La potatura dell’olivo colpito dal gelo: metodi di recupero

Le manifestazioni più frequenti di danno da gelo – Una prima manifestazione di danno da gelo è la necrosi dei tessuti del picciolo che provoca la caduta parziale o totale delle foglie dall’albero. Si manifesta a temperature di -6, -7°C. Quando i danni sono maggiori e colpiscono i rami, le foglie rimangono sull’albero anche se completamente ammarronate, in quanto la pianta non ha il tempo per promuovere il loro distacco.

rami di 1 o 2 anni possono subire la fessurazione della corteccia in tutto il suo spessore o limitatamente alla porzione esterna. Il danno è dovuto in particolare al rapido passaggio da basse temperature notturne a quelle miti del mattino, oppure alla formazione di ghiaccio conseguente all’assorbimento di acqua da parte di foglie e rametti rimasti a lungo a contatto con pioggia, neve o nebbia. Tali alterazioni causano una rapida disidratazione dei tessuti e quindi la morte dei rami o delle branche interessate.

L’ammarronamento della corteccia a placche estese su superfici più o meno ampie capita in rami con cambio e vasi legnosi fortemente danneggiati, in cui manca il rifornimento di acqua e di sostanze nutritive, per cui gradatamente deperiscono fino alla completa devitalizzazione.

Vicino alle zone necrotizzate e secondo linee longitudinali possono rimanere vitali zone di corteccia e di cambio che danno origine a corde che permettono di alimentare le zone distali delle branche, tuttavia tali zone di vegetazione non possono essere ritenute valide per assicurare una solida base produttiva. Sempre per l’alternarsi di basse e medie temperature si determina una diversa espansione dei tessuti; cioè i tessuti esterni del tronco e delle branche in presenza di basse temperature aumentano di volume. Quando le porzioni periferiche si riscaldano, queste riducono la dilatazione e causano una differente tensione fra gli strati della corteccia, determinando lo scorrimento di questa sul legno in corrispondenza di uno strato di cellule particolarmente ricche di acqua o aventi capacità di una rapida imbibizione idrica. Tale azione si esercita in tutti gli olivi e in presenza di corteccia poco elastica si hanno profonde lesioni verticali, che si evidenziano su alcune cultivar sensibili, su piante adulte con corteccia rigida e su tronchi lesionati da precedenti gelate o con ferite non ancora cicatrizzate. Nelle piante giovani e nelle cultivar con corteccia più elastica tali alterazioni non si manifestano.

Il danno ai vasi legnosi e al cambio è uno dei più diffusi. Consiste nella necrotizzazione e nella devitalizzazione delle ultime cerchie legnose che vengono letteralmente disgregate. In questa azione gran parte delle cellule del cambio viene danneggiata. A seconda dell’entità del danno tale cerchia necrosata può essere continua, oppure limitata a settori, infatti spesso rimangono intatti alcuni raggi xilematici che si collegano attraverso il cambio a quelli corticali; tali elementi sono l’origine di nuovi tessuti che da questo momento cominciano a sviluppare per ristabilire una connessione tra corteccia e legno vitale. Contemporaneamente nella corteccia si differenziano gruppi di cellule o una catena di nuovi elementi di natura suberosa per isolare la porzione deteriorata e per salvaguardare le zone rimaste ancora vive. La ripresa può interessare un solo settore, in questo caso la parte rimanente si deteriora a cominciare dalla corteccia che imbrunisce, anche il legno sottostante muore ed è invaso facilmente dai funghi responsabili della carie.

Pertanto tutti i rami e le branche che non hanno fessure possono, entro un certo limite, superare le ferite e ripristinare l’attività della pianta. Se la corteccia ha subito in più punti una serie di lacerazioni e necrotizzazioni dei tessuti viene a mancare ogni azione di recupero ed essa assume una colorazione bruno-rossastra fino alla completa necrotizzazione con la conseguente morte del ramo o della branca a cui appartiene.

Metodi di recupero – La defogliazione incide sulla formazione e sullo sviluppo delle gemme a fiore; se si mantiene entro il 20-25% può determinare effetti appena percettibili, a percentuali superiori riduce la fioritura fino ad annullarla.

1) Le piante che hanno avuto solo una leggera defogliazione debbono ricevere un trattamento normale, eliminando in primo luogo i rami danneggiati dal freddo, quindi la potatura dovrà essere eseguita in modo da conferire alla chioma una giusta fi ttezza e prima che la pianta cominci il germogliamento, per evitare un’inutile dispersione delle sostanze di riserva.

2) Quando invece la defogliazione è intorno all’80-90% e le branche ed i rami sono in gran parte validi, si approfitterà per una potatura di riforma togliendo subito le branche soprannumerarie, orientandosi verso una struttura che preveda una buona illuminazione della chioma e faciliti le operazioni colturali, compresa la raccolta meccanica Nel complesso la potatura risulterà energica.

3) Quando la defogliazione è del 70-80% con rami meno danneggiati concentrati sulle cime delle branche, questi debbono essere energicamente diradati, i rami e le branche con corteccia fessurata vengono eliminati. La chioma potrà riformarsi in modo equilibrato.

4) Quando i rami di 1 anno e le branche di 2 anni hanno la corteccia con spaccature diffuse e profonde, essi sono destinati a seccarsi rapidamente. La ricostituzione dovrà essere fatta sulle branche principali. In questo caso saranno scelte quelle che per conformazione e numero sono più rispondenti, abbassando la cima per permettere un più uniforme rivestimento di vegetazione lungo tutto l’asse. Se l’intervento viene eseguito verso fi ne aprile, l’inizio di sviluppo delle gemme avventizie potrà confermare la validità delle branche su cui la ricostituzione viene effettuata.

5) Se la defogliazione è completa e la corteccia delle branche principali e del tronco è rimasta integra, ma in qualche zona di depressione si è distaccata dal legno, (rilevabile dal suono di vuoto che si ha battendo la branca), anche se è ipotizzabile la ricostituzione sulle branche principali è bene attendere l’inizio della vegetazione per verificare quali organi sono rimasti pienamente vitali. Solo allora è conveniente eseguire la potatura di ristrutturazione, cercando di tagliare non sulle zone terminali che hanno manifestato di rivegetare, ma più in basso, per non lasciare zone parzialmente necrosate. L’operazione dovrà essere eseguita in maggio.

6) Quando vi sono spaccature sulle branche principali e sui tronchi, la parte epigea è compromessa e si può prendere immediatamente una decisione, cioè il taglio al ciocco oppure la estirpazione. Per le piante comunque danneggiate ai diversi livelli, qualora la forma adottata non si sia mostrata rispondente, è opportuno procedere alla riforma della pianta. Una di queste riguarda la sostituzione del monocono con la forma a vaso. La stroncatura dell’asse principale a m 1,30-1,40 è l’operazione di partenza, da esso verranno scelti i 3-4 succhioni meglio disposti per la formazione delle branche principali. Per il taglio al ciocco occorre scalzare la ceppaia e poi tagliarla un decimetro circa sotto il livello del terreno, per asportare le zone devitalizzate e per promuovere lo sviluppo dei polloni dagli ovuli più bassi e più esterni della ceppaia. A completamento della operazione è necessario eliminare qualsiasi altra porzione cariata della ceppaia.

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