mezzogiorno e diversi spuntini per strada, acquistando dalle varie bancarelle o da locali semi aperti vicini alla strada. Questi negozi, le cauponae e le tabernae, vendevano diversi cibi fritti, quali frittate, frittelle, salsicciotti. Esistevano inoltre le vere e proprie botteghe di friggitori, citati anche dal poeta Marziale.
Il gastronomo ante litteram Apicio racconta di pietanze fritte nel miele cotto, oppure in una miscela di garum, olio e vino, o ancora garum, acqua e olio.
Dal Medioevo e fino ai giorni nostri in molte latitudini, il fritto è sinonimo di grassi animali: burro e strutto prima di tutti.
Queste diverse tradizioni storiche, nonché le diverse ricette per la frittura perfetta, hanno ingenerato spesso diatribe accese, che durano fino a noi.
Il miglior olio per friggere le patatine
La frittura profonda induce cambiamenti organolettici e fisico-chimici sia negli oli che nei prodotti fritti. L’uso eccessivo di oli di frittura genera prodotti di decomposizione con potenziali rischi per la salute umana. L’ottimizzazione delle condizioni di frittura e la selezione dei migliori oli di frittura sono necessarie per ottenere prodotti fritti migliori.
Uno studio arabo ha analizzato i cambiamenti fisico-chimici e il comportamento termico degli oli vegetali (oliva, colza, mais, girasole e soia) durante la frittura di patatine fritte e per determinare le condizioni ottimali necessarie per ottenere un prodotto fritto di migliore qualità.
Il comportamento termico, le caratteristiche organolettiche, le proprietà fisico-chimiche (indice di colore, viscosità, peso specifico, valore di perossido, acidi grassi liberi, composti polari totali) e le composizioni di acidi grassi degli oli sono stati analizzati durante il processo di frittura ogni 8 ore fino a 40 ore di riscaldamento.
Gli oli hanno mostrato qualità e stabilità termica diverse. Il tempo e la temperatura ottimali per la frittura erano 10 minuti e 180°C. Gli attributi sensoriali, le caratteristiche fisico-chimiche e la composizione in acidi grassi degli oli sono stati notevolmente influenzati dal riscaldamento.
L’olio di oliva è risultato il più stabile per la frittura. I composti polari totali del 27% (il punto di rifiuto per gli oli da frittura) sarebbero stati raggiunti riscaldando l’olio d’oliva a 180°C per 114 ore. I tempi corrispondenti erano di 45, 43, 30 e 26 ore per gli oli di colza, mais, girasole e soia, rispettivamente.
L’olio di oliva ha mostrato la maggiore stabilità e ha prodotto il miglior prodotto fritto, seguito dall’olio di canola. Il tempo di frittura aumenta con il riscaldamento prolungato e può essere utilizzato come un buon indicatore della qualità dell’olio e di quando dovrebbe essere scartato.
Un mix ipersalutistico l’estratto di olio d’oliva e di foglie
L’effetto sinergico ne aumenta le proprietà bioattive
Una ricerca dell’Università di Pisa, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nutrients, ha dimostrato che le foglie di olivo hanno proprietà nutraceutiche utili per la prevenzione di molte malattie croniche. «Le foglie dell’olivo sono ricche di polifenoli specifici come l’oleuropeina, dotati di importanti proprietà bioattive – ha sottolineato la professoressa Maria Digiacomo, del Dipartimento di Farmacia dell’Università di Pisa, coordinatrice della ricerca.
Digiacomo ha aggiunto che “il nostro studio ha dimostrato che, arricchendo estratti di olio extravergine di oliva con estratti di foglie di olivo, è possibile ottenere un estratto ricco di polifenoli bioattivi con interessanti proprietà antiossidanti e antinfiammatorie. Questo derivato potrebbe trovare applicazione in campo farmaceutico e cosmetico o come integratore alimentare”.
Dopo aver analizzato il contenuto di polifenoli è stato scelto un estratto di olio extravergine di oliva arricchito con estratto di foglie di olivo all’8%. “Le proprietà salutari dell’olio extravergine di oliva sono ben note e sono attribuite principalmente ai diversi polifenoli, come l’oleocantale e l’oleaceina“, ha evidenziato la ricercatrice, che ha precisato che combinando i polifenoli dell’olio extravergine di oliva con quelli della foglia di olivo, non si ha un semplice effetto additivo delle sue attività, ma un effetto sinergico che ne aumenta notevolmente le proprietà bioattive.
Secondo la ricercatrice, inoltre, questo nuovo approccio rappresenta una strategia per la successiva valorizzazione della foglia di olivo come sottoprodotto di grande valore nutraceutico, costituendo quindi una proficua alternativa alla sua eliminazione.
è stata classificata come la migliore dieta per il settimo anno consecutivo
Per il settimo anno consecutivo, la dieta mediterranea è stata nominata la migliore dieta in assoluto da US News & World Report . Ma i suoi riconoscimenti non si fermano qui. Questa dieta è anche in cima alle classifiche in molte altre categorie chiave, sottolineandone la versatilità e i benefici per la salute completi.
Un vincitore multicategoria
Il predominio della dieta mediterranea in più categorie evidenzia il suo ruolo non solo come dieta ma come scelta di vita completa. Che tu stia cercando di migliorare la salute del cuore, gestire il diabete o trovare un piano alimentare adatto alle famiglie, questa dieta offre un percorso comprovato, divertente e sostenibile per raggiungere vari obiettivi di salute. È un approccio olistico al mangiare e al vivere bene, motivo per cui US News l’ha nominata la migliore dieta per il 2024.
Salute delle ossa e delle articolazioni
L’enfasi della dieta mediterranea sugli alimenti ricchi di acidi grassi omega-3, calcio e vitamina D la rende ideale per la salute delle ossa e delle articolazioni. Pesce, verdure a foglia verde e noci, tutti gli alimenti base di questa dieta, sono fondamentali per mantenere la densità ossea e ridurre l’infiammazione, che è fondamentale per prevenire l’osteoporosi e l’artrite.
Adatto alle famiglie
Riconosciuta come la migliore dieta adatta alle famiglie, la dieta mediterranea è facilmente adattabile per adattarsi a tutte le età e gusti. La sua attenzione agli ingredienti semplici e freschi e alle ricette versatili lo rende un successo sia per i bambini che per gli adulti, promuovendo abitudini alimentari sane per tutta la famiglia.
Cuore sano
Essendo la migliore dieta salutare per il cuore, la dieta mediterranea è rinomata per i suoi benefici cardiovascolari. L’elevato apporto di grassi, fibre e antiossidanti salutari per il cuore aiuta a ridurre il colesterolo e la pressione sanguigna, riducendo il rischio di malattie cardiache.
Eccellente per la gestione del diabete
Classificata al primo posto tra le migliori diete per il diabete, questa dieta aiuta a controllare lo zucchero nel sangue e può prevenire o gestire il diabete . L’aggiunta di olio d’oliva al cibo può aiutare a ridurre il carico glicemico del cibo consumato e può aumentare la sensibilità all’insulina.
Ideale per un’alimentazione sana
In cima alla lista delle migliori diete per un’alimentazione sana, la dieta mediterranea eccelle in completezza e sicurezza nutrizionale. Enfatizza una varietà di alimenti ricchi di nutrienti e limita gli alimenti trasformati, in linea con le linee guida dietetiche globali.
Il più facile da seguire
La praticità e la bontà della dieta mediterranea le fanno guadagnare il primo posto nella classifica delle diete più facili da seguire. La mancanza di regole rigide e l’attenzione ai modelli dietetici generali rispetto ai singoli pasti lo rendono altamente sostenibile.
Efficace per la perdita di peso
#2 nelle migliori diete dimagranti, la dieta mediterranea è elogiata per la sua efficacia nella perdita di peso sana e sostenibile. Non si tratta di una dieta rapida, ma piuttosto di un cambiamento nello stile di vita che promuove una perdita di peso graduale e duratura.
Decadimento fisiologico e modificazione ossidativa
di Alessandro Vujovic
Da un punto di vista chimico l’irrancidimento di un grasso, sia esso solido che liquido, è una reazione spontanea che dipende dalle condizioni ambientali; consiste in un processo di ossidazione determinato dai “radicali liberi”, intendendo con questo termine atomi o molecole con elettroni spaiati nell’orbitale più esterno, in presenza di ossigeno dell’aria con le molecole energeticamente attivate.
Quindi le condizioni necessarie per l’irrancidimento sono: 1) la presenza di acidi grassi con “particolari” insaturazioni della molecola; 2) il contatto con l’ossigeno dell’aria oppure con quello dissolto nel liquido (nell’olio il contenuto medio dell’ossigeno è 2,2 mg/L con un range di 0,2-6,3 mg/L (1). Quasi tutte le apparecchiature impiegate nella lavorazione del frutto emulsionano l’ossigeno dell’aria con l’acqua di vegetazione, con la pasta d’oliva e con l’olio mosto (ad es. il frangitore, le pompe, la centrifuga verticale…). Il separatore centrifugo verticale, a causa dell’alta velocità richiesta per il suo funzionamento, addiziona e dissolve ossigeno all’olio portandolo quasi a saturazione (2). Ciò aumenta i processi ossidativi rilevabili analiticamente sia dal numero di perossidi che dall’assorbimento spettrofotometrico (K232). Infine il separatore verticale riduce lievemente il numero di fenoli contenuto negli oli, quelli a basso peso molecolare, quali idrossitirosolo e tirosolo (3) che sono protettivi nei confronti dell’ossidazione, fin quando non si ossidano a chinoni. Una particolare caratteristica del problema è quella di cercare di separare, con un metodo fisico (stripping di azoto), l’ossigeno disciolto e presente negli oli appena prodotti. Questo al fine di diminuire la comparsa dei processi ossidativi che accelerano l’invecchiamento durante la shelf life come il gruppo di Piernicola Masella ha evidenziato in precedenti studi (4). Per il produttore di olio di oliva potrebbe essere una possibile soluzione tecnica, quella di procedere alla filtrazione dell’olio mosto, all’uscita dal decanter, senza il passaggio nel separatore verticale.
3) La presenza di un attivatore tale da creare un’eccitazione delle molecole di ossigeno (dallo stato stazionario di tripletto a due stati di eccitazione di singoletto), come la luce, anche a bassa intensità, in presenza della clorofilla oppure il contatto con microparticelle di metalli con la funzione di catalizzatori (ferro, rame, nickel). Sotto l’esposizione alla luce, come il posizionamento delle bottiglie negli scaffali, l’effetto antiossidante dei composti fenolici è abbastanza limitato (5).
4) Anche le alte temperature, sia di lavorazione che di conservazione, sono un fattore pro-ossidante. In pratica l’ossigeno dell’aria si fissa agli acidi grassi insaturi formando i perossidi (-O-O-) con una cascata di reazioni a catena, per di più irreversibili. In parole povere quando il meccanismo si è innestato prosegue da solo ed a nulla serve aggiungere, ad un olio con perossidi alti, un altro olio fresco, ricco di antiossidanti, perché questo supplemento non riesce ad interrompere la reazione già iniziata. Quindi tutti gli oli di oliva – fisiologicamente – prima o poi diventeranno rancidi, anche se conservati nelle migliori condizioni ambientali (temperatura costante tra 12-15°C, assenza completa di luce, presenza di gas inerte, sullo spazio di testa del contenitore, come azoto o argon), chiaramente se non consumati prima. È consigliabile aggiungere una gocciolina di azoto liquido alla sommità della bottiglia, al momento dell’imbottigliamento, per sostituire l’aria con questo gas inerte.
Questo decadimento “fisiologico” dell’olio viene rallentato, sia dalle condizioni ottimali di conservazione ma, soprattutto, dalla qualità/quantità di molecole antiossidanti presenti, come i composti fenolici, i tocoferoli (vitamina E), i carotenoidi (provitamina A), le clorofille (solo al buio mentre, in presenza di luce, sono attivatrici dell’ossigeno), lo squalene, in pratica tutte molecole che riescono a “spegnere” (quenching) i radicali liberi.
Anche il contenuto di acido oleico, senza che esso sia un antiossidante, ha un ruolo importante, perché pur avendo un legame insaturo (monoinsaturo, MUFA), è difficilmente ossidabile, rispetto agli acidi grassi polinsaturi (linoleico e linolenico, PUFA). Ciò è dovuto, nella molecola dell’acido oleico, all’assenza del gruppo CIS-CIS-1,4 pentadiene (-CH=CH-CH2-CH=CH-) dove il gruppo metilico -CH2- è il punto critico di attacco dell’ossigeno in quanto richiede pochissima energia, solo 75-80 Kcal per mole per allontanare un atomo di idrogeno (reazione di ossidazione) (6).
Il parametro che esprime lo stato di ossidazione di un olio di oliva è il cosiddetto “numero di perossidi”, individuando con questo termine il grado di modificazione ossidativa di un olio, sinonimo di degradazione e di decadimento della qualità merceologica. In base alla normativa vigente il numero dei perossidi viene espresso in milliequivalenti di ossigeno attivo per chilo di olio (mEq O2/kg) ed il limite è di 20,0 mEq O2/Kg, (sia per l’olio extravergine che per quello vergine) al di sopra del quale l’olio è classificato come lampante, mentre più basso è questo valore, più a lungo l’olio manterrà la sua durata nel tempo e risulterà maggiormente ritardata la possibilità di irrancidimento.
L’olio di oliva raffinato e l’olio di sansa raffinato hanno il limite a 5,0 mEq/Kg in quanto il riscaldamento degrada i perossidi e la deodorazione asporta le molecole derivate dalla loro decomposizione. L’olio di oliva, composto da “oli raffinati e oli di oliva vergini”, ha il limite di 15,0 mEq/Kg.
Quali sono le principali cause dell’aumento dei perossidi? 1) I perossidi aumentano per qualsiasi agente patogeno che possa danneggiare l’epicarpo dell’oliva facendo penetrare, per un tempo più o meno lungo, l’ossigeno nella polpa. Nel caso della mosca dell’olivo (Bactrocera oleae), i perossidi sono correlati positivamente con il numero di fori di uscita delle larve, fori dove la concomitante presenza dell’ossigeno e quella degli enzimi ossidanti endogeni (lipossigenasi, perossidasi) dà inizio alla perossidazione lipidica. Oltre questi enzimi già contenuti nella polpa del frutto concorrono, a questo meccanismo degradativo, gli enzimi esogeni, relativi alla presenza di batteri e di funghi che hanno colonizzato la polpa marcia delle olive infestate. Inoltre il danneggiamento biotico della polpa porta alla liberazione, tra i vari enzimi, anche la lipasi che idrolizza i trigliceridi aumentando gli acidi grassi liberi, tra questi i polinsaturi (PUFA) che saranno poi il substrato dell’ossidazione. L’infestazione da mosca è rappresentata, a volte, in modo più evidente dal “numero dei perossidi” che “dall’acidità libera” per la penetrazione dell’ossigeno nei fori di uscita e il ruolo degli enzimi ossidativi rispetto alla lipolisi (lipasi) che scinde i trigliceridi in acidi grassi liberi e glicerolo. Quindi il processo di perossidazione lipidica è più deleterio per la qualità dell’olio rispetto all’idrolisi dei trigliceridi, perché una volta innescato si automantiene nel tempo portando all’irrancidimento del prodotto. Ma è stato dimostrato anche che gli “acidi grassi liberi” provocano un’accelerazione della degradazione ossidativa a causa dell’azione dei gruppi carbossilici degli acidi (-COOH) sugli idroperossidi (-O-O-) degli acidi grassi, che vengono così decomposti con produzione di radicali. L’acidità quindi rende più breve la conservazione dell’olio, per l’effetto idrolitico promotore dell’azione ossidante. Per questo motivo è fondamentale separare quanto prima l’olio dalle acque di vegetazione, ma anche dai sedimenti, che contengono gli enzimi degradativi. Un valore del numero dei perossidi è buono se è al di sotto di 10-12; mentre se superiore evidenzia un processo di ossidazione primaria già avviato ed irreversibile.
2) Il tempo trascorso tra la raccolta e la frangitura soprattutto quando il frutto è stato danneggiato durante l’abbacchiatura (agevolatori che colpiscono violentemente il frutto, ammaccandolo, con inizio già da subito dei processi ossidativi)
3) Tra le cause anche il raggrinzimento del frutto, a seguito di una prolungata siccità, seguita dalla disponibilità di acqua: l’imbibizione e rigonfiamento del frutto potrebbe determinare microlacerazioni dell’epicarpo.
4) Un’abbondante piovosità causa una maggiore fragilità del tegumento esterno che con la raccolta potrebbe danneggiarsi; una concomitante temperatura elevata peggiora il rischio ossidativo.
5) Il numero dei perossidi aumenta con la sovramaturazione del frutto.
6) I perossidi possono subire un leggero incremento anche durante la fase di trasformazione, se si prolunga eccessivamente la gramolazione a temperature superiori ai 32° C, o per la presenza di metalli, anche se in tracce, oppure per contatto dell’olio con le morchie. 7) Il valore dei perossidi dipende anche dalle condizioni estrattive come ad es. è inversamente correlato alla velocità del cilindro rotante del decanter e direttamente correlato al contenuto di acqua immessa nella pasta di oliva. I livelli di acidità e di perossidi dell’olio di oliva sono inversamente proporzionali alla velocità del decanter e direttamente correlati alla temperatura di gramolazione e al contenuto di acqua (7). 8) Il deterioramento maggiore della qualità è stato osservato nei campioni conservati con un ampio volume dello spazio di testa. Di conseguenza anche le bottiglie, da utilizzare preferibilmente con i volumi più piccoli possibili, andrebbero chiuse tra un consumo e l’altro. La conoscenza del numero di perossidi non è sufficiente a definire lo stato di ossidazione dell’olio EVO. Difatti, dopo una prima fase lenta di induzione dell’ossidazione lipidica, segue un aumento del processo in modo esponenziale (fase di propagazione), infine si conclude con una fase di terminazione dove i perossidi si decompongono. Al termine di queste tre fasi il “numero dei perossidi” subisce un decremento, in quanto queste molecole si decompongono per formare costituenti ossigenati a basso peso molecolare, tra l’altro volatili. Per tale motivo, l’evoluzione ossidativa dell’olio deve tenere conto anche di altri parametri di “qualità” come gli indici spettrofotometrici. Questi sono misure dell’assorbimento della luce ultravioletta da parte dell’olio espressi da coefficienti di estinzione K e delta K. Quindi oltre i perossidi va determinato l’assorbimento spettrofotometrico alla lunghezza d’onda di 232 nanometri (K232), in riferimento all’ossidazione primaria, ed a 270 nanometri (K270), come valutazione dell’ossidazione secondaria legata alla formazione di aldeidi e chetoni volatili (difetto di rancido percepibile organoletticamente).
Poiché i perossidi di per sé non hanno né sapore né odore, nell’ossidazione primaria questi non sono percepibili sensorialmente come difetti mentre nell’ossidazione secondaria li avvertiamo perché si sviluppano molecole che ritroviamo nello spazio di testa. Anzi, poiché queste molecole, essendo volatili, fuoriescono dal liquido, potremmo percepire sensorialmente il difetto di rancido ed avere il K270 normale. Quindi l’esame sensoriale è più sensibilenel rilevare l’ossidazione secondaria rispetto alla primaria. L’esame chimico-spettrofotometrico è più sensibile nella fase primaria (induzione) quando ancora non si sono decomposti i perossidi e quindi non si sono liberate dal liquido le molecole caratteristiche del difetto.
L’attributo rancido è un difetto sensoriale ampiamente studiato dovuto alle molecole di eptano, E-2-eptenale, 2,4-eptadienale, 2-eptanolo, nonanale, 2,4-nonadienale e composti volatili decanali. Dall’analisi chimica dei composti di degradazione possiamo risalire a quale acido grasso insaturo è stato ossidato ma addirittura in quale posizione della molecola si è introdotto il gruppo idroperossido. È stato proposto, come sensore dell’ossidazione precoce nell’olio extra vergine, il livello dell’aldeide (E)-2-nonenale suggerendo anche che la sua misurazione potrebbe essere monitorata nel tempo, dai produttori, per seguire la degradazione dell’olio EVO (8).
(1) Masella P. et al. 2023. Postextraction monitoring of dissolved oxygen in virgin olive oil. Eur. J. Lipid Sci.Technol.;2300082. (2) Parenti A. et al. 2012-14, Nuove tecnologie per la filtrazione di olio extra vergine di oliva. PromoFirenze Azienda Speciale della CCIAA di Firenze. (3) Masella, P. 2009. Influence of Vertical Centrifugation on Extra Virgin Olive Oil Quality. J. Am. Oil Chem. Soc. 86(11), 1137–40 (4) Masella P. 2010. Nitrogen stripping to remove dissolved oxygen from extra virgin olive oil. Eur J Lipid Sci Technol. 112(12), 1389–92. (5) Parenti A. et al. 2010. Stainless Steel Bottles for Extra Virgin Olive Oil Packaging: Effects on Shelf-Life, Packag. Technol. Sci.; 23: 383–91. (6) Vujovic A. 2020. L’olio di oliva tra storia e scienza. pg 146-152. Tozzuolo Editore, Perugia. (7) Akbarnia A. et al. 2019.Effect of temperature, water content and velocity on the quality of virgin olive oil extracted through three-phase centrifuge. Agriculture and Food, 4(1): 165–76. (8) Caipo L. et al. 2021. Effect of Storage Conditions on the Quality of Arbequina Extra Virgin Olive Oil and the Impact on the Composition of Flavor-Related Compounds (Phenols and Volatiles). Foods, 10, (9);2161.
Secondo me esistono: l’olio di Oliva quale alimento e… l’olio di Oliva quale condimento. è per questo che lo si definisce un “condialimento“.
* Nell’olio di Oliva “alimento” il suo principale ed assoluto valore è la sua massa grassa, ricca di acido oleico, eccezionale per il nostro metabolismo e per la salute di cuore e del sistema circolatorio.
* Nell’olio di Oliva “condimento” prevale la parte organolettica, i profumi, gli aromi, quindi le sostanze fenoliche, fantastico per insaporire i cibi ma anche per il semplice: pane e olio.